
Madri e Madonne di ieri e di oggi
Siamo abituati a leggere interviste in cui i personaggi vengono interrogati sulla loro funzione sociale, dando la precedenza a ciò che li contraddistingue in ambito pratico esaltando o denigrando successi e fallimenti come professionisti e non nella loro interezza: spesso succede perché le linee dei giornali impongono un taglio piuttosto che un altro, senza prendere in considerazione il fatto che il raggiungimento di un obiettivo è frutto delle molteplici istanze presenti in ogni soggetto.
In questa settimana un paginone de La Stampa dà rilievo al saggio “Ma io ti ho sempre salvato” di Luciano Violante, ottantaduenne ex-magistrato e docente di Procedura penale, Presidente della Camera dal 1996 al 2001.
Onore a lui, ricorda le sue nascite, non una sola, riconoscendo alla propria madre il ruolo fondamentale che ha avuto nella sua vita: nato una prima volta perché questa indomita donna, prigioniera in un campo di concentramento in Etiopia, ha tenuto il bambino seppure sconsigliata da tutti; la seconda mentre scappavano insieme da Napoli in Puglia per raggiungere il padre; la terza quando lo ha lasciato, separandosi dal marito violento… cosa che potrebbe suonare stonata se il protagonista dell’intervista non dichiarasse di aver elaborato in seguito il trauma, pacificandosi con la donna che non aveva più potuto subire le vessazioni dell’uomo sposato in precedenza. Abbandonandolo, in effetti, ha attivato in lui l’impronta di un femminile che non subisce e che ha una sua identità ben definita: Luciano Violante non a caso ha scelto come compagna di vita una donna magistrato, una combattente per i diritti dei più deboli, presidente del Tribunale dei minori Torino.
Ricordo l’altrettanta emozione dell’avvocato Franzo Grande Stevens nel raccontare, con il luccichio negli occhi, come sua madre fosse stata imprigionata perché sorella di Harold Stevens, il “Colonnello Buonasera” che, attraverso Radio Londra, diffondeva coraggio agli italiani sotto il governo nazi-fascista. Anche a “l’Avvocato dell’Avvocato” l’impronta materna aveva fatto incontrare Giuliana Greco, una donna fuori dal comune; conoscendola è forte il sospetto che sia stata lei a “incontrare” lui.
E ancora Antonio Botero che a otto anni aveva incredibilmente venduto un suo disegno per pochi spiccioli e, persi strada facendo, era giunto dalla madre a mani vuote: ricordava il suo dolore e lo sguardo dolce di lei nel consolarlo, seppure anche quel piccolo guadagno sarebbe stato ben investito in cibo, di cui non abbondavano di certo!
Donne di altri tempi, una definizione che sembrerebbe sgradevole nei nostri confronti, se anche alcune di noi non sapessero essere madri oggi in modo totale, al di là di mode o di stereotipi.
Ci hanno insegnato che dobbiamo “realizzarci” e che la maternità non è una vera realizzazione: è diventata un episodio della nostra vita, a volte desiderato, a volte subito, a volte impedito, a volte sacrificato.
Nulla di più distorto, perché ognuna di noi ha dentro di sé un programma che può non prevedere la maternità: non come scelta razionale, ma piuttosto come esperienza di questa vita non necessaria allo scopo della nostra incarnazione.
Veniamo al mondo perché la nostra Coscienza ha bisogno di esperire situazioni per noi evolutive; ma se non siamo in grado di conoscerci abbastanza a fondo continuiamo a restare in superficie e a commettere sempre gli stessi errori accusando il Fato o, peggio ancora, gli altri dei nostri fallimenti.
Essere madri non significa semplicemente far germogliare dentro di sé il seme maschile: ci sono mille modi per realizzare quel Femminile che appartiene alla donna – con buona pace di chi ci mostra uomini con neonati fra le braccia appena partoriti con uteri in affitto – dando luce agli aspetti così ben impersonati dalle varie paladine rimaste figure emblematiche nella storia.
