
Intanto si sprecano milioni di soldi pubblici al servizio di ideologie perdenti
Viviamo un’epoca di grandi cambiamenti, forse impercettibili, ma reali. Nonostante gli imbarbarimenti presenti sulle Tv commerciali e il ruolo subdolo e perverso dei social, gli italiani non si lasciano distrarre e guardano al futuro con un misto di preoccupazione e un po’ di fiducia residua.
Il 37° Rapporto Eurispes, ci porge un ritratto senza filtri di un’Italia sospesa tra orgoglio nazionale e timori globali, tra crisi economiche incombenti, eventi climatici estremi e conflitti internazionali. Lo stivale si ritrova a fare i conti con un mondo che sembra scricchiolare, ma non perde la sua voglia di credere in sé stesso. E, quale piacevole sorpresa, il governo in carica sembra godere di una fiducia pressoché costante.
Se il 43,2% del campione si sente prima di tutto cittadino italiano, solo un italiano su cinque (22%) si identifica come europeo. Un dato che racconta un Paese legato alle sue radici, con un orgoglio nazionale e regionale che resiste, nonostante le supponenze di Bruxelles.
L’Ue non rappresenta una certezza, ma, con il tempo, sta alimentando panico e non poca diffidenza. Sono lontani gli anni, pur difficili, nei quali Alcide De Gasperi, con auspici e speranze invocava a Parigi, nel corso della Conferenza Interparlamentare Europea: “La nostra Patria Europa”. Nel percorso tra Mec e Ue, presero forma gli auspici in voga per giungere alla libera circolazione di persone, capitali e merci, attesi come passo importante, per l’affermazione della nostra libertà e il superamento dei nazionalismi.
Purtroppo, nel volgere degli anni, forse per la mancata vigilanza da parte dei governi italiani che si sono succeduti, l’Europa ha applicato disposizioni penalizzanti per le nostre attività agricole, ha calpestato le nostre consuetudini, noncurante del sentire comune. Ha elargito contributi economici ai Paesi membri, quali il PNNR, tutti finalizzati a interventi o opere pubbliche decise dall’alto e senza incontrare i favori popolari e di categorie produttive. L’UE in più occasioni invita i Paesi membri a tassare in modo scriteriato risparmi e abitazioni provate, ignorando i precedenti storici delle singole politiche fiscali. Il tutto viene con fastidio percepito quale compressione di spazi e libertà individuali, l’esatto contrario del perseguimento del “Bene comune”.
La infelice frase, divenuta ormai celebre di Romano Prodi “Ce lo dice l’Europa” poi scimmiottata da Ciampi e Draghi, ha impresso velocità alla ribellione che è esplosa anche fuori dai confini dell’Italia.
Come premesso, questi sono anni difficili e, nell’impotenza di fronte alle difficoltà si è palesato il limite dell’Europa nello scacchiere del mondo.
Per arginare il conflitto tra Russia e Ucraina, che deflagra vicino a noi, l’UE non ha saputo aprire negoziati validi, percorrendo invece vie prive di sbocco, applicando tout court sanzioni volte a chiudere l’importazione di gas dalla Russia, a scapito del bilancio delle famiglie e al budget delle attività produttive. Ci si è illusi di penalizzare la Russia, senza accorgersi che le sanzioni, oltre a fiaccare la nostra produzione industriale, avrebbero scavato un baratro nel bilancio delle famiglie, senza colpire la Russia, anzi alimentando le triangolazioni e le speculazioni.
In precedenza, non andò meglio. L’UE incappò nella gestione opaca dei vaccini antinfluenzali, per depotenziare gli effetti del Covid, ove ruoli di primo piano sono parsi sfuggenti e sostenitori di linee di azione inadeguate rispetto agli scenari reali, con risvolti anche pelosi oggetto di commissioni d’inchiesta.
Sono state poi imposte misure scriteriate a sostegno di una politica ambientale marcatamente ideologizzata e basata su dati di parte. La Commissione ha penalizzato i nostri costruttori di auto, falcidiano l’indotto e l’occupazione, a vantaggio addirittura dei produttori cinesi di batterie, per cercare di azzerare, in pochi anni i veicoli con motore termico, andando contro alle scelte dei consumatori.
Se poi aggiungiamo lo scandalo del Qatar gate e altri con minore notorietà, la freddezza, non solamente degli italiani, si palesa nella sua integrità. Questi andazzi sono stati subiti da cittadini europei che si sono visti sopraffatti dall’ideologia imperante, senza possibilità di farsi ascoltare nelle sedi proprie.
A titolo di esempio vorremo entrare nel merito, di come invece s’impegna la Commissione Europea, con un programma tanto esaltato e strombazzato.
Horizon Europe (HE) è «il principale programma di finanziamento dell’Ue per la ricerca e l’innovazione». Fa parte quindi di quella galassia di enti e progetti che intendono affrontare «i cambiamenti climatici», contribuendo al «conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite» e stimolando «la competitività e la crescita dell’Ue».
Tra gli intendimenti che leggiamo nel bugiardino delle buone intenzioni virtuose, HE «facilita la collaborazione e rafforza l’impatto della ricerca e dell’innovazione», «supporta una migliore diffusione di conoscenze e tecnologie eccellenti», «crea posti di lavoro», «stimola la crescita economica», «promuove la competitività industriale» e «ottimizza l’impatto degli investimenti all’interno di uno Spazio europeo della ricerca rafforzato». Insomma, si tratta di un programma ambizioso che, per i suoi promotori, giustifica i «93,5 miliardi di euro» messi a disposizione «per il periodo 2021-2027».
