Jorge Mario Bergoglio ha invitato l’Ucraina ad issare la “bandiera bianca”. L’ira dei “Radicali Italiani” non si è fatta attendere.
Da giorni il mainstream dell’informazione – ovviamente schierato con l’Ucraina di Zelensky – sta criticando le parole di Jorge Mario Bergoglio che ha chiesto al Governo di Kyev di alzare la bandiera bianca e accettare la via del dialogo.
Bergoglio piace molto alla Sinistra, e al mondo radicale, quando parla a favore della Lobby LGBT o quando difende l’invasione di migranti sulle coste italiche. Quando parla di pace e chiede ai guerrafondai di abbassare i fucili, invece, viene visto come un nemico.
Sul tema è intervenuta la giornalista Emanuela Castello, “TeleRadioPace”, che ha sottolineato come per Bergoglio ci vorrebbe “un mondo dove giustizia, rispetto, larghezza d’animo e speranza fossero la normalità e non un’anomalia”.
Durante l’Udienza Generale di mercoledì 13 marzo, Bergoglio ha raccontato un aneddoto: “Oggi mi hanno portato un rosario e un Vangelo di un giovane soldato morto nel fronte; lui pregava con quello”.
Chi si aspettava che Bergoglio benedicesse l’azione belligerante, portata avanti dagli Stati Uniti d’America di Joe Biden e dalla NATO, è rimasto con un palmo di naso. Il Sovrano della Città del Vaticano, quantomeno per il ruolo che ricopre, non può benedire la guerra!
Eppure – come abbiamo detto – da Sinistra si indignano.
Da “Radicali Italiani” Matteo Hallissey, Filippo Blengino e Patrizia De Grazia hanno sostenuto: “Le parole del Papa sono gravi. L’aggressione del criminale Putin non si arresta con le preghiere e neanche alzando la bandiera bianca”.
Secondo la triade “Radical-Pacifinta” ci vuole coraggio per resistere; “tutto il resto sono parole in libertà, un vano tentativo di trasformare l’acqua in vino, ma qui non siamo attrezzati per i miracoli: serve una pace giusta che passa dal completo ritiro dell’esercito russo dal territorio ucraino”.
Interessante analisi fatta da chi – senza alcuna esperienza, data l’età – sono oltre due anni che parteggia per l’Ucraina gettando benzina sul fuoco dell’opinione pubblica, al fine di spronare la gente ad odiare Vladimir Putin e la Federazione Russa.
Non è passato inosservato, infatti, il flashmob nel quale i tre “figli politici” di Marco Pannella sono andati a Roma, in Via Gaeta, dove ha sede l’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, per chiedere che venisse rinominata in Via Navalny.
Atti come questi, privi di senso ma densi di retorica, ostacolano una vera via del dialogo, della distensione e della pacificazione ed è per questo che le parole di Jorge Mario Bergoglio hanno urtato la sensibilità della triade radicale.
Per raggiungere la pace e fermare i conflitti occorre che le parti scendano dal piedistallo che si sono costruite e si siedano attorno ad un tavolo per instaurare un clima di trattativa.
Ovviamente, se davvero si persegue la pace, occorre rinunziare a qualcosa. La diplomazia e la trattativa sono necessarie in questi specifici processi di pace.
Il sentore che molti cittadini italiani hanno, invece, è che da parte dell’Ucraina non vi sia alcun interesse a cessare il conflitto armato.
Da parte della NATO, poi, è sempre più chiaro l’intento di procrastinare il “cessate il fuoco” contro la Federazione Russa perché per USA e Unione Europea: “Vladimir Putin non può vincere la guerra”.
Con questi postulati è ben difficile che le trattative di pace abbiano a breve una genesi concreta.
La Santa Sede ha messo in campo alcune azioni diplomatiche per cercare di porre fine alla mattanza di esseri umani.
In molti, però, hanno notato come Bergoglio – ogni domenica all’Angelus – dica “preghiamo per la martoriata Ucraina” come se all’interno della Federazione Russa non vi fossero morti, feriti e sofferenti.
Sentire che Jorge Mario Bergoglio, finalmente, ha capito che se Zelensky non fa un passo indietro non vi sarà mai una fine del conflitto, fa ben sperare.
Quelle dieci parole in cui Bergoglio ha asserito: “Kiev abbia il coraggio della bandiera bianca e di negoziare” hanno cambiato il modo dell’Occidente di vedere il conflitto. La colpa non è tutta di Vladimir Putin; Volodymyr Zelensky e i suoi predecessori non sono certo dei santi.
La primavera è alle porte e la speranza è che anche sul fronte geopolitico giunga una primavera di pace, dialogo e distensione.
L’Italia metta in campo tutte le energie e le professionalità di cui è capace per cercare di metter fine a questo orrendo conflitto alle porte dell’Europa.
Noi, come sempre, seguiremo la vicenda.
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