Terza Puntata
Assicuratosi che la casa non fosse abitata, almeno in quel momento, si avvicinò alla porta d’ingresso e la forzò con la semplice pressione della mano. Entrato la richiuse dietro le spalle. Aprì meglio le ante per dare luce e vide esattamente quello che Vincent gli aveva descritto. Erano passati cinque anni dall’ultima volta che il suo amico vi aveva messo piede, tuttavia l’ambiente sembrava pulito e sistemato come nella descrizione che gli aveva fornito. Sul tavolo gli oggetti erano disposti con ordine e logica: il cranio quasi al centro con intorno tre candele sistemate a triangolo, un contenitore d’acqua vicino ad uno spigolo, un vasetto vuoto e tappato, una moneta e un cero di grandi dimensioni occupavano gli altri tre angoli del tavolo.
L’attenzione di Eliot fu catturata da un frammento di pelle che sembrava ricoprire e nascondere un oggetto. Sollevata la pelle vide una formella quadrata. Quando l’ebbe tra le mani sentì una sensazione di piacevolezza, non avvertì alcun odore particolare e giunto vicino alla finestra si mise ad osservarla con attenzione. Sul reperto era disegnato un quadrato suddiviso in 36 piccoli riquadri, anzi nella parte centrale vi era un quadrato più grande che ne conteneva quattro con una Luna disegnata al centro. Quindi in totale vi erano 32 quadrati piccoli e uno più grande, per un totale di 33. Intorno al quadrato erano presenti due serpenti che si toccavano le bocche e le code, quindi differenti dalla nota simbologia del serpente Uroboro che si morde la coda formando un cerchio.
All’interno dei quadrati erano disegnate forme regolari, geometriche, che assomigliavano più a decori che a simboli esoterici.
La stanza sembrava essere popolata da occulte presenze, gli oggetti posti sul tavolo apparvero agli occhi di Eliot come in possesso di una qualche propria vitalità.
Un rumore improvviso lo fece sussultare. Sembrava provenire da un angolo buio della sala, dove un basso muro separava l’ambiente creando due zone comunicanti ma indipendenti.
Eliot pensò subito ad un animale, forse un topo. Il rumore, una sorta di fruscio, si ripeté alcune volte, mentre Eliot, sensibilmente preoccupato si avvicinò munito di mazzetta. Al buio, nell’angolo più distante dalla finestra vide una figura di donna legata con una catena ad un gancio piantato nel muro, aveva lo sguardo perso e un polso legato dietro la schiena, accovacciata in terra sembrava un animale ferito. Alla vista di Eliot fece un balzo contro la parete che aveva alle spalle, emise un urlo digrignando i denti e coprendosi il viso con l’altra mano.
Dall’angolo in cui giaceva la donna proveniva un odore disgustoso, facilmente spiegabile con lo stato di indigenza nel quale la poveretta era costretta a vivere.
Eliot non aveva il coraggio di intervenire per cercare di liberarla: ogni volta che si avvicinava, quello strano essere gli si avventava contro tendendo la catena, che a sua volta l’assicurava alla parete. Quella creatura dalle sembianze umane sputava e digrignava i denti come un essere diabolico, urlava con grida strazianti facendo recedere Eliot da qualsiasi proposito caritatevole.
Lo scalpellino prese una candela dal tavolo e l’avvicinò allo stoppino di un grosso cero acceso. Quando illuminò la creatura si accorse che questa era nuda, immersa nella proprie deiezioni, il corpo pieno di piaghe aveva un aspetto orrendo. Non si poteva neppure ipotizzare un’età, aveva lunghe cicatrici sul volto, gli occhi fuori dalle orbite e non possedeva nulla di umano. Le mammelle pendevano sul petto, coperte dai lunghi capelli biondi, mentre il resto del corpo era rannicchiato in posizione fetale con le braccia che si chiudevano sulle ginocchia. Lo sguardo esprimeva puro terrore, ma una quantità ancora maggiore di sgomento sembrava invadere l’animo di Eliot.
Un forte rumore fece sussultare lo scalpellino, distogliendolo da quella macabra visione. Il fragore proveniva dalle sue spalle, Eliot non fece tempo a girarsi che percepì il peso di una grossa mano sulla spalla che gli impediva qualsiasi movimento.
– Stai fermo che se fai un solo movimento ti spezzo il collo! Perché sei entrato a casa mia?
– Non lo so io credevo…
– Credevi cosa? Sono due ore che ti osservo e che ti seguo, non avresti dovuto entrare, non sai in che guaio ti sei cacciato! Hai visto cose che non dovevi proprio vedere, che nessuno doveva vedere! Perché sei qui?
