Una scorribanda tra un dialetto ormai dedicato a pochi, i quali hanno l’obbligo di commentarlo e di condividerlo
Sono alcuni anni che da nostalgico uomo di una certa età, quando mi imbatto in certe bestialità partorite dalla razza umana e divulgate dai social, quanto dalla stampa e dalla tv, mi si arriccia il cervello e la mente scappa verso un tempo ormai sepolto tra le pieghe… del tempo.
Essere nato negli anni dei “boomer” significa conservare nella memoria certi idiomi dialettali che sono affidati agli ultimi depositari di un periodo italico meno evoluto, ma più genuino e ottimista.
A Torino, il linguaggio piemontese non si parla più. Ma non solo, anche l’italiano è in caduta libera, ed è un vero peccato. Più la generazione si rinnova, meno i giovani si esprimono con dovizia descrittiva e forbita musicalità.
Di recente, sfoglio spesso la raccolta della rivista trimestrale Musicalbrandé che mio padre, cultore della lingua piemontese, mi lasciò in religioso commiato prima di intraprendere l’ultimo viaggio e recarsi al cospetto di “Nosgnor”.
In questo momento d’estate vorrei regalare alla curiosità di chi legge, questa lirica parziale riposta in piemontese, ricavata da un numero anni 70. È una sequenza di emozioni innescate dall’estate, dove la bellezza, il tempo che va e l’amore che ancora si rinnova, si intrecciano in un cantico descrittivo, quanto intervallato da una bizzarra punteggiatura.
Buona lettura, la traduzione viene dopo, leggerla adesso non vale!
L’AMOR A L’É N’AUTRA RÒBA
Tut an sorid. L’istà, le fior, el cel e ogni pi cita ròba. Daspertut, andoa noi giroma j’euj, as vëd spataré da na man generosa, ch’as ved nen, la spessie dla gòi. Tut a l’ha na lus neuva. E a smija che cola del sol a sparissa a la lus dij tò euj nèir.
L’istà an ciapa ij cheur con sò doss arciam. Nostra vita a la corma ‘d delissie e ‘d seugn. Noi, lì, i posoma tute le speranse desmentiand la vrità. Noi desmentioma ‘1 temp ch’a passa ‘n pressa.
L’istà a fioris. Fior ed sol an regala e fiordalis, papaver a baron, e, noi, tuti jambrassoma per avej tra le man soa blessa drua, per confondie con le fior ed sangh dla nostra gioventura. Con nostr amor.
li sens an ciapo drinta sò vërtigo. Nostr amor, it lo vëde, l’ha nen fin! Ma, adess, ch’a l’é furnì, l’é mach pi un muce de stùpide balasse, andoa le fior a son fior ed papé e la gòi l’é dventà la frisa “d fià ch a l’é restane.
Tut l’autr: una busia. L’amor l’é n’autra roba. Na roba pi bela. A l’é vorejse bin. It l’has ancóra nen capilo? Tut l’autr a l’é na busia dolorosa. Na busia: Pensé a mi. Na busia: Vive ‘d ti. Na busia grossa parej. A la malora! Che tut ël rest a vada a la malora!
BERTO LUIGI RONCO
Complimenti a chi ha provato. Io ho cercato di calarmi nella poliedrica dichiarazione da parte dell’autore, destreggiando lettura e traduzione di un’intima, descrittiva sfera interiore. È stato un salto all’indietro, in un tempo non troppo lontano, quando certi sentimenti semplici si raccontavano meglio in dialetto e oggi sono un patrimonio raro…
Traduzione per tutti, passibile di ogni correzione.
L’AMORE È UN’ALTRA COSA.
Tutto mi sorride. L’estate, i fiori, il cielo e ogni più piccola cosa. Ovunque giriamo l’occhio lo si vede sparso da una mano generosa, che non si vede, sono le spezie della gioia. Tutto ha una luce nuova. E sembra che quella del sole sparisca alla luce degli occhi neri tuoi.
L’estate ci prende i cuori con il suo dolce richiamo. La nostra vita colma di delizie e di sogni. Noi, lì posiamo tutte le speranze dimenticando la verità. Noi dimentichiamo il tempo che passa in fretta.
L’estate fiorisce. Fiori che il sole ci regala, e fiordalisi, papaveri “in quantità”, e noi, ci abbracciamo tutti per avere tra le mani la sua grande bellezza, e per confonderla con i fiori del sangue della nostra giovinezza. Con il nostro amore.
I sensi mi avvolgono nelle loro vertigini. Il nostro amore lo vede, non ha fine! Ma adesso che è “stanco”, è solo più un mucchio di stupide sciocchezze dove i fiori son fiori di carta e la gioia è diventata il briciolo di respiro che ci è rimasto.
Tutto il resto è una bugia. L’amore è un’altra cosa. Una cosa bella. È volersi bene, non lo hai ancora capito? Tutto il resto è una bugia dolorosa. Una bugia, pensate a me: vivere di te. Una bugia grande così. Alla malora! Che tutto il resto vada alla malora!
Piccole, grandi trepidazioni che si rinnovano tuttora, anche se non ci sono più “Le stagioni di una volta”. Spero che un tuffo nel dialetto sabaudo sia piaciuto e possa rinfrescare la mente anche di chi non parla il Piemontese… Ma allora, come scriverebbe una lirica-lettera d’amore come questa nel dialetto della propria regione? Noi spetuma na risposta!
E’ bello leggere qualcosa nella propria madre lingua ormai tristemente dimenticata.
È bello il piemontese..ma senza traduzione è così autentico..che non avrei afferrato i particolari …..grazi e Carlo👋👋👋👋
allora non c’erano le macchine fotografiche ma queste immagini evocate dalla lirica in dialetto hanno una forza superiore a tutti i pixel
Grassie Carlin !
Caro Carlo,
Ci impegni sempre! Comunque ho letto, secondo i tuoi ordini, la poesia in piemontese senza sbirciare la traduzione, e ho capito tutto. Nostalgia di estati giovani, di emozioni del cuore, di amori svaniti chissà dove…
Ma devo anche segnalare un errore (non per niente ero e rimango nell’animo una prof): ” la frisa d’fià ch a l’è restane” secondo me significa:” il briciolo di respiro che ci è rimasto”.
Non ho mai parlato piemontese, ma ci sono cresciuta :mia nonna parlava italiano solo con i nipoti, ma noi ascoltavano e abbiamo imparato!E passavamo l’estate in campagna.
Che poi dire piemontese è una generalizzazione: quante varietà di parlate, a seconda dei luoghi! Addirittura c’erano parole e modi di dire diversi in paesini che stavano a 5 km di distanza!
Come sempre, bravo Carlo e grazie!
Cara Laura, complimenti, correggo
Bello, educato. Peccato che solo più pochissimi siamo in grado di capirlo ed apprezzarlo e traducendo si perde il senso della sua raffinata magia.
Stupenda dichiarazione
Complimenti per la traduzione !!! complimentissimi !!!! Teniamo vive quelle che sono le nostre tradizioni e il nostro dialetto !!!!
Bravo Carlo,con questo articolo sono tornata indietro nel tempo in cui in casa mio padre parlava il torinese con i nonni e gli amici.