
Immagine creata da Fabio Mandaglio
Trump in smoking senza finezza verbale
Giovanni di Pagòlo Morelli, cronista fiorentino vissuto a cavallo tra il XIV e il XV secolo, tramanda che dopo la vittoria su Pisa del 1364 i prigionieri pisani in catene, innanzi ai fiorentini festanti, furono costretti, fra lazzi e ingiurie, a baciare il culo di un leone, figura presente come marzocco in molti emblemi della araldica nobiliare e stemma della Repubblica fiorentina. In questo gesto teatrale di volgare e riverente sottomissione all’orgoglio di quei popolani, non v’è chi non veda identici significati simbolici nelle parole di Donald Trump il quale, qualche settimana fa, nel corso di una cena molto elegante del National Republican Congressional Committee a Washington ha detto, parlando dei Paesi colpiti dai suoi dazi scandalosi, che molti vogliono fare accordi con lui e lo stanno chiamando per “baciargli il culo”, espressione che stona in quella cena di gala pur se, nello slang anglosassone, è d’uso comune per manifestare sdegnosamente disprezzo e disistima.
Il rito di iniziazione dei Templari si solennizzava con un bacio sull’osso sacro del Maestro. Questo li rese colpevoli di sodomia e si difesero asserendo che il bacio non era sul culo ma alla base della colonna vertebrale del Maestro sul primo chakra, sede della Kundalini, l’energia vitale, divina ed evolutiva dell’uomo. Furono però ugualmente condannati da Papa Clemente V per questo bacio considerato osceno e anche per eresia e idolatria mentre il re di Francia Filippo il Bello, per non restituire loro il prestito contratto per finanziare le sue guerre, ne faceva arrestare più di 500 all’alba di venerdì 13 ottobre del 1307 per cui, forse per questo, il 13 non porta buono di venerdì.
Per un altro aneddoto storico, la volgare espressione usata da Trump appare edulcorata, senza perdere molto della sua rozzezza. Tramanda infatti Goethe, in una sua tragedia, che nel ‘500 il cavaliere tedesco Gotz von Berlichingen avrebbe detto all’Imperatore: “Leck mich im Arsch” e non occorrono lezioni di lingua per tradurre la frase giacché il significato italiano di “Leck mich” è già nella sua pronuncia e non ci vuole molta fantasia per tradurre “Arsch”, restando attoniti per “im”, che non significa “mio” ma “nel”.
La frase piaceva tanto pure a Mozart, creatore di delizie musicali ma anche gaudente buontempone dal linguaggio colorito e scurrile, di cui danno atto alcune composizioni da lui create per diletto di certe goliardiche compagnie: i canoni K231 e K233, infatti, hanno titolo dai ritornelli destinati allo sghignazzo collettivo col loro “Leck mich im Arsch”.
Sempre sulle note, non classiche, ma del loro rock demenziale, i “Farinei de la brigna”, una band astigiana che già nel nome adombra i contenuti spudorati dei propri pezzi, da una trentina d’anni continua a infiammare le balere anche con “Basme ‘l cul Giuana… assème a Monica”, sollecitando brindisi che mettono talvolta al bando il tradizionale “cin cin”. Infatti, se al tavolo siede un boss col bicchiere in mano a braccio teso, non è raro vedere che gli altri, ad uno ad uno, coi bordi dei propri bicchieri sfiorano il fondo di quello del maggiorente, con silenzioso, formale e breve inchino, rispondendo così al suo invito, che aveva il tono dell’ordine: “basme ‘l cul”.
Insomma, ogni mondo è paese: certi modi di dire pare siano globalizzanti e non stupisce quindi che molto si sia scritto e detto per tale volgarità, ma la forma del brindisi sostitutivo del “cin cin” porta ad alcune considerazioni. Questa emblematica rappresentazione dell’ossequio al boss e l’atteggiamento di superiorità di quest’ultimo, potrebbero consentire lunghe chiacchierate di contenuto politico, economico e sociale sulla vanteria di Trump, che oggi difficilmente sarebbe ripetuta. Infatti, la valutazione dei suoi primi 100 giorni di operato, alla luce delle premesse da lui ostentate con presuntuosa superiorità, è imbarazzante per la retromarcia delle misure sui dazi e su altri significativi provvedimenti.
Chi bacia, forse non ha altri mezzi per ottenere un favore dal baciato che, in certi contesti, consapevole del proprio potere, si era arrogato il diritto di pretendere l’ossequio. Potrebbe anche verificarsi il caso di un maggiorente, capo di fatto ma di scarsa autorità, che potrebbe essere facilmente abbindolato da un bacio di forma, non di sostanza, e questo sposta l’ago della bilancia a favore di chi bacia, il quale chiede e ottiene quel che vuole, approfittando della dabbenaggine del baciato, che di quel bacio fa comunque il suo osanna, stupidamente. Il dominio di capi facilmente manipolabili è sempre sull’orlo della capitolazione. Il loro potere è invece saldamente nel proprio pugno quando il bacio gli viene dalla supplica di chi, imbrigliato ormai senza uscita dalla rete dell’efficace manipolatore, non ha altri santi cui rivolgersi.
A proposito di santi, nel mondo a loro più vicino, ricorre talvolta la espressione: “baciare la pantofola”, in segno di devozione nei riguardi di autorità religiose, cui spesso si ricorre anche per lenire ambasce pubbliche. Alcuni lo dicono pure in segno di rispetto per autorità civili, ma questo esagerato sdolcinamento non coglie quasi mai nel segno il bersaglio che va colpito e “baciare il culo”, quando ci vuole, ci vuole, avendo ormai da tempo sdoganato anche “cazzo” in TV, in prima serata e anche prima.
Si vales, vàleo.
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1 thought on “Osceni baci per dazi osceni”