Pronunciando quelle parole la figura lo spinse contro la parete tenendogli una mano forte come una tenaglia intorno alla gola.
– Ora che hai visto quello che non dovevi vedere scegli o mi aiuti o ti faccio uscire gli occhi dal cranio!
Eliot fece un cenno di assenso, senza avere la forza di pronunciare una sola parola.
– Bene allora visto che ci siamo capiti prendi questa leva e vai a scioglierla dalle catene.
La donna, o quella che poteva sembrargli tale, si mise a quattro zampe come una bestiola e attese di essere slegata. Eliot armeggiò con il pezzo di ferro che gli aveva dato, introducendolo in un blocco di metallo che assicurava con una molla in tensione la catena al muro. La sua funzione era simile a quella di un lucchetto, sebbene fosse molto più semplice e rudimentale.
Liberata la creatura l’individuo la fece ripulire da Eliot con uno straccio bagnato, l’operazione portò via un certo tempo.
Mentre lo scalpellino eseguiva gli ordini, l’uomo liberò la parte centrale del tavolo spostando il cranio con le tre candele e posando la stele incisa su una piccola mensola situata sotto la finestra. Con gesti lenti e calcolati ordinò tutti gli altri oggetti sui lati lunghi del tavolo, accese delle erbe entro ciotole di terracotta, posizionò con cura i simboli degli Elementi ai quattro angoli. Mentre avveniva la preparazione rituale di quello che poteva essere un arcano luogo di magia, Eliot, finito di pulire la donna, iniziò ad asciugarla.
Terminate le operazioni di pulizia Eliot osservò il corpo nudo di quello strano essere: il viso magro ricordava quello di un cadavere, le unghie lunghe e sporche si presentavano ricurve e spezzate in più punti. La donna venne fatta sdraiare di schiena sul tavolo, le mani e le caviglie le furono legate a quattro anelli presenti sugli angoli. Con un pezzo di carbone l’uomo disegnò un cerchio magico intorno al corpo della donna pronunciando a bassa voce una sorta di litania.
Eliot dovette sedersi vicino al tavolo tenendo due candele accese nelle mani per illuminare meglio la scena e forse per essere più facilmente controllabile. L’ambiente stava assumendo tinte piuttosto inquietanti.
Il Mago, così Eliot iniziò a riconoscere quello strano figuro, prese in mano la stele di pietra e pronunciò alcune parole che evidentemente provenivano dalla lettura della stele stessa. Con la destra, rimasta al momento libera, fece roteare nell’aria un porta incenso, disperdendo grandi quantità di fumo nell’ambiente. La donna rimase immobile, come in catalessi, Eliot era anch’egli fermo, impietrito e in silenzio.
Il Mago disegnava nell’aria cerchi sempre più ampi girando intorno al corpo inerme della creatura. La donna sussultò più volte, inarcando la schiena e ponendo in tensione i legacci che la tenevano ferma al tavolo. Qualche istante dopo le convulsioni aumentarono, cercando di divincolarsi mosse la testa in tutte le direzioni emettendo dalla bocca una schiuma bianca e ripugnante. Fece, quindi, uno scatto verso l’alto, si calmò ed iniziò a parlare:
– Maledetti voi che mi giacete di sopra il tavolo e che mi fe patire la fame e la sete io devo nutrire sto corpo vuoto, io lo nutro col male e lo respiro col dolore del campo dei morti, solo perché voi maledetti non fate gnente per riempirolo. Cosa mi vuoi che ti dico, ora? Cosa vuoi ancora di sapere?
– Quello che voglio sapere da te creatura schifosa del mondo dei dannati lo sai! Non fare il furbo con me che ora hai un corpo per vivere e parlare puoi solo dire grazie al tuo padrone. E sai che se solo lo voglio ti sbatto nel mondo schifoso da dove ti ho preso e ti faccio marcire in eterno, come dovresti!
Sono mesi che ti chiedo di conoscere il secreto della Terra di Mezzo e finché non me lo dici ti torturo sto corpo vuoto che è la tua casa di demonio e ti faccio patire tutto il dolore che patiresti se fosse davvero il tuo! Ti ho trovato il corpo di questa miseranda che stava morta al cimitero, te l’ho portato perché ne potessi avere uno, ma tu niente, tu non parli, tu credi di essere più furbo con me.
Il Mago prese dell’olio lo versò sul ventre della donna e vi diede fuoco avvicinando la candela. Un urlo straziante invase la stanza, il corpo esanime della poveretta iniziò ad essere preda di convulsioni, finché emise un rantolo piegando la testa perdendo i sensi.
