
Immagine creata da Fabio Mandaglio
Soffiano venticelli di guerra
La paura d’una guerra alle porte, come la calunnia che don Basilio spiega a don Bartolo nel Barbiere di Siviglia di Rossini, è un venticello che “piano piano terra terra / va scorrendo va ronzando nelle orecchie della gente / S’introduce destramente / e le teste ed i cervelli / fa stordire, fa gonfiar / Prende forza a poco a poco / va fischiando brontolando / e ti fa d’orror gelar”.
Pe rendere condiviso ciò che in partenza non è accettabile, basta infatti continuare a (s)parlarne e finirà che tanti finiranno per crederci, trovando comoda, per altro, la condivisione nel gregge. Viviamo, questo è vero, in un contesto di tensioni geopolitiche in qualche modo preoccupanti, soffiano venticelli di guerra e mancano, purtroppo, parole e provvedimenti rassicuranti.
Sullo sfondo dei disastri bellici che funestano spazi ampi e orizzonti diversi, tra le minacce putiniane di non proprio velato ricorso alle armi nucleari e lo sconquasso dei dazi trumpiani, coloro che contano avendo nelle proprie mani i destini di chi li ha posti negli scranni del potere innanzitutto politico, forse con molta leggerezza si lasciano andare, nel tono e nelle parole, agitando sotto il vessillo dell’Europa Unita la paura di una guerra alle porte. Ma è proprio concreta questa paura o c’è molto dello spirito guerriero delle amazzoni d’un tempo in Ursula vonder Lyen, in Hadja Lahbib, Roberta Metsola e Kaja Kallas?
La prima, l’algida valchiria Presidente della Commissione europea, ha aperto le danze col “ReArm Europe” perché “viviamo in tempi pericolosi, la nostra sicurezza è minacciata in modo serio” ed ha subito dopo cambiato la sua musica, conscia del ritmo di troppo allarme, precisando quindi che occorre aumentare le difese per essere pronti entro cinque anni; i partener del suo consesso balleranno quindi un “Readiness 2030” per dare all’Europa le capacità necessarie a fronteggiare un attacco della Russia contro uno Stato membro dell’Ue o della Nato.
Hadja Lahbib, commissaria europea per l’uguaglianza, la preparazione e la gestione delle crisi, forte del suo ruolo, ha prontamente caldeggiato la dotazione individuale di un kit di sopravvivenza per essere autosufficienti per 72 ore, in caso di crisi. Cause di crisi possono essere ad esempio le pandemie tipo Covid, di cui non tutto è ancora terminato; le emergenze naturali come i terremoti, che hanno squassato di recente il Myanmar; gli attacchi terroristici tipo quelli che hanno buttato giù le torri gemelle a New York; le guerre, come quelle che, più d’ogni altra crisi, forse giustificherebbero un kit di sopravvivenza e certo non c’è chi non abbia pensato veramente a doversene procurare uno, parendogli che il venticello di guerra stesse rinforzando coi mantici del potere.
Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, ha detto che la paura si sconfigge preparandosi e quindi per proteggere le persone occorre rafforzare l’economia e trovare modi per andare avanti verso la pace.
Kaia Kallas Vicepresidente della Commissione europea, ha detto che non dovremmo parlare della minaccia russa perché fa paura alla gente. Ha aggiunto, però, che per i servizi segreti dei Paesi membri questa voce sarebbe vera. Già, la si mormora da tempo in modo sommesso e sedizioso. Per questo abbiamo motivo di credere che, come la calunnia, cantata anche da Edoardo Bennato una decina di anni fa nel trentennale della scarcerazione di Enzo Tortora, sia anch’essa venticello di falsità.
Si valeas, vàleo.
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