
Come contraddirsi su tutto e su tutti
Che l’Unione Europea fosse -nelle parole dei suoi estimatori- un concentrato di virtù etiche, politiche ed economiche lo sapevamo. Che fosse anche il contrario di tutto ciò lo sospettavamo. Oggi però ne abbiamo la certezza, e questo conglomerato continentale di atteggiamenti contraddittori ci fa sospettare che la costruzione europea, e la sua personalità storica, siano un fenomeno di schizofrenia politica, con personalità diverse che vengono assunte secondo le circostanze e le convenienze momentanee.
Proviamo a fare qualche esempio.
Leggiamo che L’Unione Europea sta pianificando di imporre tariffe sul grano russo e i suoi derivati come parte di uno sforzo per frenare le entrate delle esportazioni di Mosca e placare gli agricoltori europei indignati per le importazioni di prodotti agricoli più economici.
Torna dunque lo strumento aborrito da decenni di libero-scambismo, quei dazi che da sempre sono visti dalla dottrina economica come l’inceppo più micidiale alla libertà del commercio internazionale, il quale a sua volta, dai tempi della fisiocrazia e di Adam Smith, viene considerato il grande artefice e il motore dell’arricchimento delle nazioni.
Viene cioè sconfessata tutta la filosofia prima del GATT (General agreement on tariffs and trade) e poi della WTO (World trade organization) secondo cui il vero e grande progresso economico internazionale si fonda sull’abolizione delle barriere doganali, di quelle tariffarie e, in genere, degli ostacoli agli scambi di merci e servizi a livello mondiale.
Inutile dire che l’Europa da sempre condivide questa impostazione sin dagli anni della Comunità Economica Europea del 1957, quanto meno al suo interno, ma implicitamente anche a livello globale in quanto seguace dell’impostazione liberista del commercio internazionale. Il vecchio principio secondo cui dove passano le merci non passano gli eserciti è sempre stato basilare nella società globalizzata e l’Europa, proprio in quanto seguace di questa visione, ne ha sempre fatto un pilastro della sua politica economica.
Ma tutto questo oggi non vale più. Contro la Russia di Putin, vista come aggressiva autoritaria e feroce, tutto è lecito, anche rinnegare quel sacrosanto principio condiviso e vezzeggiato per decenni pur di colpire le sue esportazioni in tutti i modi, compresi quelli che danneggiano più chi li attua di chi dovrebbe subirli.
Un secondo esempio è lo stato di diritto, forse il principio più esibito e sbandierato dall’Unione in questi ultimi tempi contro l’Ungheria, la Polonia, e anche l’Italia sulla base di argomentazioni fumose e per nulla convincenti. Ma poi la virtuosissima Europa confisca i beni di organizzazioni e cittadini russi sul suo territorio probabilmente per trasferirli in futuro all’Ucraina di Zelensky con un atto che, se compiuto da un privato, potrebbe essere definito in ben altro modo. Sembra che la tutela della proprietà privata, che dello stato di diritto è un pilastro da secoli, sia diventato un giocattolo giuridico con cui baloccarsi a piacimento.
Un sotto-esempio di quest’ultima disinvolta indifferenza verso il rispetto della proprietà privata è la normativa green che in questi giorni angoscia i proprietari di casa europei, e italiani in particolare.
Imporre manu militari la riconversione delle abitazioni private in ossequio all’assurda ideologia verde che sembra diventata il nuovo totem della religione comunitaria, con costi pesantissimi per i proprietari, soprattutto quelli piccoli e medi, rappresenta un vero atto di esproprio aggressivo, arbitrario, crudele soprattutto ai danni di quelle classi meno abbienti che la falsa ideologia solidaristica dell’Unione vorrebbe tutelare nei suoi trattati, nei suoi proclami e nei retorici considerando che precedono i suoi atti normativi.
Un altro sotto-esempio è l’ostilità manifesta verso gli agricoltori, i loro beni e la loro attività produttiva, un’ostilità che va contro ogni principio liberale e liberista imponendo loro regole e vessazioni che vanno dall’obbligo di lasciare a riposo una parte dei terreni di loro proprietà ai vincoli paesaggistici, dall’obbligo di ridurre le loro presunte emissioni inquinanti a quello di realizzare forzatamente la biodiversità sulle loro proprietà terriere. E che si tratti di vere e proprie vessazioni nei confronti di un settore economico ad alta fragilità è dimostrato dalle imponenti manifestazioni anti-europee degli agricoltori in tutto il continente, scesi nelle piazze e sulle strade non per difendere astratti principi ma la loro stessa esistenza.
