Politicanti e social fanno a gara nello sproloquiare banalità. Le conseguenze drammatiche che incombono sul Paese
E‘ trascorsa una settimana, dalle “forzate” dimissioni di Tavares dal vertice di Stellantis e mai sono stati scritti e pronunciati da parte di esponenti politici di primo piano e alimentati dai social, tanti luoghi comuni e ben lontani dalla drammaticità della situazione in cui l’Italia e Torino in particolare si troveranno a fare i conti.
Purtroppo, è stata ignorata la frase suicida contenuta nel primo comunicato diffuso dal Gruppo dal quale emerge che la scelta verso l’elettrico continua. Poi non valutando che Stellantis è una multinazionale con sede in Olanda, si sono sprecati per giorni ragionamenti senza senso sulla liceità del presunto importo del compenso riconosciuto in seguito all’interrotto mandato di Tavares, ignorando che il rapporto che lo legava al gruppo è regolato da contratti, codicilli e garanzie, non regolate dalle leggi italiane, ma dalla libera contrattazione tra le parti.
E’ invece sfuggito ai più, il notevole lasso di tempo che, come emerge dal comunicato aziendale intercorrerà per conoscere il nominativo del successore. Quando in Fiat regnava incontrastato l’Avvocato, era lui che sceglieva, decideva e annunciava. Qui, come risulta dal peso dei conferimenti societari, il presidente di Stellantis conta come il due di picche.
Così Elkann dovrà consultare gli azionisti di peso e la scelta definitiva, oltre a fondarsi (almeno si spera) sulle capacità intrinseche del designato, rifletterà le strategie che il gruppo intenderà intraprendere, orientandosi anche verso i mercati di riferimento, non solo Europei, ma mondiali.
Quindi la designazione non sarà breve e facile; la canea della farsa del processo, dinanzi al Parlamento, richiesto a gran voce da tutti i partiti, sostanzialmente per soddisfare ripicche partitiche e regolamento di conti, dovrà attendere.
John Elkann ha respinto al mittente la convocazione disposta da un imbarazzato Gusmeroli e vorrà prima incassare il più possibile da quel che potrà ricavarne dall’incontro già programmato con il Governo, senza forse essere in possesso di indicazioni operative precise.
Cosa si deve imputare a Tavares, oltre alla supponenza ed all’oltraggio perpetrato verso il governo e il Parlamento?
Tavares, senza badare al mercato, ha abbracciato la causa green, in sintonia con le pervasive politiche di cosiddetta transizione ecologica elaborate e promosse dalla Commissione europea, estese alla produzione di automobili. Le terrificanti disposizioni impongono, a partire dal 2035, di introdurre sul mercato unicamente veicoli a “emissioni zero”. In breve, quell’anno – in assenza di revisioni – segnerà la fine del commercio di motori endotermici e il passaggio definitivo all’elettrico.
Questa folle decisione che comporta la conversione delle linee per il nuovo tipo di produzione richiesto da Bruxelles, non solo mette sul lastrico 70000 lavoratori in gran parte dipendenti da aziende dell’indotto, ma necessita di lunghi tempi di adattamento, oltre ad essere difficilmente sostenibile sul piano della concorrenza.
Implica piuttosto la dispersione di un patrimonio inestimabile di conoscenze ed esperienze, richiede alla manodopera un know-how che non si improvvisa, si scontra con gli ingenti costi delle materie prime. Scegliere la strada verde significa, di fatto, consegnare il primato di settore alla Cina. Questa è stata da parte dell’Ue la scelta ideologica che reca un colpo mortale all’economia dell’Occidente.
L’Associazione dei Costruttori Europei di Automobili (ACEA), principale organizzazione europea di categoria rappresentata da Luca de Meo (amministratore delegato di Renault), si concentrò sulle conseguenze nefaste per aziende e lavoratori. Secondo de Meo, così stando le cose, non vi sarebbe stata «altra scelta se non quella di tagliare significativamente la produzione, il che metterà a repentaglio milioni di posti di lavoro, danneggerà i consumatori e avrà un impatto negativo sulla competitività e sulla sicurezza economica dell’Ue». L’Associazione si è perciò impegnata in un confronto con le istituzioni europee per ottenere, quantomeno, un rinvio dell’applicazione delle nuove regole.
