Oriana Fallaci, nel 1976, parlava di aborto in RAI.
Nel 1976 il dibattito sull’aborto era nel vivo e la RAI invitò la giornalista Oriana Fallaci a dire la sua sul tema.
Nel corso del programma di approfondimento giornalistico “AZ, un fatto come e perché”, la Fallaci disse: “Si sta parlando di un problema che riguarda principalmente le donne e, come al solito, il dibattito prende avvio da due uomini”.
Guardando negli occhi il suo collega della televisione di Stato, Oriana Fallaci incalza: “Io mi auguro che stasera ognuno di noi non dimentichi che l’aborto non è un gioco politico. Che a restare incinte siamo noi donne, che a partorire siamo noi donne, che a morire partorendo o abortendo siamo noi”.
Oriana Fallaci, oggi osannata dalle destre, era favorevole all’aborto o, perlomeno, riteneva che non fosse lo Stato a dover decidere sulla sorte dei bambini custoditi nel grembo delle donne.
Parlando al conduttore, e per suo tramite, a tutti gli uomini dinanzi al televisore, Oriana Fallaci affermò: “La scelta tocca dunque a noi. A noi donne. E dobbiamo essere noi donne a prenderla, di volta in volta, di caso in caso, che a voi piaccia o meno”.
La Fallaci era una donna poco incline a farsi dire come doveva vivere o cosa poteva fare.
Per questo ha chiosato il suo intervento con: “Tanto se non vi piace, siamo lo stesso noi a decidere. Lo abbiamo fatto per millenni. Abbiamo sfidato per millenni le vostre prediche, il vostro inferno, le vostre galere. Le sfideremo ancora”.
Parole dure di una donna tosta, dalla penna tagliente e dall’intelligenza arguta.
Oggi, nel pieno di un dibattito ideologico sull’interruzione volontaria di gravidanza, e sulla discutibile Legge 194/1978, è bene ricordare come si è arrivati a questo punto.
L’opinione di Oriana Fallaci, per quanto autorevole, non va presa per forza per “oro colato”. Anche se ha avuto ragione su molteplici argomenti non è detto che avesse ragione anche sull’aborto.
La storia è maestra di vita ma non è vincolante. Dalla storia si deve prendere spunto per evitare di reiterare errori clamorosi commessi in precedenza.
Per il resto ci sono il presente, che va vissuto con rettitudine, e il futuro che, com’è ovvio, e tutto da scrivere.
Nel suo libretto “Lettera a un bambino mai nato “ però, si sente la pena, il dolore del bambino privato della vita e ,tra le righe, quasi il senso di colpa. Tant’è vero che credo che avesse cambiato idea col passare del tempo