Tra i tre puntini di sospensione e i due dei due punti c’è di mezzo un mondo
Come d’accordo (articolo del 9 agosto 2024), eccomi qui ad occuparmi ancora di punteggiatura, precisamente dei due punti. Ma prima mi corre l’obbligo di accontentare alcuni lettori che mi hanno chiesto di dedicare due parole anche ai puntini di sospensione. Forse hanno giudicato irrispettosa la loro esclusione dal novero dei punti: punto fermo, punto a capo, punto esclamativo, interrogativo…e perché no i puntini di sospensione? Giusto, provvediamo subito. I puntini di sospensione, innanzitutto, sono tre: non uno di più, non uno di meno. Poche cose sono fastidiose da vedere su una email quanto la raffica di puntini che parte quando si pigia il tasto del punto. Sono segni che denotano sciatteria, mancanza di rispetto per chi legge. Ma oggi sembra che diligenza e rispetto non vadano più di moda, anche nella scrittura. Peccato. I puntini di sospensione indicano il tono sospeso, il discorso lasciato a metà (per incertezza, imbarazzo, vaghezza, per reticenza, per un sottinteso allusivo). Per esempio, possiamo incontrare la forma “a buon intenditor …” in cui è tralasciata la seconda parte del proverbio (a buon intenditor poche parole). Oppure potremmo dire: Ormai la faccenda era conclusa. Chissà chi ne avrebbe tratto giovamento…, ad indicare uno stato di incertezza sul futuro dell’esito della faccenda. Potrei continuare con altri esempi, ma credo che valga la pena di citare qualche verso di un autore assolutamente straordinario nell’uso dei puntini di sospensione, nonché della parentesi, per mostrare a quali effetti impressionistici e semantici questi minuscoli segni possono portare; mi riferisco naturalmente a Giovanni Pascoli. Nella lirica “Il libro” l’autore immagina di vedere un libro antico appoggiato su di una grande quercia e di sentire, senza vederlo, un uomo che sfoglia le pagine del libro .
“E l’uomo non vedo io: lo sento, invisibile, là, come il pensiero… ”
Pascoli ascolta il fruscio delle pagine che l’uomo volta ora lentamente ora velocemente finché ad un tratto si ferma.
“Sosta…trovò? Non gemono le porte più; tutto oscilla in un silenzio austero.
Legge?.. Un istante; e volta le contorte pagine, e torna ad inseguire il vero.”
Se ascoltiamo le pause segnate dai puntini credo che raramente ci sia capitato di sentire, con le orecchie, con la mente e con il cuore, qualcosa di così indeterminato, vago ed incerto. C’è davvero un uomo? Chi è? Rappresenta o è esso stesso un pensiero? O “il” pensiero? Quale pensiero? E poi cosa fa quest’uomo, ammesso che lo sia e ci sia? Si ferma, smette di leggere, ha trovato quello che cercava? Ma cosa cercava? E ancora: si rimette a leggere? O volta solo le pagine? Cerca la verità questo è chiaro. Ma quale verità? Ed esiste una verità? Ecco, credo che questi puntini, con la loro pausa sospesa, portino il lettore in un mondo indeterminato, vago, pieno di promesse misteriose e di luci incerte che indicano nel buio un percorso tutto da trovare e da percorrere non si sa come. Non male, per tre puntini. E adesso lasciamo la poesia dei puntini per tornare alla prosa dei due punti, il segno di interpunzione più netto e preciso dopo il punto fermo. I due punti introducono un discorso diretto, un’enumerazione, una spiegazione. A volte hanno lo stesso valore di una congiunzione subordinante, per lo più causale: “prendi l ‘ombrello: piove” è più o meno uguale a “prendi l’ombrello perché piove”. Secondo la Crusca, i due punti “avvertono che ciò che segue chiarisce, dimostra o illustra quanto è stato detto prima”. Perfetto, certo. Potrei aggiungere, come dice Severgnini, che i due punti aprono, anzi spalancano una finestra sul seguito della frase: lasciano sperare che in fondo alla via succeda qualcosa di interessante, che il commissario trovi il colpevole o la mamma ritrovi il suo piccolo. Sono un segno coerente: anticipano la conseguenza o l’effetto di un fatto già raccontato o un elenco. Un paio di esempi: “Elena rimase sdraiata sulla spiaggia sotto il sole cocente per tutto il giorno: la sera il suo viso era in fiamme e le spalle doloranti. Elena bevve un buon bicchiere di acqua fresca: l’arsura che l’aveva accompagnata per tutta la giornata finalmente se ne andò. ”
Mi auguro che a questo punto i due punti non abbiano più segreti. Alla prossima!