FACTFULNESS (fattualità).
Nell’anno 2018 venne pubblicato postumo il libro “Factfulness” del medico svedese Hans Rosling nel quale, in collaborazione con suo figlio Ola e sua nuora Anna, fa uno spaccato della situazione in cui versava il mondo di allora, arrivando alla conclusione, supportata da gran dovizia di dati, che le cose andavano decisamente meglio di quanto generalmente si pensasse.
In seguito il pianeta è stato messo sottosopra a causa dei fatti a tutti noti. Da allora, a sentire quanto viene diffuso a senso unico, sia dagli organi d’informazione ufficiali, che da quelli della cosiddetta “controinformazione”, si sarebbe indotti a temere che il mondo umano si sia spinto oggi fin sull’orlo della sua autoestinzione.
Forse sarà anche così, il futuro ne sarà foriero. Purtuttavia, senza voler minimizzare la serietà e gravità degli avvenimenti che ci stanno venendo descritti, con quale grado di obiettività e buonafede non ci è possibile valutare, vien da chiedersi se le circostanze rappresentate nel succitato libro abbiano smesso di esistere oppure se oggi non ve ne siano altrettante, se non forse addirittura di più, in cui si ravvedano ancora i segni distintivi di un’umanità in progresso, positiva e creativa.
In altre parole, il cammino dell’essere umano al giorno d’oggi sta andando avanti solo ed unicamente in forma così degenerativa oppure continuano a verificarsi nel mondo episodi virtuosi?
Determinando, sulla spinta di questa riflessione, d’andare alla ricerca di notizie edificanti dal mondo, ci s’imbatte in effetti in esempi confortanti. Ne cito qui di seguito giusto alcuni, incontrati leggendo qua e là nel web:
Il Malawi ha sfruttato al limite le sue risorse, destinando il 20% del suo budget all’istruzione. L’istruzione primaria è gratuita in Malawi e la maggior parte dei bambini riesce a frequentarla, ma poi tende ad abbandonarla. Mantenere le ragazze a scuola è uno dei modi migliori per porre fine ai matrimoni precoci e alle gravidanze precoci: ogni anno di istruzione secondaria può ridurre la probabilità di sposarsi da bambine o di avere un primo figlio prima dei 18 anni in media del 6% (fonte: https://international-partnerships.ec.europa.eu/news-and-events/stories/malawi-keeping-girls-school-secure-their-future_en).
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L’Indonesia dichiara che mezzo milione di acri di piantagioni di palma saranno riconvertiti in foreste. Il governo vuole ripristinarli dopo che le aziende non autorizzate avranno pagato le sanzioni, ha dichiarato il segretario generale del ministero forestale Bambang Hendroyono ai giornalisti a Giacarta, aggiungendo che questo farà parte degli sforzi del governo per mitigare il cambiamento climatico (fonte: https://www.goodnewsnetwork.org/indonesia-says-a-half-million-acres-of-palm-plantations-will-be-turned-back-into-forests/).
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In Italia, una scuola unica nel suo genere vede i palestinesi diplomarsi accanto agli israeliani, gli americani di origine tribale accanto a quelli di origine europea e i musulmani bosniaci accanto ai serbi ortodossi, il tutto in nome della creazione di una generazione di costruttori di pace interreligiosi. La scuola ospita studenti agli estremi opposti di un conflitto violento: insegnare la riconciliazione piuttosto che la vendetta. La Cittadella della Pace “Rondine” (https://rondine.org/), situata in un campus medievale sulle colline toscane vicino alla città di Arezzo, offre una varietà di programmi di istruzione superiore e di titoli di studio, ma ha una particolarità: i futuri studenti devono convivere con il “nemico”, sia esso appartenente a un gruppo etnico nazionale o a una nazione vicina, il tutto in nome della decostruzione delle ragioni alla base dell’odio e del conflitto, della rottura della soggezione di vedere le persone come “l’altro” e del ritorno alle loro nazioni come leader di pace (fonte:https://www.goodnewsnetwork.org/school-hosts-students-on-opposite-ends-of-violent-conflict-teaching-reconciliation-over-revenge/).
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Da 20 anni, la West-Eastern Divan Orchestra è una presenza significativa nel mondo della musica internazionale. Nel 1999, Daniel Barenboim e il defunto studioso di letteratura palestinese Edward W. Said crearono un laboratorio per giovani musicisti per promuovere la coesistenza e il dialogo interculturale. L’orchestra e il laboratorio prendono il nome dalla raccolta di poesie West-Eastern Divan di Johann Wolfgang von Goethe, un’opera centrale per lo sviluppo del concetto di cultura mondiale. Le prime sessioni di prova dell’orchestra si sono svolte a Weimar e a Chicago. Un numero uguale di musicisti israeliani e arabi costituisce la base dell’ensemble, insieme a membri provenienti da Turchia, Iran e Spagna. Si riuniscono ogni estate per le prove, seguite da un tour internazionale di concerti. Le origini del West-Eastern Divan risalgono alle conversazioni tra i suoi fondatori, Edward Said e Daniel Barenboim. Nel corso della loro grande amicizia, lo scrittore/studioso palestinese e il direttore d’orchestra/pianista israeliano hanno discusso idee sulla musica, sulla cultura e sull’umanità. Nei loro scambi, si sono resi conto dell’urgente necessità di un modo alternativo di affrontare il conflitto israelo-palestinese. L’opportunità di farlo si è presentata quando Barenboim e Said hanno avviato il primo workshop utilizzando la loro esperienza come modello. Questo si è evoluto nella West-Eastern Divan Orchestra che il pubblico mondiale conosce oggi (https://west-eastern-divan.org/).
