La paura dell’olocausto nucleare a sessant’anni dalla Crisi di Cuba analizzata tramite una storica percezione della settima arte
Era il 1962 e il mondo, al culmine della guerra fredda, era andato a un passo dall’olocausto nucleare in seguito alla crisi dei missili di Cuba. È nell’ottobre di quell’anno che, dopo una sequenza di fatti antecedenti, un ricognitore americano Lockheed fotografava rampe di lancio per missili nucleari russi a medio raggio R 12 e R 14 allestiti sulle coste cubane. I missili, una volta istallati e in grado di colpire gran parte degli Stati Uniti, erano in arrivo su navi russe, intercettate al largo delle Bahamas dal blocco navale della flotta USA.
La crisi dei missili di Cuba fu poi gestita da una fitta diplomazia e da due leader coscienti dello spessore della posta in gioco. Da una parte quel John Fitzgerald Kennedy che oggi più che mai offusca le patetiche figure dell’attuale, pietosa corsa alla Casa Bianca da parte di due cariatidi fuori di testa. Dall’altra Nikita Krusciov, di origine contadina, leader ispirato da quel prudente, aggressivo vittimismo russo, parzialmente giustificato, capace di comprendere quando e come fare dietro-front senza perdere la faccia.
Come sono andate le cose fino ad oggi lo sappiamo. Dopo la perestrojka, poco è cambiato, ma gradatamente il nuovo zar Vladimir Putin, valutata la fragilità delle democrazie litigiose e decadenti, ha piazzato una spallata alla credibilità della Nato, quasi presa alla sprovvista dall’invasione dell’Ucraina. Stessa sorpresa restituita al dittatore russo dalla strenua resistenza degli aggrediti. Quella che era una operazione speciale, si è trasformata in una aberrante carneficina anche per l’aggressore, e solo oggi, dal Cremlino viene definita guerra.
Vladimir Putin accusa l’Occidente del proprio fallimento. L’attentato a Mosca, nonostante la rivendicazione dell’Isis, sembra una benedizione quasi fatta apposta per puntare il dito contro l’Ucraina, e l’unico Zar, eletto a plebiscito popolare per il quinto mandato, torna a minacciare l’impiego dell’arma nucleare.
Parole da perdente indispettito perché in teoria, quando faceva parte dell’Urss, la sola Ucraina era “la terza potenza nucleare del mondo”, fino al 1994, disarmata dopo il memorandum di Budapest, quando Kiev ottenne garanzie da parte della Russia e degli altri firmatari, circa la propria sicurezza e sovranità territoriale.
Putin ha tradito il patto e ha attaccato una nazione privata della dissuasione nucleare, ma la resistenza nel conflitto convenzionale ha risvegliato aria di Guerra Mondiale.
È uno spettro che ci struscia addosso, gestito dalle mani di un altro dittatore nato quasi per caso, oggi mitomane pingue di se stesso, che deciderà le sorti del mondo. Ed è proprio quel lato oscuro e psicopatico delle menti bellicose che, dopo la crisi dei missili di Cuba, nel 1964 ha ispirato un capolavoro del cinema che irride le smargiasse mentalità demenziali che gestiscono i destini dell’umanità, sottolineandone le realistiche idiozie con tagliente, geniale catastrofismo.
Il dottor Stranamore, è un celebre film ispirato dall’omonimo romanzo di fantapolitica del 1958, dello scrittore gallese Peter George, già navigatore della Air Force nella II Guerra Mondiale
La pellicola è diretta da un giovane Stanley Kubrick e un poliedrico Peter Sellers copre il ruolo dei tre protagonisti di uno scenario grottesco: una cascata di deliranti pretesti militari da parte di ufficiali americani ebbri di guerra anticomunista, spedisce uno squadrone di bombardieri B 52 su obiettivi sovietici. L’intervento dei due capi di Stato, messi al corrente della terribile situazione non riuscirà a fermare l’olocausto nucleare nelle mani di un inarrestabile esplosivo definito ordigno della fine del mondo che cancellerà ogni forma di vita sulla terra per 93 anni.
