Difendiamoci dalla normativa europea del Digital Services Act
Mentre l’Italia giocherella con i postumi di Sanremo – ormai l’unica, vera, appassionata occasione di dibattito nazionale – e con l’attesa fremente del prossimo duello Meloni-Schlein, in Europa accadono eventi drammaticamente insidiosi per le nostre libertà.
E non per le pseudo-libertà che le sinistre vanno perseguendo da tempo, quelle sessuali, genderistiche, immigrazioniste, telegiornalistiche, ma per quella che da secoli è ormai ritenuta la libertà fondamentale dell’Occidente e per cui si sono battute schiere di pensatori, di giuristi, di politici: la libertà di pensiero e di parola. Quella libertà scolpita con chiarezza adamantina nell’articolo 21 della nostra Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni e censure”.
Da noi scendono in piazza i chiassosi e rissosi gruppuscoli demogrillini per protestare contro l’ipotetica occupazione della RAI da parte della destra, ma chiunque veda qualche ora di Telemeloni si rende conto di come essa in realtà sia ancora ampiamente e profondamente impregnata di sinistrismo militante, e come lo stesso carrozzone sanremese sia diventato il palcoscenico di una mentalità politicamente corretta (woke dicono gli anglofili) stucchevole, esibizionista, ideologica, adolescenziale, tutta lustrini e anime belle che tanto piacciono alla nostra classe media riflessiva ma semi-acculturata.
Ebbene, mentre l’Italia si trastulla in questa fiera delle vanità, lamentando una censura calata dall’alto del governo sulla libera informazione, il 19 ottobre 2022 l’Unione Europea ha emanato il Regolamento 2022/2065 UE entrato in vigore il 25 agosto 2023 e noto come DSA (digital services act), un provvedimento che riguarda i contenuti illegali, la pubblicità non trasparente e la disinformazione nell’ambiente digitale. Il DSA è destinato ad applicarsi a tutti i servizi che trasmettono o memorizzano informazioni, inclusi piattaforme, motori di ricerca e servizi di hosting, offerti a destinatari situati all’interno dell’Unione Europea e diverrà pienamente operativo entro febbraio 2024, cioè in questi giorni.
Il DSA ha sicuramente dei contenuti positivi relativamente ai contenuti illeciti del web (pedopornografia, terrorismo, commercio di prodotti illegali, truffe telematiche e altro) ma contiene anche una minaccia enorme alla nostra libertà nella parte in cui prevede il contrasto alla cosiddetta “disinformazione” e ai contenuti “inappropriati”, tra cui, ad esempio, gli hate speech (discorsi d’odio).
E’ appena il caso di notare come queste espressioni, assolutamente vaghe e prive di contenuto, possono diventare un micidiale strumento in mano ai signori della Rete, ma anche dei governi, e in genere di chi detiene un qualche potere, strumento utilizzabile per una violenta repressione di tutte quelle espressioni del pensiero che non siano conformi alla mentalità dominante, alla moralità corrente, alle presunte verità ufficiali.
La parola “disinformazione” è terribile nella sua stessa essenza: presuppone che esista un’informazione legittima e una illegittima e fa scomparire uno dei fondamenti della cultura, in particolare di quella a base storicista, secondo cui la verità è evolutiva e mutevole nel tempo e nello spazio, sempre in divenire, e mai definitivamente consolidata. Il revisionismo, sia quello storico, ma anche quello genericamente intellettuale è sempre stato, e per noi è tuttora, il vero motore del progresso culturale, contro ogni Inquisizione, contro ogni Tribunale ecclesiastico o del popolo o accademico, contro ogni verità vera solo perché maggioritaria o stabilita per legge.
Immaginiamo che cosa può diventare il concetto a base del DSA in mano al quadrinomio scientismo-burocrazia-potere politico-informazione: l’esperienza della pandemia di qualche anno fa con tutto il suo strumentario repressivo basato sulla violenza comunicativa dei media ufficiali, sull’assolutismo medicale, su un apparato sanzionatorio degno del peggior totalitarismo, è ancora troppo viva nella nostra memoria perché questo provvedimento europeo non ci appaia come oscuro e minaccioso.
