Martedì sera il piano di Macron di mettere in pieni la grande ammucchiata per sconfiggere Marine Le Pen, ha avuto attuazione.
Sono 218 i candidati che dovrebbero partecipare al ballottaggio e tradendo i loro elettori, si ritirano. Rappresentano la schiera dei “desistenti”, i candidati soprattutto del Front Populaire (127) o della coalizione Ensemble di Macron (81) che avevano superato il primo turno ma hanno preferito tirarsi indietro per sbarrare il passo all’avversario di estrema destra nel loro collegio.
L’appello agli elettori francesi è adesso quello di fare anche loro fronte, di ricostruire quel fronte repubblicano che ha sempre tenuto fuori dal potere in Francia l’estrema destra dei Le Pen, e ora deve impedire che il 7 luglio esca dalle urne una maggioranza assoluta che porterebbe al governo Jordan Bardella.
Di votare non a favore, ma contro. Piano teorico calato dall’alto che azzera la scelta operata nel primo turno e calpesta il pensiero del cittadino elettore.
Scendendo ai dati numerici, erano 306 i collegi in cui a sfidarsi avrebbero dovuto essere in tre, con il candidato Lepeniano quasi sempre in posizione favorevole.
Ora in 218 collegi quello stesso candidato dovrebbe trovarsi davanti i voti sommati dei suoi due avversari. Il condizionale è d’obbligo, perché è difficile prevedere quanto gli elettori saranno disposti ad applicare dentro i seggi la logica dei partiti. Senza contare che anche i responsabili politici e molti candidati non sono andati alla desistenza a cuore leggero: una percentuale di candidati- comunque bassa – ha deciso di non ritirarsi nonostante l’oggettivo favore fatto allo sfidante di destra. Altri hanno deciso soltanto all’ultimo, con grande e dichiarata sofferenza.
I sondaggi rivelano che un’alta percentuale, fino al 50 per cento degli elettori di Ensemble e del Front Populaire, sono tentati dall’astensione nei seggi in cui il loro candidato si è ritirato. Sono i macroniani che mai voterebbero per un candidato della sinistra radicale della France Insoumise, o i militanti di gauche che per niente al mondo, nemmeno per contrastare l’estrema destra, daranno il voto a un candidato di Macron, presidente che hanno osteggiato per anni, in decine di manifestazioni, spesso finite con scontri e violenze della polizia.
I numeri dei collegi interessati lasciano comunque pensare che l’ipotesi di una maggioranza assoluta, chiesta da Bardella e Le Pen per formare un governo, si allontana.
Le prime proiezioni in seggi danno al Rassemblement National massimo 262 deputati nella prossima Assemblée Nationale: circa trenta seggi sotto la fatidica soglia 289. Sul fronte opposto, il nuovo Front Populaire ne potrebbe recuperare tra 137 e 157 e Ensemble tra 107 e 133. Insomma un Parlamento diviso in tre blocchi, con un’aritmetica politica complicata. A destra Jordan Bardella continua la sua battaglia. Il nemico numero uno è ormai Jean-Luc Mélenchon il leader radicale della France Insoumise, personaggio discusso e divisivo, in grado di provocare crepe nel fronte anti estrema destra.
«Il fronte repubblicano siamo noi!» ha detto Bardella in un’intervista al Figaro, definendo la coalizione elettorale che si sta alzando contro di lui come «l’asse Macron-Mélenchon», «l’alleanza del peggio» che porterebbe «a un governo con Melenchon primo ministro», e conseguente «disarmo della polizia, ambiguità nei confronti dell’antisemitismo, volontà di liberare i detenuti, inferno fiscale, disordine e insurrezione».
In questi giorni la Francia sta vivendo momenti caotici in seguito alle decisioni di Macron.
Sono stati soprattutto i candidati del campo di Macron a resistere con più fermezza all’idea della desistenza. Almeno in 5 hanno alla fine rifiutato di ottemperare e hanno confermato la presenza ai ballottaggi. In compenso ben 5 le ministre che hanno scelto di ritirarsi dalla corsa e di mettere una croce sulla speranza di guadagnare un posto in Parlamento.
Il menù elettorale può così presentarsi: 380 saranno i duelli, 108 le triangolari, in due collegi a sfidarsi saranno addirittura 4 candidati. Se la France Insoumise ha dato prova di lealtà, ritirando addirittura il proprio candidato nel collegio dell’ex premier di Macron Elisabeth Borne, i socialisti hanno espresso seri dubbi sulla linea che seguiranno i gollisti dei Républicains, che non hanno seguito il loro segretario Ciotti nell’alleanza con il Rassemblement National, ma sono anche rimasti equidistanti dagli altri blocchi. In diversi casi la coalizione Ensemble ha scelto di non presentare candidati in collegi dove era presente un candidato gollista giudicato moderato e potenziale alleato in una futura coalizione allargata di governo.
Si sprecano gli scenari: un governo minoritario di Bardella tallonato da Macron, un campo larghissimo ed eterogeneo che va da Macron all’estrema sinistra, ovvero tutti insieme conto la destra, Oppure un governo tecnico, ma non si sa chi potrebbe coordinarlo?
Non dobbiamo comunque dimenticare che il grande sconfitto è Macron, messo fuori gioco da un elettorato borghese-progressista (professionisti, insegnanti, impiegati medio-alti), un “milieu” sociale insomma che gli aveva prima dato fiducia come in altre città importanti.
Fino quando i giochini a tavolino si tradurranno in realtà?
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