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Il professor Peter Heck di 61 anni, dell’università di Trier, si è impegnato in un compito che la sera si porta a letto e con cui si sveglia la mattina. “Il progetto”, come lo chiama Heck, non intende solo dare un enorme contributo alla protezione del clima, ma anche rivoluzionare l’area economica nordafricana. Vuole rendere verdi 7.000 chilometri di deserto tra la Mauritania e il Mar Rosso. L’obiettivo: creare posti di lavoro per le persone nella regione e proteggere il clima, trasformando il Sahara in una cintura verde – e creare così una nuova area economica. I dettagli per sommi capi sono questi: turbine eoliche e parchi solari saranno costruiti sulla costa atlantica della Mauritania, che a loro volta forniranno elettricità per una serie di impianti di desalinizzazione dell’acqua di mare. L’acqua di mare desalinizzata viene convogliata nel deserto e gocciola tramite irrigazione a goccia sugli alberi che resistono bene alla siccità e ai terreni sabbiosi: eucalipto, Prosopis, Acacia, Casuarina Tamarisk o Jatropha. Il nome dell’idea del Prof. Heck è “Sahara Renaissance Project” o SAREP (fonte: https://www.focus.de/earth/report/alles-andere-funktioniert-nicht-der-deutsche-professor-der-die-sahara-in-einen-wald-verwandeln-will_id_225984352.html).
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Il palestinese Bassam Aramin (55) e l’israeliano Rami Elhanan (73) hanno un destino comune: entrambi sono membri del “Parents Circle”, un’organizzazione di sopravvissuti alle vittime del decennale conflitto in Medio Oriente. I due condividono un’insolita amicizia nata da una terribile esperienza comune: entrambi hanno perso una figlia nel conflitto mediorientale. Invece di odiarsi, ora lottano insieme per la pace (fonte: https://www.focus.de/perspektiven/das-hier-ist-kein-fussballspiel-beide-verloren-toechter-im-nahost-konflikt-jetzt-arbeiten-israeli-und-palaestinenser-fuer-frieden_id_240455502.html).
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Peyo è un cavallo nato nel 2005, vive in Francia e di professione non corre, ma vive della sua vocazione: curare le anime delle persone più fragili grazie alla sua straordinaria empatia. Dal 2016, accompagnato dal suo proprietario, quello che ormai è conosciuto in Francia come Dottor Peyo si reca tutte le settimane negli ospedali, dove rappresenta una terapia per chi, colpito da una malattia che non lascia scampo, sta per andarsene. La sua presenza, asseriscono i medici, arreca benefici ai pazienti: i malati terminali, dopo l’incontro con lui, riescono a diminuire gli ansiolitici, mentre chi soffre di Alzheimer riesce a recuperare temporaneamente la memoria (fonte: https://www.buonenotizie.it/misc/2023/09/26/dottor-peyo-un-cavallo-in-corsia-per-alleviare-la-sofferenza-dei-pazienti/carlotta-sganzerla/).
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Certamente questo breve elenco non può essere inteso come esaustivo, ma rappresenta alcuni esempi di azioni ed eventi edificanti accaduti recentemente nel mondo. A suggello del fatto che essi esistono e sono anche frequenti. Dovunque si perseguono alti ideali e dappertutto la vita è colma di eroismo.
Verrebbe allora da chiedersi: «Per quale ragione, invece, ci nutriamo regolarmente e volontariamente quasi esclusivamente di notizie allarmanti che generano in noi costantemente preoccupazione e angoscia?».
Espresso altrimenti: «Perché scegliamo di vivere di paura?».
Come osserva, ad esempio, il sociologo tedesco Max Weber (1864–1920), dalla paura nasce la vita associata come garanzia dai pericoli della vita, si accetta la sottomissione e l’accettazione del dominio, cioè la società politica.
La paura, infatti, non è solo una risposta istintiva agli stimoli che provengono dall’esterno, ma ha anche una importante componente sociale. Partendo dal presupposto che non è possibile eliminarla del tutto dalla condizione dell’essere umano, in quanto è un elemento fondamentale dell’animo, è evidente che l’individuo sarà disposto a fare e a rinunciare a molto, pur di trovare le basi che gli garantiscano protezione e sicurezza.
Gli esseri umani, infatti, decidono di riunirsi in collettività e di sottostare a determinate regole, accettando anche il fatto che qualcun’altro possa decidere per conto loro, proprio perché hanno paura. I cittadini, i sottoposti, i governati, hanno la garanzia di essere protetti da varie tipologie di minacce che sono per loro causa di paure, arrivando persino a rinunciare alla propria libertà. La paura, infatti, spinge gli uomini a frenare i loro istinti che mettono a rischio la sicurezza di ciascuno, ad autoimporsi dei limiti, ponendo come istanza primaria quella dell’autoconservazione.
Questo contribuisce a spiegare in gran parte la ragion per cui i mezzi d’informazione di massa veicolino unicamente notizie allarmanti. Lo devono fare per tenere alta la tensione, per generare paura.
Ma noi, esseri umani dotati d’intelletto, siamo davvero obbligati a conformarci pedissequamente a questa tendenza?
O ci si pongono delle alternative? Come ad esempio quella di decidere scientemente di nutrirci principalmente con quanto di nobile l’esistenza ci propone? Senza con questo disdegnare un’attenzione anche a fatti meno piacevoli, ma non per questo lasciandocene travolgere emotivamente.
Perché, quando ci preoccupiamo sempre di tutto, invece di abbracciare una visione del mondo obiettivamente basata sui fatti, perdiamo la capacità di dedicarci alle cose che davvero ci nutrono l’anima, in maniera da favorire un dialogo diretto tra essa e la nostra coscienza, cosa che darebbe senz’altro un senso profondo e duraturo al nostro fugace passaggio in questo mondo.
luca rosso