Ma il visionario Tavares per Stellantis, con l’assenso di Elkann che se ne sbatte delle conseguenze occupazionali, ha esercitato il recesso dall’Associazione sin dal 2022, proprio a causa delle diverse vedute sulle strategie da adottare. Per Tavares, infatti, «sarebbe surreale cambiare le regole adesso. Tutti conoscono le regole da molto tempo, tutti hanno avuto il tempo di prepararsi e quindi ora si corre».
Le altre scelte sciagurate di Tavares hanno privato il gruppo della Marelli, di altre società minori e in fase già avviata della Comau.
Percorsi folli con l’adozione di una politica commerciale ove all’aumento dei prezzi si è aggiunto il taglio dei supporti commerciali e di assistenza al cliente e la minor dotazione delle auto.
Così lo scorso settembre Stellantis, per non aver considerando le indicazioni del mercato, ha annunciato la sospensione della produzione della versione elettrica della 500, prevista nello stabilimento di Mirafiori, a causa della «persistente situazione di incertezza nelle vendite di vetture elettriche in svariati mercati europei che rappresentano il 97% della produzione di Mirafiori e di vetture del settore del lusso in alcuni paesi extraeuropei come Cina e Stati Uniti».
Il gruppo, invece di ammettere di aver imboccato un vicolo cieco, decide di ricorrere alla cassa integrazione e invoca nuovi incentivi pubblici, suscitando una giusta riprovazione generale, anche considerato che dal 2016 l’azienda ha ottenuto la considerevole cifra di circa 100 milioni di euro in aiuti di Stato.
La cocciutaggine di Tavares non ha mutato direzione, nè rivisto gli investimenti e studiato un nuovo piano industriale. L’amministratore delegato ha privilegiato invece politiche di taglio dei costi. L’occupazione in Stellantis, negli anni, si riduce di oltre 47.000 dipendenti su un totale di 242.000, mentre si profila lo spettro della delocalizzazione di parti di attività all’estero, ma ha reso felice il clan degli Agnelli e gli azionisti, con lauti dividendi a spese dello Stato.
Chi pagherà a breve le scelte folli di Stellantis? In primis i lavoratori, anche dell’indotto, per i quali si apriranno nuovi periodi di cassa integrazione e, nei casi peggiori, procedure di esubero di personale. Con ogni probabilità il governo sarà costretto a varare provvedimenti normativi ad hoc a sostegno del reddito dei dipendenti come la cassa in deroga, finanziata con le tasse degli italiani.
La consapevolezza della follia determinata dalle politiche ambientali ideologiche, pare stia coinvolgendo finalmente l’UE, anche grazie alle spinte del governo italiano, della Confindustria e al ravvedimento del PPI. In Europa, nei fatti, oltre al cambio di maggioranza, si stanno archiviando le scelte criminali del passato. Quindi, via allo studio dei carburanti alternativi, allontanamento dell’esclusività dell’elettrico e congelamento delle sanzioni prevista dal 2025 a carico dei costruttori di auto che continuano a produrre e commercializzare auto con motori endotermici. Attendiamo comunque la conferma formale.
A differenza di quel che è successo in altri Paesi, e principalmente negli Stati Uniti e in Francia, in questi anni il sindacato italiano, ha sempre e solo approvato l’intervento della cassa integrazione guadagni, oneroso per lo Stato, ma non ha mai messo in discussione le deleterie scelte ambientaliste e di riduzione degli asset produttivi messe in opera da Tavares a scapito dell’occupazione.
Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, ha portato 500.000 persone in piazza venerdì 29 novembre contro il governo, indetto uno sciopero generale e promosso numerose proteste contro le politiche del governo Meloni. Eppure, mai una parola è stata spesa contro Stellantis, nonostante la crisi profonda che colpisce lavoratori e stabilimenti italiani.
