
Folle sfollagente! Tra moniti quirinalizi “pazzerelli”, insane “botte da Orban” e ossessione “melomane” da premierato, marciamo trionfalmente verso l’“autoritarismo illiberale”?
Alla “pazzarella” mattarellata quirinalizia, che, redarguendo il Viminale per un supposto eccesso di garbate manganellate (Manganelli, del resto, era l’appropriato cognomen-omen del Capo della Polizia all’epoca del sereno weekend di orrore del G8-Diaz di Genova) sulle testoline vacue dei turbolenti studentelli pisani all’uscio (o dal guscio, donde appena sbucati), immortalati in video mentre si beccavano le energiche mazzate rieducative dei celerini, blando rilievo critico (“un fallimento”) che, per un minutino, aveva quasi spiantato Piantedosi, l’indomita Giorgiona di Palazzo Chigi ha prontamente replicato, con reazione simmetrica, ammonendo le “Istituzioni” – un rimprovero cioè allo stesso Sergione – a non indebolire le Forze dell’Ordine, prodi paladini poco pagati che ci proteggono dai pericolosi sediziosi (quand’anche fanciulleschi scolaretti): degna premessa all’ipotizzata riforma per introdurre il “premierato”, che mira a spianare le prerogative decisionali del Colle (riducendolo a collinetta…).
Bisogna che i nostri marmocchi viziatelli, pupilli adorati di mammà, imparino a star chiusi in classe o nella cameretta, chini sui libri, gli ebook e i picì, e si tolgano dalla mente di alzar gli occhietti dallo schermo del cellulare per andare in strada a manifestare impunemente, a meno che non salgano a bordo di mastodontici trattori e/o indossino eleganti camicette nero-fumo, dimenticandosi dunque le inutili velleità ecovandaliche green per il futuro destino, ineluttabilmente bollente e fosco, del Pianetucolo azzurrognolo, sempre più grigio e invivibile.
Ispirandoci alla “venerabile” Rinascita democratica di gelliana memoria e seguendo le regole del manuale Come diventare un tiranno di Dioniso di Siracusa, applicato con disciplinato scrupolo dal sultano ottomano Erdogan, ad esempio, e dai suoi numerosissimi imitatori, dovremo approvare le indispensabili norme ad hoc e praticare i connessi atteggiamenti: (1) screditare e cercare di vincolare all’esecutivo gli Enti indipendenti e le figure “di garanzia”, Magistratura e Presidente della Repubbli-china (vedi sopra); (2) col blando bavaglino del noto “nodo nordiano”, tenere al guinzaglio il “cane-da-guardia” (o barboncino da salotto?) impersonato dalla stampa, già naturalmente incline ad inginocchiarsi ai piedi dei governanti di turno e a sberliccare le tomaie dei potenti; (3) anche con l’appiglio alla crescente criminalità dei “clandestini”, propagare un plumbeo clima di insicurezza e paura, che solleciti una ferma repressione del dissenso, dunque (4) contingentare, limitare o vietare le contestazioni, gli scioperi, le occupazioni eccetera; al contempo, però, (5) tranquillizzare i cittadini/sudditi col “tutto bene” di rito; (6) promuovere l’obesa ignoranza e disincentivare la rara originalità razionale rispetto all’inflazionato pensiero dominante; (7) controllare capillarmente – tramite tivù, social-web (instagram e tik-tok insegnano) e la sistematica tecno-bio-sorveglianza integrata, al comando dell’artifintelligenza iperorwelliana – i singoli individui e la collettività nel complesso, pilotandone le scelte e sanzionando i “trasgressori”; (8) indicare un nemico esterno su cui scagliarsi e sfogare l’indignazione e frustrazione per la propria miseria (“guerra tra poveri”). Da far trottolare nella tomba la buonanima di Moro, di cui ieri ricorreva il quarantaseiesimo anniversario del rapimento (agguato di via Fani, 16 marzo 1978). Onore a lui. E all’Unità Nazionale, che si celebra giusto oggi.
Qui nel Belpaesello “melomane”, con una fascinosa leader che sa dosare bastone e carota, simpatia e crudeltà, tamarraggine e comicità, sembriamo un tantino in ritardo lungo tale itinerario – se non romana marcia trionfale – verso l’obiettivo dell’“autoritarismo illiberale”, che noi, popolino bovino vaccinato, ardentemente desideriamo, ma zitti zitti (omnia silendo nosco), tra spioni e spiati (a migliaia, da Crosetto a Conte, dai Ferragnez ai dirigenti juventini, dossier che il SIFAR di De Lorenzo si sognava!), riusciremo presto a raggiungerlo, magari copiando il pregiato modello magiaro, con tanto di catene, ceppi e botte da Orban (cum grana Salis…).
In realtà, si tratta di un astuto, demoniaco stratagemma per favorire i nuovi arrivati sul suolo d’Enoria: in questo modo, infatti, gli immigrati musulmani si troveranno davvero a casa loro quando sbarcheranno sulle coste della Penisoletta dello Stivaletto, ormai simile agli ammirabili califfati islamici arabici e magrebini…
Col proliferare dei despoti ai quattro angoli del Globo, ovviamente aumentano (sic Historia magistra docet) i devastanti conflitti armati: mentre il placido don zarino Ras-Putin (“ce grand fils de Putin”, l’apostrofano i maldicenti francofoni!), appena rieletto al Cremlino da ampio plebiscito largamente pronosticato, non contento di sbri-cio-la-re la martoriata Ucraina, sobilla pure Balcani, Abcasia e Transnistria (che non è la patria felice del movimento gender!) e minaccia la Georgia, i Baltici e la Finlandia, distribuendo specialità moscovite, quali la tipica tisana shakespeariana al polonio (o stronzio?!?), i mutandoni “Navalny” al noviciok (no, non la squisita tavoletta extra-fondente della celebre marca dolciaria piemontese…) o gli splendenti funghetti termonucleari velenosi con cui riscaldare l’inverno d’inferno, col probabile auspicio che l’aquilotto americano trumpiano torni ad abbandonare alle grinfie dell’orsone russo il Vecchio (in)Continente europeo, il coreano Kim continua a giocherellare coi razzi atomici e il celeste imperatore mandarino Xi vuol tatuare una sanguinosa ix sulla bramata Taiwan.
La pasqualina colombella della peace, love and freedom non svolazza molto meglio sul fronte interno del Sunshine boulevard del tramontante Occidente, dove l’oblio inghiotte il disgraziato Assange, che rischia secoli di galera per avere esercitato la professione di reporter d’inchiesta, né in Medioriente, con l’implacabile “imbiasimabile” Netanyahu (leggasi l’acuto editoriale di Elio Ambrogio del 25 febbraio) che, accoppando cento palestinesi per ciascun israeliano assassinato da Hamas, non dà tregua ai civili di Gaza, a cui persino l’“alleato egiziano” (ehm…) Al-Sisi ha sbarrato lo sbocco di fuga del valico di Jerez. Endlösung?!?
Ecco, al flebile chiarore della falce lunare nel buio notturno, ballando la danse macabre di Saint-Saëns, follemente cavalchiamo sull’orlo del baratro apocalittico, lì lì per precipitare nelle triplici fameliche fauci di Satana.
Gnam!