
Roberto Gremmo nel suo nuovo libro evoca vicende che indignano coloro che si richiamano ai valori di giustizia e libertà della Resistenza e non devono essere nascoste
Il nuovo libro di Roberto Gremmo intitolato “I partigiani vercellesi e il sangue dei vinti” (Botalla, 2025) solleva importanti questioni morali e storiche riguardanti la violenza e le vendette post-belliche commesse dai partigiani italiani nel periodo immediatamente successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Descrive una realtà tragica, quella della vendetta che si abbatté su fascisti e presunti tali, ma anche su innocenti, durante le settimane che seguirono l’ingresso dei partigiani in città nel 1945. Gremmo non si limita a raccontare eventi drammatici, ma cerca anche di metterne in evidenza l’ambiguità morale. Mentre molti degli atti di violenza possono essere giustificati dalla lotta contro il fascismo e la volontà di porre fine alla dittatura, il brano solleva una questione difficile: quanto è giustificabile la violenza nel nome della giustizia e della liberazione?
Una delle critiche principali nel testo riguarda l’immunità percepita dai partigiani che, grazie alla complicità di alcuni comandanti, sembrano aver agito con una sorta di “licenza di uccidere”, approfittando della situazione di caos e dell’assenza di controllo giuridico. Le descrizioni di saccheggi, torture, e omicidi vengono presentate senza alcuna giustificazione morale, ma anche con il tentativo di non nascondere i fatti, sottolineando la necessità di fare i conti con questi episodi, nonostante l’indignazione che possano suscitare.
Il libro, che si basa su documenti archivistici inediti, cerca di raccontare una storia che, per quanto spiacevole e dolorosa, fa parte della realtà storica di molte città italiane, tra cui Vercelli. L’autore, pur essendo un sostenitore dei valori della Resistenza, si confronta con l’aspetto più oscuro e controverso di quella lotta, portando alla luce le violenze e le esecuzioni sommarie che segnano una “seconda ondata” di giustizia che, paradossalmente, ripropone comportamenti totalitari simili a quelli del fascismo che si voleva abbattere.
In un’epoca in cui spesso la narrazione storica tende a semplificare gli eventi, Gremmo si distingue per l’onestà nel trattare temi dolorosi e difficili, sollecitando una riflessione più profonda e critica sui temi della vendetta, della giustizia e della libertà. Il suo approccio non è solo quello di denunciare ma anche quello di spingere il lettore a interrogarsi su quanto il “giusto” possa diventare “ingiustizia” quando perde la misura e sfocia in una spirale di violenza senza fine.
In sintesi, questo scritto ci invita a non dimenticare che anche le azioni dei vincitori possono essere segnate da violenze che non possono essere giustificate semplicemente dalla causa per cui si combatte. La Resistenza, pur rappresentando un valore fondamentale nella storia italiana, ha visto anche momenti bui che non vanno minimizzati o ignorati. La critica di Gremmo, quindi, non è tanto contro la Resistenza in sé, ma contro il fatto che, come ogni guerra, essa ha portato con sé anche un lato oscuro e disumano, che merita di essere raccontato e riconosciuto.
ROBERTO GREMMO
I PARTIGIANI VERCELLESI E IL SANGUE DEI VINTI
Dal delitto dell’Isola alla strage dell’Ospedale Psichiatrico
Botalla, Gaglianico (Biella), 2025, pp. 208.
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Un grandissimo autore che conoscevo di fama.tenetevelo stretto, in riva d’Arno noi non abbiamo più nessuno