
Si moltiplicano gli inviti diretti agli adolescenti, affinché riflettano e scelgano sul proprio genere, ma in base a che?
Mentre in UK si ridimensionano i trans, riflessioni sulla dicitura “genitori” e non più “padre e “madre” riportata sulla carta d’identità dei minori, e altro.
Il 15 aprile 2025, accogliendo un ricorso del sodalizio femminista For Women Scotland, la Corte Suprema di Londra ha stabilito che la definizione di “donna” spetta solo a chi nasce biologicamente di sesso femminile, una sentenza che, in uno stato democratico Liberale, è destinata a un duro dibattito con il movimento LGBT. Tutto questo accade al di là della Manica. Nel Bel Paese invece, la tendenza è uguale e contraria, sia nei provvedimenti che nelle forme di contrarietà. Forse è il momento di una ponderata riflessione.
Il 9 aprile 2025, con la sentenza n. 9216/2025, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero dell’interno, che chiedeva di abrogare il decreto ministeriale del 31 gennaio 2019 nel quale veniva sostituito il termine “genitori” sulla carta d’identità dei figli, e ripristinare la dicitura “padre e madre” per identificare il “genere dei genitori”.
La decisione della Corte di Cassazione ha ritenuto la dicitura “padre e madre” come discriminatoria perché non rappresenta tutti i nuclei familiari. È stata una sentenza che ha diviso le opinioni degli italiani, ma da un punto di vista genetico ed etico, si è trattato di una decisione politica che ha ripristinato le asessuate locuzioni di genitore 1 e genitore 2, voci “neutre”, indispensabili per garantire un ruolo “sostenibile” alle famiglie arcobaleno e al movimento LGBT+, ma cosa ne penseranno i figli?
Di fatto, non si può ignorare che i figli delle coppie omosessuali possono essere concepiti solo attraverso la procreazione medicalmente assistita (PMA) o l’utero in affitto, oppure da genitori che hanno avuto figli da precedenti relazioni eterosessuali. Le coppie arcobaleno però, possono adottare un bambino, anche se non esiste una legge che lo ammetta esplicitamente. Inoltre, anche se single, persone LGBT possono costruirsi una famiglia per mezzo della cogenitorialità o adottare un figlio, sebbene dal 1980 a oggi, il numero di bambini adottabili continui a diminuire. Una serie di contesti da osservare con cura.
A questo punto, stabilito che l’amore è quel collante Indispensabile per una individuale vita felice, trasferire un’incertezza genitoriale sulla carta d’identità di un figlio, è un’altra cosa. Infatti, collocare la propria sessualità in un “insieme” sempre più flessibile e scandito da nuove “appartenenze”, è una scelta personale. “Genitore 1 genitore 2” invece, coinvolge un’altra vita che non è una proprietà acquisita, ma un’esistenza in divenire.
Un termine “generico” al posto di mamma e papà, quantomeno è una forzatura, poiché proprio il sostantivo “genitore”, in genetica si usa per indicare la persona che trasmette i propri “geni” alla progenie. Un procedimento biologico che richiede organi sessuali maschili e femminili adibiti alla creazione, che contribuiscono alla formazione del DNA di un nuovo organismo per il 50% ciascuno, così come ci è stato consegnato da un talentuoso Dio, o chi per lui, che si è dilettato nel progettare milioni di modi per fare all’amore tra due entità ben distinte tra loro. E tutto questo è semplicemente meraviglioso, anzi, divino.
Andando oltre il pur interessante diagramma degli incroci, riguardo la terminologia, nel lessico italiano esistono solo due generi grammaticali, il maschile e il femminile, anche se il neutro è applicabile ad alcune “cose” inanimate, inserite in un discorso trattato con particolare stile linguistico.
Tutto ciò dovrebbe bastare per non snaturare un riferimento ben preciso da applicare sulla carta d’identità dei bambini. Invece, ultimamente, una inedita frenesia da “autonoma ricerca e scelta di genere” sta dilagando sui social, molto nelle dirigenze scolastiche e anche in nuovi spot che passano in tv.
