I fascisti stanno tornando?
Da chi si dedica a certe statistiche sociali, apprendiamo che su Facebook ci sono più di 2.700 profili di propaganda fascista.
Gli influencer, che fanno propaganda al Fascismo, i loro follower e tutti gli altri che ne coltivano in pectore l’adesione, sono solo nostalgici portatori del desiderio di ritorno a un regime politico ormai definitivamente tramontato o sono piuttosto attivisti inclini all’uso della arroganza, della prepotenza e anche della violenza propri di quella dittatura, cui certi movimenti politici di estrema destra sono spesso vicini? Ci sono dunque fascisti nostalgici e anche nuovi militanti fascisti?
Nel nostro attuale vivere civile non c’è chi non sia testimone, da qualche tempo, di atteggiamenti di autoritarismo, di manifestazioni di sovranismo e di prevaricazione, col seguito di espressioni evocative di un individualismo la cui marcata cultura, per Papa Francesco, è la radice delle dittature. Sono comportamenti percepiti in genere come non conformi ai precetti socialmente condivisi e alcuni li ritengono conseguenza d’un ordine pubblico compromesso. Per gli analisti, sono indicativi del fatto che le nostre regole liberali stanno cambiando: sono devianze, che generano domande imbarazzanti, se non addirittura preoccupanti sull’avvenire. In tanti si chiedono, infatti: i fascisti stanno tornando?
Il Ventennio ha profondamente segnato il corso della nostra storia patria e quindi l’onda degli eventi attuali, che ne riporta a galla il contesto di memorie, forse non è solo fenomeno palesemente indicativo d’una permanente rimpianto per il Fascismo, ma decisamente voglia di un governo improntato a quella ideologia. Ancora fascisti, dunque, o solo nostalgici? La risposta, nella possibile scala dei valori, certo è più pronta; meno immediata è invece quella da dare nella più pragmatica scala dei timori. Chi non teme e commisera i sognatori dovrebbe considerare, infatti, se i devianti d’oggi sono diversi oppure differenti dai fascisti d’un tempo.
Diverso è chi la pensa diversamente; chi per tradizione culturale e sociale o forse anche solo per religione presenta aspetti estetici e soprattutto modelli di vita palesemente non consoni con l’ambiente che lo circonda, in cui opera, e che lo distinguono in modo conflittuale sul piano dell’etica e della morale. Diverso è chi, comunque, per il suo passato e per mille altre plausibili ragioni è persona inaccettabile per quel che dice… e che certo pensa e anche per quel che fa… e che potrebbe fare. Diverso è chi viene immediatamente percepito come Altro e, come tale, per ciò che di lui si conosce, alimenta immediati timori: incontrarlo genera insicurezza e minaccia del consueto vivere secondo regole comunemente condivise nel consesso di appartenenza.
Nella nostra lingua, diversi è sinonimo di differenti: sono espressioni che hanno lo stesso significato, ma nel nostro contesto il Differente ha peculiarità che lo distinguono dal Diverso.
Differente è chi, sotto gli abiti civili della gente comune, veste un corredo intimo non comune. Non c’è, nei suoi riguardi, la circospetta ritrosia che blocca di fronte a chi è visto come Altro, ma il buon senso porta a mettersi sulla difensiva se si incontra chi per strada si sbottona la giacca e, col petto gonfio di alterigia, mostra i muscoli in modo intimidatorio. Episodi di machismo, di antifemminismo e di omofobia, di sovranismo e di autoritarismo in senso lato, anche di razzismo, campeggiano quotidianamente, rimbalzano sulle colonne dei giornali e occupano gran parte dei programmi televisivi di attualità. Non c’è, peraltro, chi non si avveda d’un populismo più o meno strisciante intriso di allusioni intimidatorie, di violenze non solo verbali, di concussione di certe libertà, di esaltazione del potere per il potere, con l’uso disinvolto di alquanta disinformazione e anche di manipolazione delle informazioni, agitando bavagli per la stampa e proponendo modifiche di consistente spessore per il contenimento del potere inquisitorio dei giudici.
Nel nostro Stato, democratico e liberale per moderno dettato costituzionale, ci sono dunque fenomeni d’una democrazia illiberale, come alcuni analisti definiscono quella attuale. Sono eventi che si ripresentano in modo differente, ma sono sostanzialmente quelli stessi, che già una volta hanno piagato, ma non piegato gli Italiani, i quali pertanto li conoscono bene: eadem, sed aliter, diceva Schopenhauer, filosofo d’un pessimismo cosmico che cristallizzava nel tempo il ripetersi dei mali d’un tempo.
Si teme chi si percepisce come Altro, per ciò che di lui non si sa. Si potrebbe temere chi si palesa Differente, per ciò che di lui invece si sa. Le devianze di costui sono già note e, pur se non sono più proprio le stesse, hanno matrice comune con quelle che già una volta sono state neutralizzate dalla Costituzione del nostro futuro, come la definì nel 1988 l’allora Premier Giovanni Goria, con parole riprese di recente dal Presidente Mattarella. Un futuro che continuiamo a costruire giorno dopo giorno e, a guardarla bene, la nostra Costituzione non necessita affatto d’un lifting, che pialla e rimodella; basterebbe forse solo qualche punturina di sostegno, che del Fascismo storico consolidi il ricordo senza partecipazione affettiva, perché il contesto socioeconomico e politico attuale e soprattutto quello sovrannazionale e culturale non sono più gli stessi. E ancora, preso atto del fatto che i suoi aspetti caratteristici non sono replicabili, anche il malinconico rimpianto dei nostalgici, per il Fascismo, si scioglierà nel De profundis, un salmo penitenziale per i recitanti, prima che salmo di esequie per il defunto.
Si vales, vàleo.
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