Un contributo di Roberto D’Amico
È pur vero che la sua progressiva e definitiva trasformazione in un luogo di devozione popolare di Lucento ha conservato il ricordo della Madonna della Consolata, ma direi che, come reperto, possa essere ormai cancellato dall’elenco dei cippi celebrativi del 1706. In ogni caso, una piccola targa accanto all’edicola potrebbe per lo meno ricordare la storia che si cela al suo interno.
I sei esemplari custoditi nella Chiesa dei Nostra Signora della Salute sono ovviamente ben conservati. Quello all’interno della grande lapide celebrativa in marmo, inserita nel 1937 sulla parete del transetto in occasione dei 50 anni dalla fondazione della chiesa, è facilmente visibile.
La Cripta dei Caduti ospita altri quattro pilastrini che sono stati utilizzati come sostegno della teca in vetro che contiene parte dell’enorme quantità di ossa dei caduti ritrovate nei terreni sui quali venne edificata la chiesa, dove si svolsero gli scontri più violenti della guerra. Il luogo è estremamente suggestivo, purtroppo però, difficilmente accessibile essendo la cripta normalmente chiusa. Chiedendo nell’ufficio parrocchiale in orario di ufficio si viene normalmente accompagnati con molta gentilezza.
Nella cripta è anche possibile ammirare “Il quadro della vittoria”, un complesso e stupefacente insieme di ventuno pannelli che il pittore Luigi Togliatto Amateis ha donato alla chiesa nel 2006, in occasione del terzo centenario. Uno dei quadri raffigura proprio il momento in cui viene posato uno dei pilastrini commemorativi. Molto, molto bello!
Più lontano dagli altri, al lato estremo della linea di battaglia, nel quartiere di Regio Parco, a poca distanza dallo scomparso Castello di Viboccone, il pilastrino di via Pergolesi 119 è all’interno del giardino delle Scuole Tecniche San Carlo. Non è quindi facilmente usufruibile dal pubblico. Inoltre, non è segnalato e risulta invisibile dall’esterno essendo al di là di una folta siepe. Arrivando negli orari giusti si può comunque provare a chiedere di andare a fargli una fotografia.
Un po’ più a nord, in Madonna di Campagna, in Via Lanzo 5/b, non sulla vecchia linea del fronte ma sempre in zona di battaglia, si trova l’ultimo pilastrino “pubblico”. Sono rimasto letteralmente senza parole nel vederlo inserito appeso a mezz’aria nel muro di quel palazzo, tra le due vetrine di un ristorante, completamente ricoperto dalla pittura con cui è stata dipinta la parete. Orribile!
Credo ci vorrebbe davvero poco per ripulirlo e far riaffiorare la pietra riportandolo alla sua condizione naturale e magari aggiungere anche in questo caso una piccola targa commemorativa.
La mia breve escursione cittadina si è conclusa con grande soddisfazione. Quelle piccole, ma importanti pietre celebrative sono ancora custodite bene e con il dovuto rispetto per quello che hanno rappresentato e rappresentano ancora oggi.
Coglierei l’occasione per sollecitare l’Amministrazione Comunale affinché renda fruibili da parte della comunità anche i numerosi reperti conservati in luoghi privati e di segnalare la presenza dei pilastrini con targhe o pannelli che ne descrivano la storia.
Un commento finale del tutto personale. Attraversando i quartieri, alcuni dei quali rimessi completamente a nuovo negli ultimi decenni, mi è stato difficile riconoscere i luoghi che mi avevano visto prima nascere e, poi, novello ricercatore. Sono nato, infatti, alla fine degli anni ’40, proprio in Madonna di Campagna, in una delle poche case di una corta strada sterrata che terminava trasformandosi in un piccolo sentiero che attraversava i binari della ferrovia Torino-Milano, in aperta campagna. Oggi lì c’è la Stazione Rebaudengo-Fossata.
Ancora negli anni ’60/’70 buona parte di quelle zone di periferia erano poco costruite e povere. Ora, la città è totalmente cambiata, a tratti irriconoscibile per noi anziani. La viabilità è stata notevolmente migliorata con l’interramento della linea ferroviaria, sottopassi, rotonde, ampliamento di strade, corsi, viali e nuovi edifici sono stati costruiti secondo modelli moderni e ampi spazi sono divenuti aree verdi pubbliche ben curate.
Ancor più difficile, se non impossibile, è cercare di ricostruire mentalmente il paesaggio del 1706, ma in questa specie di pellegrinaggio nel tempo e nello spazio ho più volte provato una forte emozione, come se i protagonisti fossero ancora lì, intorno a me.
Durante i tre mesi di assedio, e soprattutto negli ultimi giorni tra fine agosto e il 7 settembre 1706, i piemontesi morti o feriti furono 3000, più di 900 i loro alleati austriaci, oltre 14000 i franco-spagnoli! Ogni tanto, estraniandomi dai rumori del traffico, con gli occhi chiusi o guardando i poveri resti nella teca della cripta della Chiesa della Salute, mi è sembrato di sentire le incitazioni dei comandanti e le grida di guerra di quegli uomini, nelle loro varie lingue, tra colpi di moschetto e di cannone, il nitrire dei cavalli alla carica e le urla dei feriti e dei morenti.
Quanto coraggio, quanto dolore, quanta sofferenza ci sono voluti per permettere a noi torinesi di diventare quello che siamo oggi.
Le generazioni future non devono dimenticarlo.
È questo il motivo che mi ha spinto a scrivere questo breve articolo, sperando di essere riuscito a stuzzicare la curiosità di qualcuno più giovane di me e condurlo alla scoperta di questo importante pezzo di storia della nostra città, affinché a sua volta possa continuare l’opera di trasmissione. E chissà, magari nel 2106 i nostri pronipoti riusciranno ancora a festeggiare il quattrocentesimo anniversario…
Per il momento, visto che il 7 settembre è ormai prossimo, potete divertirvi anche voi ad andare a vedere di persona qualcuno di quegli storici pilastrini.
Fine Seconda Parte