Mediterraneo vuol dire “in mezzo alle terre”: e difatti, il Mar Mediterraneo è un enorme mare che bagna le terre d’Africa, d’Europa e d’Asia, trovandosi in mezzo a questi tre continenti. Il Mediterraneo è un bacino idrico che comprende tanti mari più piccoli.
I nostri Padri Romani lo chiamavano Mare Nostrum, ‘il nostro mare’, a sottolineare l’estensione della loro egemonia. Ancora oggi rappresenta la fonte di risorse più importante per i Paesi che vi si affacciano. Italia in primis!
La nostra Penisola, con le sue isole, rispetto al Mediterraneo si trova in una posizione strategica, proprio al centro di esso.
Questo è il motivo per cui, per secoli, svariati barbari, francesi, spagnoli, e infine, inglesi e americani, vi hanno sempre guardato con grande interesse.
Dominare il nostro Paese significa avere un controllo diretto sulle rotte strategiche che vanno da Gibilterra e Suez, passando per il canale di Sicilia.
Di più! La nostra Italia è una portaerei naturale che da sbocco e affaccio verso tutti i lati di quello che un tempo fu “il Mare Nostro”.
Questo è il motivo per cui la VI flotta americana (il Pentagono divide il mondo in Flotte appartenenti alla sua Marina), ha sede a Napoli (Naval Support Activity Naples), e una base strategica NATO a Gaeta. Insieme, costituiscono il comando logistico e operativo della marina americana per l’Europa, il Mediterraneo e l’Africa.
Sempre a Napoli, a fianco dell’aeroporto di Napoli-Capodichino, risiede il Comando di tutta la flotta americana per l’Europa, lo “US Naval Forces Europe”.
Una zona scelta affatto casualmente. Basti pensare che 2000 anni fa anche i nostri Patres latini scelsero una località simile dove far risiedere la propria Flotta imperiale, sempre nel napoletano, a Miseno.
Sancita l’importanza strategica del Mediterraneo, scopriamo più a fondo perché molti analisti non lo vedono come un semplice mare, bensì come un “Medioceano”.
Il Nostro Mare non è più solo un bacino incastonato tra Europa, Africa e Medio Oriente, ma piuttosto una via acquatica di collegamento tra due diverse sezioni dell’Oceano Mondo. Si trasforma così in un corridoio inaggirabile lungo la rotta più breve tra l’Indo-Pacifico e l’Atlantico.
Washington e Pechino stanno considerando la situazione in modo sistemico e si stanno confrontando su un complesso scenario marittimo di dimensioni molto più ampie, che si estende dalle estremità eurasiatiche di Gibilterra fino a Tsushima.
In questa partita, il Mediterraneo non è più considerato semplicemente un mare tradizionale, ma viene invece elevato al ruolo di stretto strategico, compresso tra gli oceani. Ora è un’area da controllare e mantenere aperta per gli Stati Uniti, che lo utilizzano per esercitare potere e influenza sulle terre circostanti e per muoversi liberamente attraverso gli oceani. Allo stesso tempo, è un’area da minacciare e, potenzialmente, da conquistare, se considerata dalla prospettiva della Cina, il cui impatto nel bacino mediterraneo sta crescendo notevolmente con l’espansione delle nuove vie della seta.
Si tratta di una competizione che coinvolge direttamente il nostro paese, che, come già detto, gode di una posizione geografica eccezionale, al centro del Mediterraneo, rappresentando un pilastro della postura strategica degli Stati Uniti nella regione. Questo è dimostrato dal passato accordo sulle nuove rotte della seta firmato con la Cina nel 2019 e dalla reazione immediata degli Stati Uniti, mirata a evitare che ci allontaniamo dalla loro sfera d’influenza. Il governo Meloni, una volta insediato a Palazzo Chigi, ha infatti immediatamente stracciato l’accordo con Pechino, per tornare alla sua postura filo-americana ed atlantista.
“Medioceano” più che Mediterraneo dunque; insenatura tra due sezioni dell’Oceano Mondo, più che mare semichiuso incastonato tra tre continenti.
In un mondo in cui la maggior parte dei beni continua a viaggiare via mare, la rinnovata importanza geopolitica dell’ex Mare Nostrum risiede proprio nel suo essere connettore di un sistema binario su scala planetaria, mare di mezzo tra due oceani: l’Atlantico, simbolo del predominio decadente americano, e l’Indo-Pacifico, principale arena della sfida futura tra i pesi massimi USA e Cina.
Le sorti delle nazioni si misurano nelle acque salate, come dimostra la storia degli imperi occidentali, dall’egemonia britannica alla supremazia americana (da una PAX all’altra), che si sono affermati dominando i mari.
Attualmente, sia le grandi potenze che quelle in ascesa, si affidano alla strategia marittima per consolidare la loro presenza sullo scenario mondiale; dalla Cina alla Turchia, passando per l’India e la Nigeria, riconoscendo l’importanza cruciale delle rotte commerciali marittime per ampliare la loro influenza.
I mari, dunque, diventano scenari di rivalità geopolitica, ove la lotta per stabilire zone economiche esclusive riflette sulle dinamiche della geopolitica tradizionale, nonostante la flessibilità delle norme del diritto internazionale. L’Italia, centrale nel suo ‘Medioceano’ Mediterraneo, gode di una posizione strategicamente vantaggiosa, di cui però non sembra esserne pienamente consapevole, ignorando le opportunità e mettendo a rischio la propria sicurezza. Guardare al Continente europeo ignorando i propri mari risulta pura follia strategica.
In particolare, l’attenzione si dovrebbe concentrare sulla frontiera marittima meridionale dell’Italia, teatro di contese e interessi stranieri, come dimostrato dalla presenza di Turchia e Russia in ciò che era un tempo la Libia (ex quarta sponda italica).
Il Mediterraneo si rivela un teatro di importanza geopolitica, al centro della competizione tra Stati Uniti e Cina per il controllo delle principali rotte oceaniche, situazione aggravata dal ritorno della Russia sulle scene internazionali. L’Italia, grazie alla sua posizione marittima, assume un ruolo cruciale in questo scacchiere internazionale, anche alla luce della questione migratoria.
Dal punto di vista economico, il mare rappresenta per l’Italia una risorsa da oltre 50 miliardi di euro all’anno, inserendosi in un quadro di crescente importanza geo-economica. Tuttavia, il nostro paese mostra ritardi in ambito sia logistico che portuale, limitati anche dalla mancanza di coordinamento e rivalità locali. L’avvento di un Ministero del Mare e l’istituzione di una Zona economica esclusiva nazionale sarebbero segnali incoraggianti, sebbene molto resti solamente un punto di partenza per affrontare le sfide attuali, inclusa la gestione delle rivendicazioni territoriali nel Mediterraneo.