Una panoramica delle minoranze etnico-linguistiche.
Dopo anni di apparente assopimento, l’approvazione della legge sull’autonomia differenziata ha riportato alla ribalta il dibattito inerente all’organizzazione dello stato italiano che taluni auspicano più decentrata, mentre altri vorrebbero mantenere inalterata.
Benché il dibattito sul federalismo corra parallelo alla storia d’Italia, sia prima sia dopo l’unificazione, la più significativa spinta verso un regionalismo dotato di apprezzabili competenze si è realizzata con la riforma del titolo V° della Costituzione (e di cui adesso l’autonomia differenziata è figlia), approvata nel 2001 dal centro-sinistra, ma indubbiamente frutto della spinta programmatica leghista.
Volendo ampliare il dibattito oltre i confini nazionali, proveremo – pure nei limiti concessi da un articolo di giornale – a offrire un sintetico (ma speriamo esaustivo) panorama delle principali minoranze etnico-linguistiche presenti nel vecchio continente.
A premessa, va innanzitutto ricordato che, salvo rare eccezioni, le strutture territoriali degli attuali stati europei rappresentino il risultato di conflitti bellici (che, ad esempio, noi chiamiamo “guerre d’indipendenza”) che, al netto dei più o meno nobili ideali che hanno mosso governanti e patrioti, si sono concluse come qualsiasi guerra: ovvero a seconda dell’abilità militare dimostrata, della quantità e della qualità degli armamenti, della proporzione nel numero dei combattenti, nonché in ossequio agli assetti e ai desiderata delle grandi potenze mondiali.
Non stupisce dunque che i vari stati abbiamo al loro interno minoranze etnico-linguistiche più o meno ampie, oppure addirittura maggioranze di popolazione locale che male digeriscono l’appartenenza a un contesto nazionale e che domandano di potersi autogestire o, in taluni casi, anche rendersi indipendenti dai governi centrali.
Ma veniamo con ordine, escludendo per ora l’Italia su cui torneremo in un momento successivo.
Iniziando dalla penisola iberica, note sono le spinte automistico-secessioniste dei baschi e dei catalani, anche se fenomeni di difesa delle radici locali si sono verificati pure in Gallizia, tanto che dal 1983 il gallego è diventato lingua nazionale dello stato spagnolo.
In Francia, la Bretagna e la Corsica hanno da sempre rappresentato le due regioni a maggiore vocazione localistica, anche se presenze fiamminghe si ravvisano negli arrondissements di Dunkerque e Hazenbrouck e germaniche in Alsazia e Lorena, senza contare i baschi francesi e le popolazioni occitane nelle zone franco-provenzali.
Storicamente riconosciuto è poi l’animo fiero degli scozzesi e dei gallesi (che, non a caso, godono di nazionali sportive, senza che nessuno urli allo scandalo come avverrebbe in Italia se dovesse esservi una nazionale piemontese, toscana o siciliana), senza contare la mai sopita questione nordirlandese.
Il Belgio è il frutto – forzato, ma da anni funzionate – della convivenza tra due etnie piuttosto differenti: quella fiamminga (di lingua neerlandese) e la vallona (francese). Anche la Germania ha le proprie minoranze etnico-linguistiche, tra cui i frisoni settentrionali e orientali, i danesi dello Schleswing e i polacchi della Westfalia.
Pure l’Europa settentrionale ha quelli che si possono definire “i popoli senza patria”, nel caso di specie rappresentati dai lapponi indistintamente dislocati in Svezia, Norvegia e Finlandia. La Grecia vede la presenza di minoranze turche in Tracia, albanesi nell’Epiro, slave nella Macedonia greca. Viceversa vale per l’Albania, dove vivono popolazioni greche. Popoli di origine tedesca risiedono in Repubblica Ceca, mentre in Slovenia ci sono gruppi italiani e in Italia sloveni, senza citare il caso della Polonia che, tra i vari aspetti, esiste un folto numero di ebrei di lingua jiddish.
Delicatissimo (anche per via del conflitto che ne è seguito, che però trova radici in più ampie in tensioni internazionali e di dominio geo-politico) è il caso dell’Ucraina dove il 22% circa della popolazione “ucraina” è russa; quest’ultima, a sua volta, prevalentemente insediata nella regione del Donbass. Pure gli abitanti della Crimea sono in massima parte (oltre il 60%) di origine russa, senza contare altre minoranze, quali i tartari.
Da ultimo, emblematico è il caso della Svizzera dove convivono genti che parlano lingue diverse, ma che nondimeno amano orgogliosamente la propria patria.
Si tratta, talvolta, di “minoranze” di una nazione che diventano “maggioranze” nella nazione vicina perché i confini dei popoli spesso non coincidono con quelli tracciati dai trattati internazionali. Ed è così che, in alcuni casi, gli stati hanno preso atto e rispettato le differenti anime che caratterizzano le rispettive nazioni, mentre in altri, le autorità centrali hanno umiliato e perseguitato le comunità locali (purtroppo emblematico è il caso delle foibe), o comunque attuato un accentramento (si pensi all’Italia fascista) che indubbiamente soffocava la libertà e le tradizioni dei vari contesti territoriali.
Infine, la globalizzazione dei sistemi economici e politici, la massificazione dei consumi, l’appiattimento culturale dettato dai grandi centri di elaborazione del pensiero mondiale (iconicamente rappresentati da Hollywood) hanno negli ultimi decenni soffocato – o tentato di soffocare – le peculiarità locali, più fragili proprio perché non tutelate da meccanismi di trasferimento del sapere (come l’istruzione pubblica) e distanti dalle mode della “global culture”, tanto care al mondo anglosassone che è uscito vincitore dal Secondo conflitto mondiale.
Anche se poi la vitalità autonomista di regioni quali la Cataloga – moderne e a sicura vocazione internazionale, ma allo stesso tempo innamorate della propria lingua e costumi – è lì a dimostrare che questi mille “frammenti d’Europa”, con il loro patrimonio di usanze e tradizioni, sono tutt’altro che morti.
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Grazie x tutti questi mobili chiarimenti purtroppo i popoli non si informano di nulla la gente vive alla giornata ma questo articolo è davvero interessante comunque leggendo i libri di Vannacci e il libro di mauro corona “la fine del mondo storto” i popoli dovrebbero mettere in atto i suggerimenti di questi personaggi e veramente il mondo tornerebbe a vivere sereno e giusto .