Come Ipazia, filosofa e matematica insegnante al Museion e direttrice della scuola neoplatonica di Alessandria nel IV secolo d.C. “madre” dei suoi allievi; Florence Nightingale, pioniera dell’infermieristica moderna, “madre” dei soldati feriti in Crimea; Madre Teresa di Calcutta, missionaria albanese dedicata interamente ai più deboli in India; Maria Curie, prima donna a ricevere ben due Nobel, “madre” di scoperte nella fisica e nella chimica; Maria Montessori, creatrice del sistema educativo all’avanguardia “madre” di migliaia di allievi nelle scuole non solo italiane; Frida Kalo, pittrice dalla volontà di ferro e la lotta contro se stessa nel tormentato amore verso Diego Rivera, “madre” di quadri in cui viene esorcizzato il ruolo circoscritto della figura femminile; Virginia Wolf, con i suoi “bambini di carta” impegnata nella lotta per la parità dei sessi, infaticabile seppure in continua lotta con i suoi fantasmi interiori.
Perché la maternità non è solo biologica, ma soprattutto spirituale e in questa connotazione è emblematica è la figura di Giovanna d’Arco, la Pulzella d’Orleans, che guida l’esercito francese alla vittoria “ascoltando la Voce” ma nello stesso tempo combattendo a fianco di uomini come Gilles de Rais, non proprio uno stinco di santo, e ottenendone il rispetto profondo.
Molte altre popolano la storia e non solo donne che hanno saputo vivere la propria ricettività nell’accogliere gli in-put dall’inconscio e realizzare quello che nel profondo sentivano essere l’impulso principale di vita nella loro vita.
Nella seconda domenica di maggio, il mese dedicato alla Madonna, è tradizione celebrare la Festa della Mamma, occasione abbastanza commerciale, che vede impegnati fioristi, librai, pasticceri e a volte persino gioiellieri nell’esposizione della merce da offrire alla popolazione femminile: ben venga, anche se sarebbe una circostanza perfetta per cercare dentro ognuno di noi il materno, quel sentimento che ci fa accogliere l’Altro con l’apertura alla consapevolezza di quanto è esposto in una poesia di John Donne.
“Nessun uomo è un’isola/completo in se stesso;/ogni uomo è un pezzo del continente/una parte del tutto” sta a significare il legame che intercorre nel profondo di noi tutti. Come la crosta terreste è unica così anche noi dovremmo acquisirne il concetto di unicità: le acque (emozioni) circondano l’isola, impedendo di scorgere la vera forma di quella terra emersa in parte minima rispetto alla sua interezza, radicata nei fondali.
“Ogni morte di uomo mi diminuisce/perché io partecipo all’Umanità” sono parole molto poco ascoltate in questi ultimi anni, pervasi da un crescendo di violenza a cui non sappiamo porre rimedio.
Non siamo in grado di dire stop alla guerra, che si svolga in Ucraina, a Gaza, in paesi africani poco considerati dai giornaloni, ma in cui si sta combattendo fino all’ultimo sangue; però in vista delle elezioni abbiamo l’indecente spettacolo di voltafaccia, di programmi destinati a essere disattesi al primo sussurro proveniente dall’oltreoceano.
Perché? Perché non siamo capaci di unirci e veniamo capeggiati da leader che difendono il loro orticello senza pensare che, allargando le proporzioni del terreno da coltivare, aumenterebbe la possibilità di raccogliere prodotti in maggior quantità e anche di diversa specie.
Siamo grembi di vita, creando – attraverso il nostro impegno – il futuro, quello che si sta delineando piuttosto problematico per chiunque continui a credere nella manipolazione mediatica da cui siamo e saremo sempre più bersagliati.
Unica risorsa contro tale imbarazzante deriva è la ricerca di se stessi, il conoscersi profondamente là come stava scritto sul Tempio di Delfi “Conosci te stesso” perché l’invito prosegue con “Conoscerai gli Dei e l’Universo”.
E su questo argomento abbiamo oggi la possibilità di incontrare il professore Federico Faggin, fisico, imprenditore, inventore di tecnologie all’avanguardia già negli anni Settanta, ma soprattutto ricercatore nell’ambito della Coscienza.