È una voce anzitutto politica che sta dettando una nuova linea di condotta, al di fuori della quale, i cisgender, che si riconoscono in madre natura, vengono discriminati come omofobici dal mondo dei transgender. È l’apoteosi di un’intolleranza al contrario, un estremismo che ultimamente si fa strada in modo strisciante, penetrando in un contesto giovanile fragile, manipolabile e sempre più confuso.
C’è molta ideologia e poca coerenza nello sdoganato ingarbugliare le idee agli adolescenti e non solo, in questa campagna mediatica promossa dagli adulti, che vuol portare i giovani a temporeggiare e tergiversare sulla propria sessualità ancor prima del delicato momento della pubertà. Un fenomeno che sta assumendo caratteristiche “di tendenza”, ma che può diventare l’anticamera di molti casi che la cronaca ci riporta incanalati nel nuovo “purgatorio” del bullismo scolastico.
Per questi e altri motivi, il buon senso suggerisce che la sentenza della cassazione vada impugnata poiché oltre a essere maldestramente politica, in quanto, per voce di Laura Boldrini, sostiene di aver fermato “il bullismo di Salvini e della Meloni”. Invece, se vista con gli occhi di chi non teme d’essere frettolosamente marchiato come omofobico, risulta essere anche imbarazzante.
Viene infatti da chiedersi come i giovani rampolli nati in modo naturale da un atto sessuale, ancora più ingentilito dal desiderio che suscita l’amore, dovranno rivolgersi a mamma e papà. Sarà loro concesso o dovranno decidere che il numero 1 è l’uno, mentre l’altro sarà il 2?
E chi tra loro ricoprirà il suo storico ruolo? Certo che sentirsi dire: «genitore 1, mi accompagni al parco?» sarà difficile da gestire nel nucleo familiare, per non parlare poi di separazioni e di definizioni all’interno di nuovi insiemi domestici, dove i numeri rischiano di lievitare verso il 3, il 4 e così via, offuscando ancor più l’inquadramento originale.
E poi, le feste. Quella della mamma, quest’anno cade domenica 11 maggio, quella del babbo è passata da poco, il 19 marzo per la precisione, festeggiata senza strascichi. Giorno di San Giuseppe messo in calendario da Papa Sisto IV nell’anno del Signore 1497. La festa dei nonni invece non prevede distinzioni ed è un sollievo. Giovedì 2 ottobre 2025, ogni nonno/a riconoscerà il suo antico ruolo senza molti stress.
Ma i ragazzi, d’ora in poi, dalla scuola alla “pubblicità regresso” che sta imbrattando il video della tv con frasi sibilline e inquisitorie, cosa e chi festeggeranno alle ricorrenze comandate? Che regalino alla festa della mamma e del papà o numero 1-2? E al compleanno dei marmocchi, sarà ancora concesso a chi regalare camion dei pompieri e a chi la casa delle bambole senza interferire sulla loro scoperta di genere?
Suggerimento per un esperimento a costo zero: «provate a invertire i pacchetti e poi saranno gli sguardi dei fanciulli, ancora integri e figli di madre natura, a svelare la loro gioia e dunque, la loro appartenenza, quale essa sia».
Problema risolto.
Forse è tempo di ripristinare certi equilibri senza troppe forzature “generiche” verso il fragile mondo dei minori che già avrà il suo bel daffare con i cambiamenti geopolitici e climatici lasciati loro dalle nostre eredità. Quello che sono già ce l’hanno dentro e verrà fuori da solo.
Invece, riflettendo sul caso, vien da sorridere pensando a quanto è stato difficile metabolizzare per secoli quella storia di Gesù bambino, della vergine Maria, e del “Santo” Giuseppe che ha accettato di buon grado un “prodigioso” fatto compiuto. Al giorno d’oggi, finirebbe regolato dagli avvocati, con relativo affidamento del minore, sempre che la faccenda non fosse prima già sfociata in un tragico fatto di cronaca… Come cambiano i tempi!
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Sono pienamente d’accordo di continuare con la mamma e il papà,non sono retrogrado ma cresciuto da genitori un maschio e una femmina.
Articolo strepitoso!!!!