Aggiornamento climatico e scenari futuri sullo stato di salute del mare nostrum
Bombe d’acqua in Piemonte, in Valle d’Aosta… grandine, non è finita, domenica peggiorerà. O non piove più, o viene giù il mondo, e anche in questo caso c’è la mano dell’uomo. Così è stato per le alluvioni in Emilia-Romagna nel maggio 2023. Poco più di un anno fa era ancora un delitto parlare di manipolazione climatica tramite “scie chimiche”, si finiva nel girone dei “complottisti” senza passare dal via. Dopo l’allagamento nel Dubai il fenomeno del “cloud seeding” (inseminazione delle nuvole con sali e ioduro d’argento) è venuto “a galla” con un nome esotico che sa di cosa buona & giusta… diversa!? da quella geoingegneria climatica fino ad allora ridicolizzata “a prescindere”.
Ora tutto ha cambiato volto dopo i lifting praticati al rilascio dei componenti chimici dall’alto dei cieli, da parte degli scoop “scientifici” di quella stampa che non ha voluto, o forse non ha saputo, e magari non ha potuto indagare più a fondo.
Fenomeni estremi dunque, l’informazione è questa o poco più. “Colpa dei cambiamenti climatici” è il mantra che nasconde la polvere delle colpe antropiche sotto il tappeto, ma una cosa è certa: “non ci sono più le stagioni di una volta” è una verità di cui qualcuno si può accontentare, oppure non è mai troppo tardi per ruotare la testa e guardarci attorno con curiosità e voglia di autonoma coscienza.
Il 24 giugno 2024 un servizio del Tg5 e un articolo de: Il Messaggero, ipotizzavano che questa piovosa primavera fosse dovuta a forti rilasci di “cloud seeding in California”, che, per “effetto farfalla” hanno raggiunto il Nord Europa, interrompendo una lunga siccità con devastanti precipitazioni atmosferiche.
La correlazione americana è stata testé smentita, ma di certo sulle Alpi e sulle disboscate, asfaltate, impermeabili pianure padane l’allerta non si è placata. Poco più a sud però, l’anticiclone africano è tornato puntuale. Quest’anno si è meritato il mitico nome di Minosse, semidio re di Creta, poi dantesco usciere dei dannati diretti all’inferno. Creatività “classica” per battezzare la torrida bolla che ha avvolto l’area mediterranea con temperature molto elevate. In tal modo, il riscaldamento del mare si autoalimenta.
È da decenni che il “mare nostrum” accumula calore e l’acqua è un elemento di elevata inerzia termica, se non riesce a disperderne una parte nelle notti sempre meno fresche o negli inverni sempre più temperati, essendo il mare a contatto con l’atmosfera, anziché rinfrescarsi, riscalda anche l’aria.
È un processo fisico inalterabile, non è passeggero e neppure ipotetico. Con rassegnata competenza è tristemente bollato come “tropicalizzazione del Mediterraneo”, poiché in alcune zone della sua sagoma chiusa e quasi lacustre, il mare ha superato anche di 5-6° la sua media naturale, diventando un brodo per bagnanti, ma meno ospitale per la fauna e la flora naturale, invase da specie finora tipiche dei mari tropicali.
Dal Canale di Suez, inaugurato 150 anni or sono, si sono intrufolate molte specie di meduse aliene, il famigerato granchio blu e pesci pericolosi quali: il pesce palla maculato, il pesce scorpione, il pesce coniglio scuro e quello striato, dai quali è bene tenersi a distanza. Ma non solo, sono aumentati gli avvistamenti di squali in Sicilia e ormai è diventato un problema serio anche il disgustoso vermocane, una vera schifezza carnivora e urticante, lunga da 15 a 30 cm che, pur non essendo letale per l’uomo, non è un regalo né per lui né per molte specie autoctone ed è una concreta minaccia per la biodiversità dei nostri mari, poiché si è insediato in quantità anche nelle basse profondità delle zone meridionali del nostro Paese, contribuendo a far “toccare il fondo” l’ambiente naturale.
La nuova fauna marina è un effetto collaterale e l’aggiornamento su quanto l’aumento di temperatura del Mediterraneo non potrà che sommarsi e peggiorare gli “effetti estremi”, favorendo l’accumulo di temperatura a livello zero e quindi, il riscaldamento dell’aria a contatto che risale in alta quota, per poi raffreddarsi e precipitare. È il meccanismo che innesca i fenomeni meteorici più intensi, quali trombe d’aria, cicloni e downburst accompagnati da violente folate di vento, bombe d’acqua e grandinate.
Non per questo la desertificazione è da ritenersi archiviata (in Romania non piove da mesi), e neppure il progredire della siccità nel sud del Paese. Si tratta di una serie di fenomeni di varia natura, ma correlati tra loro, che stanno dimezzando produzioni agricole già alternate da altre molteplicità inquinanti.
Da un punto di vista fisico, nell’area mediterranea l’aumento dei fenomeni atmosferici estremi è dovuto alla reciprocità di cause ed effetti tra terra, acqua e cielo, alle prese col quarto elemento: il calore del sole. Poiché l’acqua copre il 70% della superficie planetaria, c’è differenza tra una porzione regionale quale la zona continentale del Mediterraneo, che ci interessa più da vicino, e i fenomeni che si generano negli oceani.
A livello globale i due emisferi si riscaldano con una progressione differente e gli oceani sono tortuosi e volubili primi attori della scena. I problemi sono intercalati e complessi. Risolverli è una sfida impari, ma va affrontata lo stesso, partendo da questo vecchio Mar Mediterraneo sempre più malato e febbricitante.
Sugli oceani “osservati speciali” alle prese con la CO2, si farà il punto prossimamente.