Perché proprio oggi, quando un manipolo di “menti eccelse” cerca a tutti i costi di farci credere che una macchina possa sostituire l’uomo, le sue dichiarazioni sulla Intelligenza Artificiale fanno tremare questi “manipolatori seriali” e danno a noi esseri ancora pensanti, le prove scientifiche della inadeguatezza di tali vaticini.
“La macchina non ha e non avrà mai – asserisce – le proprietà che contraddistinguono un uomo, in primis il nostro modo di pensare, comprendere, agire” con buona pace di coloro che arrogantemente gli si contrappongono prevedendo un futuro nel quale l’uomo sarà in grado di dare anche tali caratteristiche a una macchina.
È lui il fondatore della “Federico and Elvia Faggin Foundation”, organizzazione dedicata allo studio scientifico della Coscienza con cui sponsorizza programmi di ricerca teorica e sperimentale presso Università e Istituti di ricerca statunitensi e italiani: un progetto leggermente diverso da quello sponsorizzato dai vari Schwab, Gates, Soros e compagni di merenda in pieno delirio di onnipotenza.
D’altra parte la follia o meglio, il degrado umano, non ha limiti quando cerca di costruire un essere umano tenendo un utero fecondato in incubatrici o pagando donne in avanzato stato di gravidanza per estrarne i feti destinati alla ricerca.
La maternità dovrebbe essere sacra e portare la donna, con insito nel proprio bagaglio cromosomico tale istanza, verso la consapevolezza di ciò che significa trasmettere alla propria creatura la possibilità di conoscersi e sperimentarsi nel qui e ora.
La donna, questa creatura così mal conosciuta nella sua vera essenza, proprio oggi quando la ricerca viene indirizzata principalmente verso la creazione di oggetti con cui “ampliare la conoscenza del sé”!
Infatti c’è chi pensa davvero che con un microchip sottocutaneo potrà raggiungere l’Illuminazione…
Fa sorridere il fatto che da una ricerca scientifica risulti che l’intelligenza sia trasmessa proprio dalla madre.
Come hanno fatto i ricercatori a provarlo? La risposta è nei “geni condizionati” corredati di una sorta di etichetta biochimica che consente di tracciare le loro origini e che rivela anche se sono attivi o no all’interno delle cellule dei discendenti.
Inoltre alcuni di questi geni sono attivi solo se ereditati per via materna: se lo stesso gene è ereditato dal padre, viene disattivato.
La stessa selezione avviene per altri geni attivi per via paterna e disattivati in modo speculare nella cellula femminile.
L’intelligenza è ereditaria e si credeva fosse trasmessa da entrambi i genitori: è dimostrato invece che l’intelligenza è situata nel cromosoma X.
Così possiamo rivolgerci agli epigoni di un patriarcato poco ricettivo in fatto di immagine femminile vittoriosa… togliendoci qualche sassolino dalla scarpa!
Civico20News
Chicca Morone
Editorialista
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Grazie per i suoi articoli sono sempre belli e molto illuminanti. Da diffondere a manetta.🙏❤❤❤
Grazie Chicca !! E buona festa anche are donna e .adre indomabile!!
Grazie dottoressa per i suoi articoli sono sempre belli, un grande abbraccio e Buona Festa della Mamma
Ottimo articolo! Come sempre…
Ricco di spunti di riflessione e di frasi sulle quali meditare a lungo.
Divulgo con entusiasmo, sperando che le persone abbiano ancora voglia di leggere e di utilizzare il cervello divenendo grembi di vita intelligente (in tutti i sensi!). Complimenti!
Grazie Chandi, le tue parole hanno il potere di farmi fiorire, allontanando i diserbanti che spesso ci circondano.
Ottimo articolo, molto profondo e veritiero, ci fa riflettere sul tempo che viviamo oggi, dive purtroppo c’è molta supercilità.
Grazie Chicca, le donne hanno bisogno di una voce come la tua. I nostri problemi umani dobbiamo avere la forza di risolverli da sole, perchè nessuna religione e nessunpartito faranno mai qualcosa di vero per noi; ma dobbiamo credere nella nostra forza vitale e saperci organizzare, e porre fine a tutte le discriminazioni, a tutta la cattiveria secolare che volontariamente è stata costruita e imposta. Coraggio, noi siamo in grado di esistere in modo pacifico e in pace.
Lia