La sconcertante dichiarazione di Donatella De Cesare in memoria di Barbara Balzerani, una delle figure di spicco delle Brigate Rosse.
Il 5 marzo è morta Barbara Balzerani, figura di spicco delle Brigate Rosse, ma soprattutto terrorista mai pentita dei delitti per cui è stata condannata, in primis per avere partecipato al sequestro e all’uccisione di Aldo Moro. La notizia sarebbe stata poco seguita se non fosse intervenuto il commento della professoressa Donatella Di Cesare, che ha ricordato la scomparsa della terrorista Barbara Balzerani, con queste parole “La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna”.
Oltre alle indignazioni seguite per le parole pronunciate dalla docente di Filosofia Teoretica all’Università La Sapienza di Roma, a memoria di coloro che non c’erano o non ricordano, ritorniamo sui fatti avvenuti ben 46 anni or sono.
Era la mattina del 16 marzo del 1978, quando il governo di Giulio Andreotti stava per essere presentato in Parlamento, per ottenere la fiducia. A Roma, in via Fani accadde uno degli eventi più gravi del secolo scorso. Mentre si dirigeva verso la Camera dei Deputati, l’auto di Moro fu intercettata e bloccata da un nucleo armato delle Brigate Rosse che freddarono i due carabinieri che viaggiavano con lui e tre poliziotti sull’auto di scorta, per sequestrare il Presidente della DC che fu poi assassinato il 9 maggio e ritrovato nella Renault rossa, passata alla storia a 150 metri dalle Botteghe Oscure, sede storica del PCI e altrettanti dalla sede della DC.
Il delitto Moro chiuse definitivamente la stagione da alcuni auspicata, ma assai discussa, del compromesso storico. Probabilmente Aldo Moro, il politico allora più influente ed importante d’Italia, sarebbe stato eletto Presidente della Repubblica a dicembre, data prevista per le elezioni presidenziali.
Le BR continuarono a intimorire anche i dirigenti locali, oltre ai nazionali, della corrente morotea tanto che Giovanni Leone, allora Presidente della Repubblica, fu costretto a dimettersi 6 mesi prima della scadenza del suo mandato, sotto l’imperversare di una campagna denigratoria orchestrata da Marco Pannella. Gli successe il socialista, Sandro Pertini, dopo venticinque scrutini andati a vuoto.
Quel sanguinoso e terribile evento cambiò dunque la storia del Paese.
Tra i killer di Moro fu acclarata, tra gli altri, la presenza di Barbara Balzerani. Nata a Colleferro nel 1949, si trasferì a Roma nel 1969 dove si iscrisse alla facoltà di Filosofia. Entrata appena 26enne nelle BR, occupò insieme al compagno di allora, Mario Moretti, la base operativa di via Gradoli. Partecipò anche all’omicidio di Girolamo Minervini e nel 1981 al sequestro del generale Nato, James Lee Dozier. Non si era fatta mancare nulla.
La “primula rossa” delle Br, nome di battaglia “Sara” e dal 1977 in clandestinità, è stata fra gli ultimi personaggi perversi come lei a essere catturata, nel 1985, dopo aver cercato di guidare la scissione a capo della fazione “Brigate Rosse – Partito Comunista Combattente”. Dirigente della colonna romana dei terroristi, non si è mai dissociata o pentita. Nel 1987 insieme a Renato Curcio e Mario Moretti sancì con una intervista la “resa definitiva” delle Br allo Stato.
Dal carcere, ha rivendicato anche l’omicidio di Lando Conti, ex sindaco di Firenze. Alle 5 del pomeriggio del 10 febbraio 1986, Lando Conti stava andando al Consiglio Comunale di Firenze, per la via Faentina. Al ponte alla Badia fu affiancato da una Opel rossa carica di terroristi che lo uccisero con una raffica di mitraglietta Skorpion, arma che l’anno precedente aveva freddato il prof. Ezio Tarantelli.