Lo stesso dicasi per i “contenuti inappropriati”, la cui estensione semantica è infinita e permette di censurare (e un domani sanzionare) praticamente ogni parola o comportamento umano, dall’istigazione al genocidio sino all’aggettivo goliardico.
Quanto poi agli hate speech, diventano censurabili non solo i giudizi pesanti e volgari contro qualcuno o qualcosa ma probabilmente anche la critica più o meno accentuata, ma pur sempre legittima, di qualcuno o qualcosa. Ne è un esempio, in questi giorni, l’insofferenza verso ogni critica politica a Israele che diventa immediatamente antisemitismo, oppure ogni critica all’immigrazionismo incontrollato che diventa immediatamente razzismo, oppure ancora ogni critica all’omosessualismo diffuso che diventa subito omofobia, o ancora ogni atteggiamento fermo e risoluto che diventa subito fascismo. Tutte situazioni che, nell’ottica del DSA, potrebbero facilmente rientrare nella categoria dei “discorsi d’odio” e quindi essere censurati o sanzionati.
E’ notizia di qualche giorno fa che l’Assemblea Nazionale francese, nell’ambito di una incredibile legge sulla “Lotta alle derive settarie” che già di per sé appare inconcepibile in un paese civile, ha inserito all’articolo 4 un emendamento -definito “emendamento Pfizer” dalle opposizioni- per cui vengono puniti con pesantissime sanzioni pecuniarie e perfino detentive coloro che criticano i trattamenti terapeutici “ritenuti sicuri” dalle autorità sanitarie. Fa una tristezza infinita che una simile normativa nasca in una grande e civile nazione come la Francia che ha dato all’Europa e al mondo l’illuminismo e, in buona parte, l’idea stessa di tolleranza.
Immaginiamo che cosa diventerebbe un simile impianto normativo in mano a un clone di Speranza o di Conte o di Bassetti…
Ma qui si pongono anche almeno due delicati problemi di ordine costituzionale che comunque non sarà possibile ignorare.
Il primo riguarda l’assoluta incompatibilità delle citate norme del DSA con l’articolo 21 della Costituzione, che abbiamo riportato più sopra e che garantisce la libertà di manifestazione di pensiero e di parola e proibisce ogni forma di censura.
Il secondo riguarda la tipicità delle forme di illecito, stabilito per i reati dall’articolo 25 della Costituzione ma estensibile anche agli illeciti amministrativi, principio secondo cui un illecito è punibile solo se esattamente individuato e definito dalla legge, cosa che difficilmente può ravvisarsi nelle espressioni “disinformazione”, “contenuti inappropriati”, “discorso d’odio” che lasciano a chi deve utilizzarle e applicarle inconcepibili margini di arbitrio.
Ed è infondata pure l’obiezione secondo cui la normativa europea prevale su quella italiana anche di livello costituzionale, secondo quanto disposto dall’articolo 117 della nostra Carta fondamentale, avendo la Corte costituzionale ormai consolidato un orientamento detto dei “controlimiti” in base al quale la norma europea non può contrastare quelli che sono i principi fondamentali del nostro ordinamento, cioè quelli contenuti essenzialmente negli articoli 1-54 della Costituzione.
Ma, al di là della speranza che ci è data dall’eventuale futura applicazione delle nostre tutele costituzionali, è necessario che i cittadini italiani prendano coscienza di quanto sta accadendo in sede europea -una vera e propria distruzione dei sacri principi di libertà per cui hanno combattuto i nostri padri e i nostri avi- e salgano sui loro virtuali trattori ideali, come hanno fatto materialmente gli agricoltori del continente, e facciano sentire alta la loro voce e il loro dissenso, e facciano soprattutto della loro consapevole e volontaria “disinformazione” una nuova bandiera di libertà e di lotta civile, anche a costo di diventare “inappropriati” nei confronti del nuovo incombente totalitarismo.
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