La pellicola è considerata uno dei migliori film satirici di sempre; commedia thriller capace di esporre in modo mirabile il rischio e il terrore della guerra atomica. Notevoli gli interni della base americana e le manovre elusive del bombardiere, fino alla grottesca fine del pilota che cade sul bersaglio a cavallo della bomba. Da antologia il finale nella base Usa, dove i militari e i politici pianificano per dare un seguito alla razza umana rintanata in rifugi insieme a donne bellissime.
Fino a un paio di anni fa la mitica pellicola poteva essere assaporata con spirito critico e artistico, ma con scampata volubilità, monito pungente e traccia di tempi destinati a non ripetersi più.
Oggi invece, il film ripropone un amaro scenario sul quale meditare, dichiarato sul resto del titolo…. Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, perché le minacce di Vladimir Putin non provengono da un clima di guerra fredda, ma da un conflitto in atto dal 2014, giunto al momento caldo e critico. La storia ci insegna che l’escalation è una prassi quasi automatica e un diabolico dottor “Stranamore” si reincarna e con una nuova guerra torna a reclamare la sua sovranità sul mondo.
Se nel 1962 il mondo aveva tirato un sospiro di sollievo, anche grazie allo spessore di due antagonisti quali Kennedy e Krusciov, e il dottor Stranamore è stato uno specchio destinato a entrambe le parti, oggi lo scenario non lascia spazio ad alcun sarcasmo. La figura dominante, Vladimir Putin, non ha nessun interlocutore, anzi. Corea del Nord, Cina e India osservano con favore le discrepanze dell’Occidente, impaurito e balbettante.
Sono passati sessant’anni dalla crisi di Cuba e gli armamenti si sono evoluti. I missili strategici “fine del mondo” sono stati affiancati dalle armi nucleari tattiche, con potenza inferiore o pari al kilotone (1000 ton di TNT), da 500 a 800 volte meno distruttive delle testate atomiche “deterrenti” finora messe in campo dalle potenze nucleari.
Le armi nucleari tattiche sono state progettate per l’impiego sui campi di battaglia. Un espediente per poterle usare? Il 2 giugno del 2020 Vladimir Putin, ha firmato un decreto che aggiornava le modalità di ingaggio delle armi nucleari da parte del Cremlino. Il progetto si basava sul presupposto che la Russia potesse usare armi atomiche di tipo tattico per vincere un conflitto locale di tipo convenzionale, impiegando la strategia della escalate & de-escalate, e cioè: alzando il livello di scontro quanto basta per far cessare il fuoco senza scatenare un disastroso conflitto mondiale.
La manovra ha disorientato la NATO, poiché, mentre il numero delle testate balistiche è “quasi” noto, quello delle testate tattiche lo è molto meno. Per quanto accade sul fronte ucraino, oggi molti analisti occidentali sono concordi nello stabilire che l’arsenale del Cremlino sia molto elevato ed evoluto, e il loro impiego alquanto probabile. È nelle mani di un unico leader pervaso da uno storico, tartaro assolutismo zarista, capace di imporre al mondo una nuova partita a Risiko con dadi truccati d’anticipo.
Di certo la settima arte ha consegnato ai posteri molte più testimonianze belliche, che non pellicole solo ironiche seppur traumatiche, qual è il dottor Stranamore. Ci aveva azzeccato Charlie Chaplin nel 1940, con un altro capolavoro: Il grande dittatore, parodia di Adolf Hitler e di un nazismo che sarebbe stato piegato solo dopo cinque anni di un mondo a ferro e fuoco.
Se i programmi del nuovo dittatore dovessero collimare con la previsione di Kubrick, che “anticipava” una Intelligenza Artificiale impostata per impedire ogni accesso umano all’ordigno Fine del Mondo, in un prossimo futuro veramente guerreggiato, quale regista dirigerà un ultimo Matrix da consegnare a un pianeta già primo attore dello scontro finale?
Ipotesi più concreta che artistica. Se dopo tanto rincorrersi, fantasia e realtà dovessero davvero combaciare in un gesto scellerato e l’ordigno nucleare sfuggirà di mano, a quale scenario dovrà assistere dal vivo, ma per poco, l’intera umanità?
Ma forse questo è solo un pensiero pessimista degno di Schopenhauer. Invece, quest’anno a Hollywood il film sul padre dell’atomica Oppenheimer ha vinto 7 Oscar…. Buon segno, perciò, nonostante l’assonanza… Anche Vladimir Putin avrà una crisi di coscienza?