La delegazione francese del Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr) ha analizzato con dovizia i progetti effettivamente finanziati da HE e ha recentemente pubblicato sui propri canali social la «Top Ten» delle «peggiori spese di Horizon Europe».
Si va dai «4,9 milioni di euro per il progetto UCan» che intende «sostenere le città ucraine verso la neutralità climatica utilizzando il Patto Verde», ai «2,5 milioni», non proprio spiccioli, usati per una ricerca intitolata «Decolonizzare la sharia», la quale si propone di «esplorare l’impatto del colonialismo europeo sulla legge islamica nelle società del Medio Oriente e del Nord Africa».
E siccome si registra un costante declino del sapere tra gli studenti europei ecco «257.000 euro per il progetto HomoClassicus». L’ambiziosa ricerca vuole far luce sul «ruolo dell’antichità classica nelle storiografie Lgbtq di Grecia, Regno Unito e Stati Uniti», cercando di mostrare al pubblico «come le narrazioni storiche rafforzino le identità razziali» e questo nel contesto «delle migrazioni transnazionali e delle attuali trasformazioni demografiche». Chiaro, almeno per chi l’ha concepito.
Se poi uniamo il dogma green e quello gender, la miscela fa esplodere i finanziamenti: «2,6 milioni di euro» nel progetto gEneSys, che vorrebbe esplorare «le disuguaglianze sociali e di genere» all’interno delle «politiche di transizione energetica», e questo per giungere ad «una carbon neutrality equa ed inclusiva».
Poi ci sono «1,4 milioni di euro» per il progetto Wowma, che si occupa di scavare nei «pregiudizi razzisti» e nel «ruolo dell’oligarchia bianca» nella «costruzione dei paradisi fiscali tropicali». E quindi «214.441 euro» per sostenere «il progetto di ricerca Trasdej» che studia le «alleanze transatlantiche tra dissidenti sessuali per la giustizia ambientale», collegando tra loro «le lotte condotte dai dissidenti sessuali indigeni nel Messico meridionale» con «gli spazi di lotta queer in Europa», in particolare «a Berlino e nelle comunità rurali tedesche», usando nella ricerca «approcci postcoloniali, intersezionali e non-binari».
Forse il più divertente, almeno nel nome, è il «progetto MotoBoom» che grazie ai «188.590 euro» ricevuti studia «l’impatto della diffusione delle moto tra le popolazioni indigene dell’Amazzonia boliviana».
Questa purtroppo è la Commissione UE, uscita da nessun voto democratico e popolare, che spreca ingenti somme con i finanziamenti destinati agli interventi scelti in modo insindacabile e non richiesti dai cittadini.
È un crimine sprecare miliardi per scelte ideologiche e non condivisibili, quando in ogni Paese risultano stagnanti problemi annosi, in primis, le condizioni degli anziani e i divari culturali. Hanno ragione i giovani e i cittadini dei singoli Stati a prendere le distanze da una presidente chiacchierata e dai Commissari Ue, privi di carisma e credibilità, per non rimanere almeno eticamente coinvolti dagli evirati cantori del woke e dell’ideologia del politically correct.
Ma c’è stato di peggio in Romania, Francia, Germania ove il popolo nella cabina elettorale ha reagito negando il voto ai fautori dell’indiscutibilità del voto pro-Europa. L’Unione europea si è scatenata contro il voto dei cittadini, annullando le elezioni o coprendo di infamia le scelte popolari con azioni e argomenti falsi e pretestuosi.
Ciò è molto grave.
Da parte dei soloni di Bruxelles, si sta manifestando una estesa allergia verso il voto democratico dei popoli europei. La sovranità popolare viene considerata un serio fattore di rischio per il potere costituito. Invece di intercettare le cause profonde che spingono masse sempre più compatte di cittadini verso partiti anti UE, preferiscono additarli come pericolosi estremisti. Confondendo, così, l’effetto con la causa. Si è imboccata la via delle forzature giuridiche, e modifiche costituzionali laddove occorrerebbero risposte politiche efficaci e rispondenti alla realtà.
L’essenza della questione è fin troppo chiara: nella Ue è in atto il divorzio tra virtù predicate – tolleranza, accoglienza e inclusione – e vizi praticati: esclusione di leader scomodi, messa al bando di partiti non omologati e respingimento di milioni di elettori indesiderati.
Che amarezza!
Civico20News
Francesco Rossa
Editorialista
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L’articolo di Francesco Rossa riporta esemplarmente a galla l’effettivo rapporto tra i cittadini europei in generale e italiani in particolare e l’Europa. L’Europa considerata nella sua classe dirigente, ferma restando la validità dell’idea di accomunare gli Stati europei in una istituzione funzionale a tutti. Sono troppe le scelte ingiustificate e ingiustificabili della commissione europea che vanno a scontrarsi con gli interessi dei cittadini comunitari. L’Italia in particolare è stata presa di mira in più occasioni e sinceramente mi riesce difficile pensare che non ci sia stata la cura di interessi particolari di alcuni Stati. Riuscirà lo spirito europeo a far prevalere l’intento che animo’ i fondatori dell’Europa sulla condizione superficiale attuale?
Errata corrige: “conduzione superficiale attuale “.
La speranza è l’ultima a morire, caro Avvocato.Abbiamo cercato di fotografare il presente e le cause che ci hanno portato a percepire l’Unione Europea in modo negativo. Sempre pronti a elevare l’Inno alal Gioia”, qulora ravvisassimo le premesse. Ti ringrazio per la tua benevolenza,,