Il Mago posò i suoi arnesi vicino al tavolo, si diresse verso una ciotola e vi si immerse la faccia e le mani, quindi si asciugò con uno straccio dirigendosi verso Eliot.
– Ora forse hai capito qualcosa di più vero?
Pronunciò la domanda che non prevedeva risposta sorridendo ambiguamente, mentre Eliot, bianco come un cencio, non riusciva quasi a respirare.
– E non fare la vittima! Sei mica tu legato su quel tavolo, e non ho neppure intenzione di legarti ora, sempre che tu mi faccia capire che hai ben compreso quello che sta succedendo, qui e ora!
Il Mago ordinò ad Eliot di slegare la donna di pulirla e di riaccompagnarla nel suo angolo, dove una forte catena di ferro l’avrebbe assicurata nuovamente al muro.
La temperatura era decisamente bassa. Nessuna stufa era presente, solo un piccolo caminetto, con il quale stava armeggiando il Mago, avrebbe potuto donare un poco di calore.
La fiamma faticava e farsi strada tra i legni piuttosto umidi, il Mago la sollecitava con una paletta di legno che muoveva con energia.
Quando Eliot ebbe finito di svolgere le proprie incombenze il Mago lo invitò ad accomodarsi, manifestando una gentilezza piuttosto equivoca:
– Voglio sapere tutto di te, poi deciderò il da farsi. Come ti chiami, cosa fai perché sei entrato in casa mia e cosa stavi cercando. Cerca di rispondere con esattezza alle mie domande, cosa devo fare di te non lo so ancora ma dipenderà molto dalle tue risposte.
Eliot si sedette con le spalle al muro tenendo la testa bassa, infine prese coraggio:
– Mi chiamo Eliot, sono uno scalpellino e mi sto dirigendo in Savoia verso la Sacra di San Michele. Sono partito da Piacenza dove ho lavorato con Niccolò al Duomo.
– Pietro I vuole farsi perdonare le scaramucce avute coi Frati della Chiusa, assecondato dal vescovo Cuniberto?
– Non saprei è che vado a lavorare alla Chiusa per i restauri, così mi hanno ordinato.
– gente strana questi Savoia, comunque ho capito, sei solo uno stupido curioso che non sa farsi i fatti suoi!
– Ma quella poveretta perché la tenete legata?
– Vedi che non sai farti i fatti tuoi! Cosa credi che io sia un pazzo? Un maniaco che tortura le donne indifese?
– No, no è che mi sembra che…
– Cosa vuoi capire tu che hai ancora il latte di tua madre in bocca e capisci solo quello che il tuo cervellino da muratore ti dice!
– Se tu sapessi cosa accade nel mondo di sotto… staresti zitto e impallidiresti di fronte alle atroci verità, che ovviamente neanche ti immagini!
Eliot aveva appreso la lezione: ovviamente si sentiva confuso, quasi stordito. Lo spettacolo macabro al quale aveva appena assistito gli aveva creato un comprensibile senso di fortissimo disagio, che sommato alla paura che incuteva il Mago, lo aveva portato ad una sorta di immobilità fisica e mentale. Avrebbe voluto forse fuggire, uscire da quella situazione impossibile, tuttavia un senso di fascino dovuto al carisma di quell’uomo forte e imponente che sembrava essere in grado di comandare le forze occulte, gli suggerì di aspettare e di osservare in silenzio le sue mosse.
Il Mago aveva ben compreso la situazione, riflettendo pensò anche che un assistente avrebbe potuto fargli comodo, e visto che non era così facile trovare manodopera a basso costo pensò di approfittarne.
– Non ti posso spiegare i dettagli perché non capiresti, ma voglio offrirti la possibilità di uscirne vivo! Io per motivi miei sono spesso assente di giorno, ma di sera e di notte lavoro qui nel mio laboratorio. Quello che faccio mi sembra abbastanza chiaro, anche se penso che tu non abbia ancora capito niente. La ragazza che tengo legata in realtà era morta da poco tempo, morta di parto per essere più precisi. Il suo corpo sarebbe marcito sotto terra se io non avessi avuto la bontà di recuperarlo e di portarlo qui in laboratorio. Forse ti stupirai di vederla viva, anche se ti sembra tutto meno che una donna. Le forze che ci circondano hanno la necessità di vivere come noi umani e sono sempre alla ricerca di corpi da usare per sentirsi vivi.
FINE TERZA PUNTATA
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