Un sinistro complotto di stampo chimico che sta alterando l’acidità di mari e oceani
Dopo un approfondimento degli effetti del riscaldamento climatico sul bacino del Mediterraneo, trattato poco tempo fa. Link:
Si ripropone un argomento poco noto, già trattato nel 2023, oggi affrontato anche dalla Press unificata che in questo infernale 2024, tra politica e combattimenti in atto, ha diffuso qualche news anche sul riscaldamento degli oceani. CIVICO 20 si ripropone, aggiungendo qualcosa in più e un nuovo aggiornamento forse un po’ sconcertante.
Sebbene sia un argomento di studio già dalla fine del secolo scorso, poco si racconta del “complotto” tra l’acqua del mare, l’aria e la CO2, in quanto è un thriller degno di un bestseller, dove il colpevole non sarà il maggiordomo, ma un processo chimico.
La trattazione di tipo fisico e chimico è espressa in modo accessibile a tutti. Perché si auspica una certa curiosità e un interesse per espandere la conoscenza.
Oltre al riscaldamento, la bulimia di CO2 fa male alle acque
Mari e oceani assorbono l’anidride carbonica (CO₂) sia in modo diretto, attraverso correnti e vortici denominati “eddies”, sia tramite le alghe, che sono golose di CO2 e attraverso la fotosintesi clorofilliana, la espellono sotto forma di ossigeno. In totale, le acque marine ne restituiscono al pianeta oltre il 50%, e tutto questo è un gran bene.
L’aumento di CO2 offerta dalle attività umane alle acque marine, sta però avanzando imprevisti e “salati” conti da pagare. Quando la CO2 si mescola con l’acqua, questa aumenta la sua acidità. È sempre accaduto in modo equilibrato nei mari e negli oceani di tutto il mondo, ma ora qualcosa sta cambiando.
Il fratello “cattivo” del riscaldamento globale.
L’acqua degli oceani, in prima battuta, svolge un’azione benefica nei confronti dell’anidride carbonica (CO₂), poiché assorbe circa il 30% di quella che svolazza in atmosfera. Quando questa si mescola con l’acqua (H₂O), dà origine a un altro composto chimico: l’acido carbonico (H2CO3), nel quale uno, due o tutti e tre gli atomi di ossigeno sono sostituiti da altrettanti di zolfo.
Un processo che aumenta la de–alcalinazione del mare, che sale di pochi decimi, ma di continuo, alternando il pH delle acque (deve essere minore di 7), che risulta sempre meno basico, dando origine a fenomeni noti come: acidificazione degli oceani.
Il progredire dell’acidificazione marina è molto lento, ma produce esiti nefasti per interi ecosistemi e specie di organismi calcificanti, come coralli, plancton e molluschi, mettendone a rischio la sopravvivenza. L’acidità influisce anche sulla riproduzione dei crostacei e sullo sviluppo delle larve. È un qualcosa che accade tra le profondità marine e che gli ha valso l’appellativo di “fratello cattivo del riscaldamento globale”, per più di un motivo.
Come primo effetto, lentamente, ma inesorabilmente, l’aumento dell’acidità dell’acqua, interagisce con la formazione del carbonato di calcio, sostanza inorganica di cui sono fatte le barriere coralline, e “frigge” le superfici calcaree che incontra sul suo cammino. Molti organismi marini dal corpo molle sono vestiti di calcare. In primis nelle conchiglie, solide casette di quella fauna acquatica che si protegge grazie quelle bellissime forme di domicilio. Il plancton rappresenta la fascia più debole.
I minuscoli organismi che sono alla base della catena alimentare, fluttuano protetti da un sottilissimo “giubbotto” calcareo. Se dovesse essere intaccato, la vita del plancton andrebbe verso una fase terminale. Purtroppo, senza plancton sarebbe a rischio il resto della vita marina e perciò, anche quella terrena.
Gli esperimenti hanno dimostrato che il fenomeno è in atto. Mentre i firmatari dell’agenda 2030, negoziano per ridurre le emissioni di gas serra senza intaccare le quotazioni in borsa, a inasprire la dose di CO2 in atmosfera ci penserà il mare, nella sua versione di complice, o meglio, di “cattivo fratello del riscaldamento globale”.
Quando l’acqua marina assorbe e poi restituisce CO2
Sopra una certa quantità di CO2 assorbita, l’acqua tende a restituire il biossido di carbonio all’aria di superficie, dando origine a uno scambio continuo che si somma all’accumulo atmosferico. Un movimento di molecole “pendolari” che, per causa ed effetto, si vanno a sommare con le altre emissioni di CO2 della civiltà industriale in perenne sviluppo, mutando i cicli naturali di un miracolo cosmico che l’umanità sfrutta con continuità, erodendo risorse sopra e sotto la crosta terrestre, negli oceani e dentro l’atmosfera. Processo che si ingigantisce alla pari del progresso.
Facendo di conto: più CO2, più acidificazione delle acque, più perdita di biodiversità, e nel contempo, maggior restituzione della stessa CO2 all’atmosfera. E noi, otto miliardi di consumatori d’energie e derivati inquinanti, ancora a interrogarci su come, dove e quando fare tutti un passo indietro.
Tra i tanti dibattiti in tv, si parla poco del fratello cattivo del riscaldamento globale, dei suoi effetti sugli organismi alcalini e di ciò che accade alla catena alimentare. Si parla poco di molte altre cose importanti.
Sebbene sottovoce, molte informazioni sono giunte fino a noi, cittadini curiosi e non solo attenti agli sconti del supermercato. L’ecoansia serpeggia, si ride meno, non si canta più nelle piazze e nelle vie, ma si campa lo stesso, che cosa si può fare? Gas serra, rifiuti plastici, desertificazione, eventi di guerra, ma anche quest’anno siamo andati al mare. Chi sta ancora sguazzando, chissà se penserà che stiamo contribuendo nel farlo diventare il cattivo fratello del riscaldamento globale.
Articolo ben dettagliato, spiega in modo semplice un processo forse conosciuto da pochi. Dovrebbe essere letto e discusso nelle scuole
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