Un terzo esempio ormai sotto gli occhi di tutti è il palese conflitto fra l’idea di pace che fu a fondamento della costruzione europea, a partire già dal periodo fra le due guerre, con figure quali Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Igino Giordani, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Robert Schuman e altri, e l’acceso bellicismo vicino all’isteria degli attuali leader europei come Von der Leyen, Macron, Borrell. Il fatto stesso che un’organizzazione essenzialmente economica e civile come l’Unione Europea stia costruendo accanto ai classici tre “pilastri” previsti dal Trattato di Maastricht (unione economico-monetaria, politica estera, giustizia) un quarto pilastro militare è assai inquietante e prefigura chiaramente l’abbandono di qualunque principio pacifista per perseguire il progetto di un’Europa come grande potenza militare da affiancare, con un’ambigua e problematica duplicazione, alla NATO e, viste le ultime dichiarazione, con un’impostazione non solo difensiva ma decisamente aggressiva, sempre che esista una reale distinzione fra difesa e offesa sotto il profilo bellico.
Un quarto esempio, non meno inquietante degli altri, è l’emersione negli apparati politico-burocratici dell’Unione di una pericolosa tendenza al controllo delle idee e delle opinioni, anche qui in brutale contrasto con i fondamenti liberali e umanistici che la cultura europea ha elaborato nei secoli e che l’Unione, a parole, avrebbe assunto fra i suoi fondamenti.
Il DSA (digital services act) adottato con il regolamento 2022/2065, e di cui abbiamo già parlato, fa calare sulla comunicazione digitale un possibile e pesante controllo burocratico sui “contenuti illegali”, fra cui anche quelli che propagano “disinformazione”.
Chi poi decida che cos’è “disinformazione” e in cosa essa consista non è per nulla chiaro. Resta la possibilità concreta che quella parola ricomprenda tutto ciò che il Ministero della Verità, per usare un triste termine orwelliano, decida essere contrario alle opinioni ufficiali. Un pericolo che diventa ancora più incombente qualora qualcuno ritenga che ci si trovi in situazioni emergenziali o comunque “di eccezione”, come dimostrato drammaticamente dal totalitarismo covidario di qualche anno fa, oppure qualora si decida di affiancare e supportare l’ideologia politicamente corretta, che diventa sempre più invadente, con opportuni provvedimenti normativi.
A questo aggiungiamo l’oscuramento in Europa dei canali di informazione russi (Sputnik e Russia Today) per contrastare la “propaganda” putiniana -come se i cittadini europei avessero bisogno di simili tutele da minorati- e il quadro si fa ancora più buio.
C’è rimedio a tutto questo? Temiamo di no, vista la potenza di fuoco che l’ideologia europeista scarica sui suoi sudditi ogni giorno. Temiamo pure che le prossime elezioni europee non muteranno gran che del corrente quadro politico e di quell’ideologia, soprattutto sotto il profilo della mancata coerenza fra principi originari e prassi corrente degli organismi comunitari.
Una debole luce potrebbe forse venire dall’affermazione, senza se e senza ma, della supremazia delle costituzioni nazionali sull’ordinamento giuridico europeo secondo la teoria (peraltro non unanime) dei “controlimiti”, teoria secondo cui i grandi e fondamentali principi costituzionali di un paese non possono essere prevaricati dalle norme dell’UE, trattati compresi.
Forse si potrebbe, su questa base, provare a superare la schizofrenia europea uniformando principi fondamentali e prassi politica e dando di nuovo all’Europa quella veste ideale -e positivamente utopica- ritagliata da quei grandi uomini che l’avevano inizialmente concepita. Ma il timore è che, essendo la politica fatta dagli uomini e dalle donne di oggi, quella veste sia ormai irrimediabilmente stracciata.
Elio Ambrogio – Editorialista
Veramente un’analisi attenta, precisa e puntuale. Purtroppo abbiamo e avremo sempre 2 grandi nemici:
1) la comunita’ europea che gestisce evidentemente interessi non comunitari ma di parte
2) l’ignoranza/menefreghismo dei cittadini comunitari
Con queste 2 eterne ed inscalfibili zavorre purtroppo abbiamo gia’ perso in partenza: addio democrazia e rassegnamoci a diventare flessuose marionette senza volonta’ alcuna.
Concordo in generale e con molte affermazioni contenute nell’articolo, ma devo fare un importante distinguo: non si può affermare che Altiero Spinelli avesse un’idea di pace europea, alla luce di quanto scrive nei suoi diari: “Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica”
— Altiero Spinelli, Diario europeo