Di Alessandro Mella
Proponiamo ai Lettori di Civico 20 News il testo della lezione svolta dal cavalier Alessandro Mella, nostro assiduo collaboratore, ai giovani del Comune di San Carlo Canavese (Torino) presso il locale Municipio, in data 13 dicembre 2022 (m.j.).
L’uomo è un animale sociale e per sua natura tende a cercare forme di aggregazione fin dai tempi più remoti. La persecuzione di diversi interessi, obbiettivi e scopi ha, tuttavia, imposto l’organizzazione spontanea in gruppi di vario genere e così anche in politica. Fin dalle civiltà greca e romana, ad esempio, sorsero fazioni che si contendevano il potere e la gestione della cosa pubblica. Nel medioevo il primato della politica, conteso tra papato ed impero, portò a profonde divisioni ma ridusse in un certo senso l’attività partitica in favore di forme associative tipo Gilde e Corporazioni dedite soprattutto alla tutela delle necessità ed ambizioni delle diverse categorie del mondo del lavoro del tempo. Qualcosa di più simile, per concetto, ai moderni sindacati che non ai partiti i quali videro un’effettiva ripresa solo con l’illuminismo, la rivoluzione del 1789 in Francia e le relative conseguenze. In queste fasi, però, i partiti mostrarono anche le loro debolezze tra lotte durissime e spesso al limite della violenza.
In Italia fu il passaggio di Napoleone a scuotere le coscienze e gli animi e dopo la sua caduta, malgrado le intenzioni dei fautori della Restaurazione, divenne impossibile riportare l’orologio della storia indietro. Tutto l’Ottocento, quindi, fu una costante contrapposizione tra due visioni diverse della società e le relative sfumature. Da un lato gli assolutisti che vedevano come unica soluzione il potere concentrato nelle mani di un sovrano che regna “per grazia divina” con l’appoggio del papato. Dall’altra i costituzionalisti che a loro volta si dividevano nei più moderati propugnatori di una monarchia costituzionale e parlamentare con le relative divisioni di poteri e dall’altra i più accaniti e radicali repubblicani. Queste due visioni furono in costante contrapposizione e protagoniste del Risorgimento. Fu Giuseppe Garibaldi, di formazione repubblicana-mazziniana e socialista, a trovare la sintesi che permise di condurre all’unità nazionale seppur con forzature in contrapposizione tanto con la visione intransigente del repubblicano Mazzini e tanto con quella del monarchico Cavour. In un tempo in cui in parlamento sedevano, per lo più, liberali espressione del costituzionalismo moderato. Conservatori e progressisti che sedevano sul lato destro o sinistro della Camera Subalpina, a Torino, secondo l’orientamento.
Dopo la proclamazione del Regno d’Italia, nel 1861, per diverso tempo queste due anime si confrontarono in parlamento prima a Torino, poi a Firenze ed infine a Roma. Fu nella seconda metà del secolo che iniziarono a sorgere i primi partiti politici davvero organizzati come strutture organiche ed in specie i movimenti di massa legati al diffondersi delle teorie socialiste tra le masse operaie e proletarie desiderose di emancipazione e di un miglioramento delle difficili condizioni di vita. I problemi sociali, economici e politici dell’Italia d’allora erano davvero pesantissimi. Basti pensare a quale impatto ebbe la celebre “tassa sul macinato” che andò a colpire soprattutto le fasce più deboli del paese.
Il progressivo ampliamento della base elettorale, la presa di coscienza e conoscenza della popolazione, portarono sempre più in parlamento forze nuove. I primi anni del Novecento videro sorgere diversi partiti politici. Il Partito Liberale (espressione soprattutto del pensiero di Giolitti) dopo esser stato più un concetto che un’organizzazione vera e propria, prese forma con grande ritardo mentre il Partito Socialista, lacerato da tanti correnti interne, aveva ormai assunto una sua connotazione da tempo. Tuttavia, proprio quelle correnti condussero alla scissione di Livorno del 1921 dalla quale nacque il Partito Comunista. Anno chiave fu anche il 1919 con il ritorno attivo in politica dei cattolici tramite il Partito Popolare di Don Sturzo. Evoluzione di un primo approccio iniziato nel 1909 e nel 1913 quando iniziò un parziale riavvicinamento con l’intiepidirsi del “non expedit” pronunciato da Pio IX ai tempi di Porta Pia. Nello stesso 1919 un agitatore socialista, Mussolini, espulso dal partito poiché favorevole all’intervento dell’Italia nella Grande Guerra, fondò a Milano i Fasci di Combattimento che divennero partito nel congresso del 1921.
Proprio la Prima Guerra Mondiale lasciò cicatrici profonde nella società italiana procurando una progressiva crisi dello stato liberale ereditato dal Risorgimento. In questa situazione critica si sbriciolò progressivamente ogni possibilità di resistenza alle pulsioni che avevano caratterizzato il “biennio rosso”, le agitazioni socialiste e la violenta reazione dello squadrismo. Con il rapimento e la morte dell’on. Giacomo Matteotti il fascismo si fece sempre più sistema totalitario. Furono vent’anni di regime nel corso dei quali i partiti non poterono esistere se non clandestinamente. Presero a riorganizzarsi quando, con la guerra successiva, il Fascismo avviò la propria provvidenziale e tardiva crisi.
