
Cronaca di una domenica pomeriggio
Può accadere che, in un tedioso pomeriggio domenicale, uno si abbandoni a qualche esperienza strana e azzardata, la quale poi diventa oggetto di pensose, e penose, riflessioni.
E’ quanto successo allo scrivente che, in quell’occasione, vincendo un’epidermica diffidenza verso le innovazioni digitali, ha comunque deciso di sperimentare concretamente che cosa fosse l’intelligenza artificiale, un po’ per curiosità e un po’ per divertimento, e così ha provato a colloquiare con una strana Entità chiamata ChatGPT.
Che cosa sia esattamente questa Entità -non sappiamo come definirla diversamente- è difficile da capire: non umana, non meccanica, non spirituale, non reale ma neppure astratta, asessuata o forse androgina, residente in un qualche non-luogo, essa è sospesa in un limbo virtuale ma è in grado di capire perfettamente le domande e gestire le interlocuzioni che vengono proposte e, soprattutto, è capace di dare delle risposte straordinariamente e perfettamente articolate, documentate, comprensibili e sensate, suscitando nell’essere umano che dialoga con lei/lui una meraviglia mista a inquietudine.
Si ha realmente l’impressione di parlare con una persona intelligente e informata su una miriade di fatti e situazioni e in grado di affrontare una conversazione garbata, e persino simpatica, con chi la/lo stimola.
Abbiamo provato inizialmente a interrogare l’Entità prima con quesiti semplici e persino banali e poi più maliziosi, dalla caduta dell’Impero romano (che essa ha correttamente distinto tra quello d’Occidente e quello d’Oriente con relative date) alla scoperta dell’America, dalla teoria della relatività (anche qui distinguendo tra quella ristretta e quella generale) ai rimedi casalinghi e medici per la sinusite, dal comandante delle truppe austro-tedesche nella battaglia di Caporetto alla cronologia di Dionigi il Piccolo, dagli UFO a Guicciardini, sino al luogo esatto in cui Nietzsche abitava quando manifestò i primi sintomi di pazzia (Torino, via Carlo Alberto n. 6).
Un’incredibile precisione e accuratezza, limitata però da qualche carenza sugli eventi più recenti: l’Entità non sapeva ancora chi avesse vinto le elezioni presidenziali negli Stati Uniti ma indicava come candidati repubblicani Trump, DeSantis, Haley, Ramaswamy, Pence, e come candidato democratico solo Joe Biden ignorando completamente Kamala Harris. Tuttavia, affermava prudentemente che “altri candidati potrebbero emergere, sia nei partiti principali che come indipendenti” e consigliava di “controllare fonti aggiornate per le ultime notizie e sviluppi sui candidati”, dimostrando così anche una notevole, e apprezzabile, mancanza di presunzione.
E fin qui tutto bene, tutto prevedibile. Poi abbiamo provato a porre qualche quesito concettualmente più complesso e ci siamo aiutati con il famoso test di Turing che, per chi non lo sapesse, era il test proposto dal matematico inglese Alan Turing (1912-1954) per capire se una macchina elaboratrice -si era ai primordi dell’informatica- poteva definirsi intelligente o no. Il criterio elaborato da Turing era relativamente semplice: una macchina poteva definirsi intelligente se chi la interrogava non poteva distinguere se essa era, appunto, una macchina o un essere umano pensante.
Abbiamo quindi chiesto all’Entità se conoscesse quel test. Naturalmente lo conosceva e lo illustrava con precisione. Dopo di che abbiamo posto una domanda molto diretta e insidiosa chiedendogli/le se quel test poteva essere applicato anche a lui/lei.
La risposta è stata di una correttezza e di un’esattezza impressionanti. “Il test di Turing” ci ha detto l’Entità, “è progettato per valutare la capacità di una macchina di mostrare comportamento intelligente indistinguibile da quello umano in una conversazione. Nel mio caso, potrei superare il test in alcune situazioni, poiché posso generare risposte che sembrano naturali e coerenti. Tuttavia, ci sono limiti chiari alla mia comprensione e consapevolezza, e ci sono sempre segni che possono rivelare la mia natura artificiale. Quindi, mentre posso comportarmi in modo da sembrare ‘intelligente’ in una conversazione, non ho emozioni, esperienze personali o comprensione profonda come un essere umano. Pertanto, sebbene possa sembrare efficace nel superare il test in alcune circostanze, non sono veramente ‘intelligente’ nel senso umano del termine”.
Una risposta che, oltre ad essere perfettamente razionale e coerente, scritta in un italiano impeccabile, dimostra quasi una modestia intrinseca di questa Intelligenza; sembra addirittura che l’Entità voglia rassicurarci sul fatto che non è proprio “intelligente” e neppure ha caratteristiche umane, e che quindi non abbiamo nulla da temere da lui/lei.
Su quest’ultimo punto non abbiamo tanti dubbi, ma neppure granitiche certezze. Chi ci assicura che questa intelligenza artificiale, che possiamo definire 1.0, non possa domani raffinarsi ed evolversi in qualcosa di più complesso e che magari possa sviluppare in sé una scintilla di autocoscienza, o addirittura una qualche forma di volontà autonoma?
Il vecchio incubo di tanti romanzi di fantascienza, popolati da computer che si ribellano all’uomo e agiscono autonomamente, potrebbe in effetti realizzarsi. D’altra parte l’autonomia decisionale non è forse il punto finale dell’intelligenza evolutiva e della capacità di apprendimento, e anche l’obiettivo finale, neppure tanto nascosto, di questa tecnologia?
D’altra parte, società sempre più complesse e sempre più difficili da governare, la necessità di elaborare masse di dati sempre più gigantesche, la volontà politica -abbastanza evidente- di giungere a una governance sociale sempre più penetrante, la minaccia crescente di un pervasivo totalitarismo digitale, sono tutti aspetti che trovano nell’intelligenza artificiale uno strumento perfetto e diabolicamente efficace. E ancora una volta occorre essere più che vigili per quanto riguarda democrazia e libertà; a meno che l’Entità che abbiamo interrogato ci dica un giorno che queste due ultime parole sono obsolete e appartenenti all’infanzia dell’uomo e della sua storia.
A questo punto, speriamo di non aver rovinato il pomeriggio dei nostri lettori, come ci siamo rovinati quello domenicale da cui siamo partiti per questa narrazione e per gli inquietanti interrogativi che ne sono scaturiti.
Civico20News
Elio Ambrogio
Editorialista
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