Il “piccolo tempio rotondo”
Ci sono opere d’arte caratterizzate da un linguaggio capace di travalicare i limiti del tempo e mantenere così inalterato il loro valore più autentico, anche a distanza di secoli. Ne abbiamo un esempio particolarmente indicativo nella cappella della Sindone di Torino.
Autore di questo capolavoro dell’architettura barocca è l’abate teatino e architetto Guarino Guarini (1624-1683), di cui quest’anno ricorrono i 400 anni dalla nascita.
Il “piccolo tempio rotondo” aveva il ruolo di contenere la Sindone e il geniale architetto è riuscito a creare un itinerario mistico a partire dal 1668 e completata dal suo cantiere dopo la sua morte.
Lo schema circolare della pianta si adattò all’impianto già presente: le due scale laterali d’accesso, le aperture verso la galleria del Palazzo e il finestrone che si apriva sulla navata centrale del duomo hanno contribuito ad assegnare al percorso mistico della cappella quelle tonalità evocative necessarie per le tonalità mistiche richieste da quel particolare edificio.
Le forme si riallacciano alle cappelle palatine tardo antiche e altomedievali, destinate alle reliquie; si possono individuare anche collegamenti al modello della cappella del Santo Sepolcr
o di Gerusalemme, la cui eco penetra nella cultura cristiana occidentale attraverso la mediazione di crociati e pellegrini. Presenti inoltre in Guarini richiami all’architettura extraeuropea, che si evincono nel ricorso a motivi tipici dell’arte islamica o, all’esterno della cappella, nell’evocazione di antiche pagode orientali.
Entrando nella cappella, scopriamo che le pareti delle scalinate laterali innestate nei vestiboli, sono ornate da grotteschi torsi senza testa, mentre nelle volte prevale il simbolismo trinitario, conformato all’interno della forma triangolare. Le pareti della cappelle presentano invece dei motivi decorativi costituiti da esagoni, stelle, cornucopie, conchiglie, mentre i capitelli rievocano la Passione avendo come focus uno dei segni simbolici più caratteristici: la corona di spine.
Il pavimento è decorato in modo tale da rimandare all’immagine di un grande cielo stellato, che propone effettivi legami con i motivi solari e stellari dei pavimenti dei vestiboli. Nella sommità della cupola è presente una raggera con l’emblema dello Spirito Santo. La base di esagoni sovrapposti fa da aura al tema della discesa dello Spirito Santo ben arroccato nel cupolino.
Seguendo il percorso simbolico suggerito dal costruttore, il pellegrino che si avvicinava all’urna della Sindone, passava così dell’oscurità alla luce: un allegorico riferimento alla Resurrezione.
Dalla penombra delle scalinate, si passa quindi ai vestiboli, in cui la luce è già in aumento ma ancora contenuta, quasi assorbita dal marmo nero dei pavimenti. Poi, andando verso il centro si avverte ancora l’atmosfera tetra e drammatica che l’edificio intende evocare. In seguito però è la luce a dominare l’ambiente della cupola: filtrando attraverso i grandi finestroni e le aperture superiori, dona allo spazio un nuovo aspetto.
In Guarini, l’uso del simbolo è una filigrana e non una vernice dell’architettura: è strutturale e non mera sovrastruttura. Ne abbiamo un esempio nel motivo stellare del pavimento, sulla sommità della cupola e negli archi del tamburo: si tratta di riferimenti alla cultura astrologica e astronomica che Guarini tratteggia nel suo trattato: Caelestis Mathematica.
Quelle stelle, “160 di Lottone in peso di mezzo rubbo caduna”, non solo le sole: infatti le ritroviamo anche nel reticolato delle lunette sotto il tamburo, e anche le croci moltiplicate nei pennacchi sembrano stelle. L’apoteosi giunge al culmine con la grande stella della cupola.
Ai 33 scalini fanno eco altri simboli ternari: tre gruppi di colonne; le scale sono tripartite da lesene, con tre nicchie per parte e tre volte in cui si aprono i lucernari. La lanterna, formata da tre corpi cilindrici, sorge su tre gradini e il circolo del tamburo della cupola è chiuso dalla morsa triangolare dei tre arconi.
L’ascesi mistica si scontra nelle grottesche, ai lati delle finestre, sulle rampe d’accesso: torsi senza membra, cioè senza movimento, e senza testa, quindi senza ragione.
Un aspetto particolarmente interessante che pone in essere le ipotesi esoteriche, è costituito dal rapporto tra lo schema base della cappella e la raffigurazione dell’eclisse di sole descritta dal Guarini nel suo trattato Caelestis Mathematicae.
Infatti vi è un’affinità tra la planimetria della cappella e i disegni illustranti il trattato guariniano sull’astronomia. In estrema sintesi, la raffigurazione delle tre fasi dell’eclisse determina una trasposizione grafica che è sovrapponibile alla pianta della cappella della Sindone.
Va osservato che il riferimento all’eclisse, non è tanto azzardato, se si tiene conto del ruolo della cappella: contenere la testimonianza della morte e resurrezione di Cristo. Immediato il legame evangelico: “Dall’ora sesta fino all’ora nona si fece buio su tutta la terra” (Mt 27, 45)
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