Alcuni dei partiti che avevano operato nell’ambito del Comitato di Liberazione Nazionale ebbero lunga vita ed altri nacquero. L’eredità del Partito Popolare passò alla Democrazia Cristiana (dalla quale emersero politici di straordinaria levatura come De Gasperi, Scelba e tanti altri), Socialisti e Comunisti si diedero forme partitiche proprie anzi il PCI (guidato da Togliatti) divenne una delle strutture burocratiche più efficienti d’Europa, i monarchici si diedero forma nel Partito Nazionale Monarchico di Alfredo Covelli il quale subì poi la scissione di Achille Lauro con il Partito Monarchico Popolare, i reduci del defunto fascismo repubblicano si riorganizzarono nel Movimento Sociale Italiano di Pino Romualdi, Arturo Michelini, Giorgio Almirante ed altri. A lato di queste strutture, comunque inserite nell’alveo democratico, non mancarono gruppi e gruppetti minori nonché partiti di breve vita come il Movimento dell’Uomo Qualunque di Giannini. Vero banco di prova del ritorno dei partiti furono le elezioni dell’aprile del 1948. In un’Italia devasta dalla guerra, comunque, i movimenti furono in qualche modo fautori di socialità e vettori di speranze, ricostruzione e sogni da un lato pur creando anche nette e talvolta violente divisioni.
Molte di queste sigle, comunque, sopravvissero per gran parte del dopoguerra e della cosiddetta “prima repubblica”.
Ma non sempre i partiti riuscirono ad intercettare i malesseri sociali e le pulsioni idealistiche di alcuni parti della società. In questo contesto emersero, negli anni ’70, movimenti extraparlamentari che tentarono di perseguire i propri scopi attraverso l’uso sistematico della violenza come strumento. Un quotidiano bollettino di morte che devastò il nostro paese lasciando malesseri profondi e ricordi terribili. La fermezza dello Stato permise, faticosamente, di tutelare le istituzioni da queste forzature ed alla lunga queste organizzazioni criminali furono sbaragliate.
Nei primi anni ’90 del Novecento, però, una bufera si abbatté sul sistema politico italiano quando la magistratura individuò e palesò l’abitudine ormai diffusa, tra i partiti, di ricorrere a finanziamenti occulti ed illegali per mantenere le proprie strutture, attività, campagne elettorali e centri di interesse. L’inchiesta “Mani Pulite” fu un terremoto che travolse la classe politica, liquidò molti storici leader, portò alla disgregazione di diversi partiti e ad un rinnovamento fulmineo degli stessi. Coloro i quali non si sciolsero per le inchieste giudiziarie finirono per farlo per adeguarsi ai mutamenti in corso evolvendosi verso posizioni più progressiste e meno rigorose. Emersero, in questo momento, anche forze che facendo propri i principi autonomistici concorsero a scardinare la vecchia politica.
Da questa crisi del sistema sorsero quindi leader nuovi, non meno divisivi o trascinatori, sigle nuove. Anzi il costante mutamento di nomi, simboli, colori e slogan divenne sempre più normalità in una società sempre più rapida nei cambiamenti ed ormai lanciata verso nuovi sistemi di comunicazione. I manifesti, i volantini, i comizi e così via si stavano avviandosi al tramonto per essere soppiantati dalla televisione, da internet, dai nascenti social network e così via.
Dal 2000 ad oggi, infatti, sono innumerevoli i mutamenti che i politici hanno applicato alle proprie formazioni per ottenere consenso attorno alle proprie idee e programmi secondo le nuove tendenze. E questo, tuttavia, non ha impedito una crescente disaffezione verso la politica da parte della popolazione. Un male grave che rischia, alla lunga, di minare e rendere fragili le basi democratiche del nostro paese. Nel corso del Novecento, soprattutto, se da un lato i partiti conducevano a divisioni e contrapposizioni violente, dall’altro essi esercitarono anche un ruolo di collante sociale nelle proprie sezioni. Non senza forme, seppur rudimentali alle volte, di mutuo soccorso e reciproca assistenza. Tutto questo sembra esser stato messo in discussione.
Ma la democrazia e la libertà, la loro tutela, passano necessariamente dall’esercizio del diritto/dovere di voto. Se non è certo obbligatorio iscriversi ad un partito politico ed affiliarsi ad esso per essere cittadini consapevoli, doveroso è invece informarsi, leggere i programmi, valutare idee e proposte, e votare sulla base di ciò che si sente di poter condividere. Può non essere facile ma resta un dovere di tutti noi perché i partiti politici, al netto dei loro numerosi difetti e dei non pochi rimproveri che potremmo muovergli, restano il principale strumento per costruire futuro, progresso ed avvenire. Anche partendo semplicemente dai comuni, dalle liste civiche che spesso raggruppano persone di buona volontà animate anche da visioni politiche diverse, la dove è possibile costruire in concreto mettendosi a servizio della comunità. Un’esperienza che giova alla crescita personale, culturale e civile di ognuno di noi. Perché, lo cantava De Gregori anni fa, la Storia…siamo noi!
Alessandro Mella
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