
Immagine da commons.wikimedia.org, 21.06.2023 - Presidente da República, Luiz Inácio Lula da Silva, durante encontro com o Presidente da República Italiana, Sergio Mattarella Palazzo Quirinale, Roma - Itália. Foto: Ricardo Stuckert/PR
Papa Francesco non è piaciuto a tutti
“Vere Papa mortuus est” annuncia il Camerlengo di santa romana Chiesa la mattina del 21 aprile dell’anno giubilare 2025, avendo constatato la morte di Papa Francesco. Secondo l’Annuario pontificio, era Vicario di Gesù Cristo, Sommo Pontefice della Chiesa Universale, Successore del Principe degli Apostoli, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, Primate d’Italia, Vescovo di Roma, Arcivescovo Metropolita della Provincia Romana, Servo dei Servi di Dio, Patriarca d’Occidente; eppure Francesco, unico Papa sino ad oggi con questo nome, scelto da lui per devozione al Santo d’Assisi, simbolo di povertà e di attenzione agli ultimi, il 9 aprile scorso era comparso in San Pietro non in abbigliamento pontificale sul trono mobile d’una sedia gestatoria ma sulla sedia a rotelle dei disabili in abiti comuni, un “poncho” addosso, avendo così rinunciato, ancora una volta, ad ogni segno delle sue tante dignità papali.
Chi per giorni aveva pianto quando era grave in ospedale riprende i fazzoletti, per asciugare lagrime nuove di più intensa commozione. Chi per anni, invece, ne aveva coltivato velate disistime, versa “lacrime di coccodrillo” mostrando ipocrita compassione. Chi non nutre rispetto alcuno per lui neanche da morto palesa, finalmente, irriverente contentezza. Sì, perché non è piaciuto a tutti.
Papa Francesco ha gettato infatti, nel quotidiano, manciate di semi a profusione: alcuni hanno dato fiori dalla bellezza condivisa; altri sono stati recisi ed estirpati al primo spuntare per insipienza personale; altri inoltre non sono ancora germogliati. Servirà la Storia a dar significato alla Cronaca dei suoi ultimi 12 anni di vita da Papa nella pompa del Palazzo apostolico solo per le ambasce istituzionali, vissuti invece come ospite nella accoglienza domestica alberghiera di Santa Marta all’interno della Città del Vaticano. Segno anche questo del suo distacco dagli indici del ruolo e in linea con gli aspetti che hanno in qualche modo umanizzato il suo operato, forse fin troppo a giudizio di certi analisti come pure di alcuni esteti della forma, nel suo seguito di sfarzosi in abiti cardinalizi con croci vistose addosso, troppo pesanti ma sopportate solo perché d’oro massiccio.
Uomo da Papa, Papa da uomo, fattore d’un papato più trasparente e accessibile, vicino a quelli che non contano, che sono i tanti di cui si è perduto il conto, migranti e rifugiati, disabili e carcerati, poveri in canne ma non di spirito: scarti della società. Con loro, come pure con i grandi del mondo, ha usato sempre parole semplici anche con mezzi di comunicazione tecnicamente complicati. La facile diffusione informatica dei social ha portato la sua paterna figura benedicente nei sontuosi palazzi del potere come nelle plaghe dei senza tetto, nelle piazze in fermento come negli ospedali rabberciati tra le macerie di guerre combattute senza un perché. E ai cristiani, ai musulmani e a tutti gli altri credenti, ognuno in un Dio proprio, la sua voce, intanto, parlava di fratellanza; di fratellanza e di pace; e forse nessuno, come lui, si è speso tanto per l’accoglienza e la pace.
Il giorno di Pasquetta, che segue la domenica della Pasqua di Resurrezione, la Chiesa ricorda il Lunedì dell’Angelo. In quel giorno lontano, di primo mattino, le pie donne si recarono al sepolcro per le ultime attenzioni alla cara salma e lì infatti un Angelo messaggero annunciò che Cristo non c’era più perché era risorto. A metà mattina di questo Lunedì dell’Angelo, il Cardinale Camerlengo Kevin Josef Farrel ha annunciato al mondo che Papa Francesco era morto qualche ora prima. Dopo il lungo ricovero ospedaliero, quest’esito funesto sembrava rimandato a più tardi, ma ancora una volta quel Bergoglio spesso imprevedibile aveva scombinato le aspettative, inducendo però a meditare sulla portata di certi simboli, che potranno appassionare i suoi biografi: un sepolcro vuoto perché il Figlio era tornato al Padre suo a missione compiuta; una sede vacante perché il Vicario di quel Figlio era stato chiamato dal Padre di tutti a rendergli conto della sua missione sua.
Questo, proprio nel giorno in cui cattolici e ortodossi, forse non per caso, festeggiavano insieme la loro Pasqua per una occasionale coincidenza di date dei loro diversi calendari religiosi. Ricorreva per altro, quel giorno, anche il Natale di Roma, quello storico 21 aprile del 753 avanti Cristo da cui presero a contare gli anni “ab urbe condita” i nostri padri, i quali lasciarono un oculo, un buco rotondo, sul tetto del Panteon perché il raggio dei Soli di quel giorno, negli anni a venire, potesse saettare la soglia del maestoso tempio e aprire al mondo, dove passavano gli imperatori, quel portone, di bronzo come le porte aperte da Francesco perché potessero passarvi tutti, in questo anno giubilare, da lui fortemente voluto nel segno della speranza, lasciata ai posteri in eredità, per un mondo migliore.
Si vales, vàleo.
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