
Come imparare la punteggiatura da un film
Alain Delon era bellissimo. Punto. L’uomo più bello del mondo. Punto. Senza se e senza ma. Punto. Ha messo d’accordo nonne, mamme, figlie e nipoti che hanno magari ceduto al fascino, nel tempo, di Robert Redford, Richard Gere, Tom Cruise, Brad Pitt, Leonardo Di Caprio o mille altri, ma alla domanda posta seriamente, quella a cui si risponde soppesando davvero i lineamenti, lo sguardo, il fisico e quel quid che attrae inesorabilmente, la risposta è sempre la stessa: Alain Delon. E qui ci sta ancora una volta un bel punto fermo, come si conviene ad un’affermazione definitiva, ad un’opinione decisa. Che naturalmente, considerata la natura del contenuto, può essere più o meno condivisa, ma chi scrive la intende come indiscutibile. E quindi meritevole di essere conclusa con un punto. Ma se ci addentriamo nell’analisi dei film e dei personaggi interpretati da Delon, possiamo trovare, oltre ai punti fermi, anche dei raffinati ed ambigui punti e virgola. Nel “Gattopardo” Tancredi era bellissimo, nella celeberrima scena del ballo si presentava nel salone e volteggiava con Angelica con una “grazia” e una “sprezzatura” degne del più raffinato uomo di corte, indossando un abito impeccabile che ne metteva in luce tutta la bellezza, la gioventù e la sicurezza. Non importa che il romanzo e il film trasudino decadenza, delusione, disincanto; la sua era una bellezza da punto fermo.
Ma pensiamo al Delon de “La prima notte di quiete”, all’affascinante supplente del liceo di Rimini ( non mi è mai capitato di vedere un supplente così; peccato) che s’innamora di una studentessa, Vanina, a sua volta legata con un uomo ricco e che la esibisce come un trofeo per la sua bellezza. Delon è un uomo misterioso, che convive con una compagna da lungo tempo, ma non esita a tradirla con Vanina, pieno di dubbi e frustrazioni: un autentico punto e virgola, qualcuno che non riusciamo ad immaginare cosa farà, se mai farà qualcosa. Esce da scuola lasciando i ragazzi incustoditi; quando il preside lo incontra e gli domanda perché si sia allontanato, risponde che era uscito a comprare le sigarette, come se fosse la cosa più naturale del mondo. La sua è una bellezza da punto e virgola; cosa ci sarà in fondo alla sua strada? Non lo sappiamo, non lo sa neanche lui quando decide di non andare all’appuntamento per fuggire con Vanina, temendo che la sua compagna si suicidi; e troverà la morte in un incidente d’auto, drammatico ed inaspettato come quello che possiamo trovare in una frase dopo un punto e virgola. Lo stesso vale per “La piscina”, un altro film oscuro ed in cui Delon, uno scrittore fallito, compie un omicidio sull’onda di emozioni violente, basate su sospetti più o meno fondati. Un delitto ed un fascino, i suoi, davvero degni di essere raccontati dopo un punto e virgola: succederà qualcosa, ma non sappiamo né cosa, né quando.
Lasciamo la bellezza di Alain Delon e proviamo a dare qualche dritta più da prof sul punto e virgola. Questo segno, racconta la grammatica, indica una pausa intermedia tra quella lunga segnata dal punto e quella breve segnata dalla virgola. Può dividere, per esempio, due o più frasi collegate tra loro, ma troppo estese per essere delimitate soltanto a una virgola.
“Solo allora, per la prima volta, mi accorsi della sua presenza; lì per lì mi sembrò impossibile che si trattasse proprio di lui, e stentai a riconoscerlo; poi, guardando meglio, non ebbi più alcun dubbio.”
Ma per il punto e virgola, un segno oggi poco amato e spesso dimenticato benché, a mio avviso, renda la frase leggera ed elegante, vale la pena di scomodare anche la filosofia: secondo T.W, adorno è “il simbolo stesso della dialettica”: supera e riprende quel che è antecedente e lo trasforma in qualcosa di diverso.
Provate ad osservare l’uso del due punti dopo “simbolo della dialettica”: i due punti indicano che dopo di loro troveremo una spiegazione, una certezza. Il punto e virgola, invece, come ci spiega Severgnini, “contiene una dose di dubbio e suspense e obbliga ad una deliziosa, impercettibile apnea mentale. Nello stesso tempo è un avvertimento al lettore: “Ehi, guarda che cambio discorso; ma potrei riprenderlo, se mi va. Quindi, attento a non dimenticare quello che ho appena scritto!”
A questo punto, è chiaro perché Severgnini mette il punto e virgola dopo la parola “discorso”? Mi auguro di sì!
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