Omicidio rivendicato con un volantino ancora una volta dalla Balzerani “Brigate rosse partito comunista combattente”. La stessa sigla usata per rivendicare la strage di via Prati con gli omicidi di Roberto Ruffilli, Massimo D’Antona e Marco Biagi. All’ex sindaco di Firenze le BR rinfacciavano e rimproveravano, fra l’altro, la collaborazione con l’allora ministro Spadolini, considerato guerrafondaio per la partecipazione all’azienda che produceva radar e sistemi di guida per missili. SMA gruppo EFIM. Ma, dato che siamo in Italia, Paese garantista per eccellenza, nel 2006, le era stata concessa la libertà condizionale, per essere poi definitivamente liberata nel 2011, in virtù della famigerata legge Gozzini.
La Balzarani, delinquente sanguinaria a tutto tondo durante il periodo di libertà condizionale, ha lavorato per una cooperativa di informatica e si è dedicata alla scrittura. “Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40ennale?” soleva dire, riferita, ovviamente ai 40 anni dopo la tragedia.
Negli ultimi anni le sue uscite pubbliche avevano destato scalpore. Secondo un servizio di Matrix, proprio nei giorni del 40esimo anniversario dalla morte di Moro, mirava e prendeva in giro, sorridendo, o meglio, ghignando, anche le vittime degli anni di piombo, accusandoli di aver trasformato questa loro condizione in un “mestiere”.
“La vittima ha il monopolio della parola… – diceva – Io non dico che non abbiano il diritto di dire la loro, ma non ce l’hanno solo loro. La storia non puoi farla te”. I giornalisti di Matrix erano presenti al centro sociale Cpa di Firenze in cui la Balzerani presentava uno dei suoi ultimi libri. Pure!
Nel 2019, da Quarta Repubblica si fa di nuovo sentire. Balzerani, condannata a quattro ergastoli e tornata in libertà nel 2011, torna a parlare in pubblico a Roma dove elogia il “conflitto” come strumento necessario a fare la storia. Con lei uno dei leader dei centri sociali, onorato di stare insieme alla terrorista, convinto che “senza memoria non c’è futuro”.
L’ultima sconcertante vicenda che ha visto protagonista la docente Donatella Di Cesare dimostra la difficoltà, tipica della “sinistra”, di accettare e riconoscere la realtà per ciò che è. Le parole di commento della Di Cesare alla notizia della morte della brigatista Barbara Balzerani sono apparse come voci dal sen fuggite, dato che prontamente sono state cancellate o rimosse con il post in questione. E tuttavia: esse sono sopravvissute e riemerse come idee anche mediante l’opinione di chi – come l’altrettanto filosofo Massimo Cacciari – ha detto: “La sua è stata una nota di malinconia per la mancata trasformazione che sognavamo tutti, per il cambiamento che non c’è stato”. Frase che non ottenne il placet della Professoressa De Cesare.
La Rettrice della Sapienza, Antonella Polimeri, si è subito dissociata dalle dichiarazioni della docente del suo ateneo, esprimendo “sconcerto”, condannando “ogni forma di violenza” e prendendo “le distanze da qualsiasi dichiarazione di condivisione o vicinanza a idee, fatti e persone che non rispettano o hanno rispettato le leggi della Repubblica e i principi democratici espressi dalla Costituzione”.
La deplorazione si estende. Solo in un Paese come il nostro una professoressa universitaria, quindi una servitrice dello Stato, può rimanere al suo posto dopo quello che ha scritto.
Le Istituzioni dovrebbero prendere atto di quanto accaduto e far dimettere dal suo alto ruolo educativo chi esprime queste considerazioni. La Sapienza infatti valuta provvedimenti, informato il ministro.
Nel frattempo la professoressa su FB se la prende con Massimo Gramellini, autore di un articolo non gradito, “Donatella e la Luna”, e non meglio identificati “giornalisti” presenti alla sua lezione.