Il contrario di quel che avveniva contro il piano industriale, ideato dall’allora amministratore delegato Sergio Marchionne a difesa della produzione in Italia. In contrasto al conflitto sollevato dal sindacato metalmeccanico Fiom-Cgil, guidato all’epoca già da Maurizio Landini, con il suo compare torinese, l’irresponsabile Airaudo, l’azienda fu costretta a trasferire lavorazioni da Mirafiori alla Serbia. Queste sono le prodezze che FIOM e CGIL escogitano contro i lavoratori e l’occupazione!
La tattica di Landini è vilmente interessata, perchè Il gruppo editoriale Gedi, proprietario di testate come La Repubblica e La Stampa, garantisce al segretario della CGIL ampia visibilità mediatica e cavalca tutte le sue battaglie antigovernative, anche l’ultima, chiaramente definita dall’interessato “rivolta sociale”. Questa dinamica solleva interrogativi sulla reale indipendenza delle critiche sindacali e sul perché Stellantis, nonostante il suo ruolo centrale nella crisi industriale italiana, venga spesso lasciata ai margini del dibattito pubblico, senza che Cgil e Uil si lamentino minimamente della disinvoltura con cui quel gruppo automobilistico smantella stabilimenti, lascia a casa migliaia di lavoratori e delocalizza le sue attività.
Quale realtà ci troviamo di fronte?
Il declino dei marchi italiani, la desertificazione degli stabilimenti e, soprattutto l’assenza di una visione chiara per il futuro dell’automobile nel nostro Paese. Sono segnali preoccupanti. Come reagiranno i nostri politicanti che vanno a braccetto dei sindacati, pronti a demolire l’Esecutivo, ma lontani dalla difesa dei posti di lavoro e fumosi dinanzi alle questioni cruciali per il sistema produttivo italiano?
Stellantis rappresenta oggi una ferita aperta per l’Italia. Solamente la presentazione da parte di Elkann di un piano industriale di sviluppo che privilegi l’Italia e Mirafiori in particolare, senza la subordinazione a finanziamenti governativi a fondo perduto e privi di riscontro, risulta indifferibile per avviare ragionamenti concreti e positivi.
Altrimenti si persevera sulla scia di promesse non mantenute, con le conseguenze giù ampiamente descritte e vissute. Le prossime settimane potrebbero essere decisive.
Articolo di straordinaria lucidità e concretezza. È molto apprezzabile la capacità di affrontare una tematica così delicata senza timori reverenziali e con chiara analisi obbiettiva.
Le scelte ideologiche drll’Europa appoggiando i verdi ci stanno portando al disastro. Cone diceva Marchionne sarebbe srato giusto perseguire la strada di carburanti alternativi come l’idrogeno. Nessuno ha capito, Tavares in primis, che continuare sulla strada dell’elettrico sarebbe stato totalmente sbagliato. Troppo costose le auto (infatti non le compra nessuno o quasi.) Complicata la ricarica. Dove di posizioneranno milioni di colonnine. Inoltre il consumo elettrico andrebbe alle stelle. Come sopportare una tale produzione? Se l’Europa non cambia
in tempo una simile decisione verrà distrutta non solo l’industria dell’auto ma tutto il sistema è diventeremo totalmente dipendenti dalla Cina. Una vera tragedia per il nostro continente.
Le scelte ideologiche drll’Europa appoggiando i verdi ci stanno portando al disastro. Cone diceva Marchionne sarebbe srato giusto perseguire la strada di carburanti alternativi come l’idrogeno. Nessuno ha capito, Tavares in primis, che continuare sulla strada dell’elettrico sarebbe stato totalmente sbagliato. Troppo costose le auto (infatti non le compra nessuno o quasi.) Complicata la ricarica. Dove di posizioneranno milioni di colonnine. Inoltre il consumo elettrico andrebbe alle stelle. Come sopportare una tale produzione? Se l’Europa non cambia
in tempo una simile decisione verrà distrutta non solo l’industria dell’auto ma tutto il sistema è diventeremo totalmente dipendenti dalla Cina. Una vera tragedia per il nostro continente.