Di Alessandro Mella
Narra la leggenda che il Re Alfonso I del Portogallo avesse visto un braccio alato e armato di sciabola intervenire, dal cielo, in aiuto alle forze cristiane impegnate contro i musulmani durante la battaglia di Santarem nel 1147. Il sovrano rimase impressionato dall’evento, decisivo per la vittoria, e l’attribuì all’intervento miracoloso e benevolo di San Michele.
Desideroso di dimostrare al santo la sua gratitudine egli fondò, secondo alcuni nel 1165, l’Ordine di San Michele dell’Ala il quale, nel 1177, ottenne l’approvazione di papa Alessandro III. Il più antico ordine dinastico portoghese attraversò diversi periodi di gloria e di oblio ma Bernardo Giustiniani nella sua opera del 1692 indicò una successione precisa dei grandi maestri che si erano susseguiti ininterrottamente fino al 1667: «Alfonso di Borgogna il Conquistatore, Sancio I il Popolatore, Alfonso II il Grasso, Sancio II il Pio, Alfonso III il Restauratore, Dionigi l’Agricoltore, Alfonso IV l’Ardito, Pietro I il Giustiziere, Ferdinando I il Bello, Giovanni I d’Aviz il Buono, Edoardo il Filosofo, Alfonso V l’Africano, Giovanni II il Principe Perfetto, Manuele I d’Aviz-Beja il Fortunato, Giovanni III il Pio, Sebastiano I il Desiderato, Enrico I il Casto, Filippo I d’Asburgo il Prudente, Re di Spagna e Portogallo, Filippo II il Pio, Filippo III il Grande, Giovanni IV di Braganza il Restauratore già Duca di Braganza, Alfonso VI il Vittorioso e Pietro II il Pacifico».
Tuttavia, le vicende storiche dell’ordine sono spesso avvolte dalle nebbie della storia e non è facile ricostruirle con precisione anche perché le fonti, poche, disponibili non sempre concordano su date e numeri. Del resto, gli alti compiti a cui fu chiamato ne fecero una forza di altissimo valore e tale da consigliare un certo livello di riservatezza.
Esso attraversò i secoli, avvolto da mistero, fino ai giorni nostri tra alterne vicende. Narra un’altra leggenda che l’usurpatore Michele del Portogallo, dopo la sconfitta nella guerra civile del 1834, avesse tentato di avocarlo a sé e sottrarlo al controllo dei legittimi sovrani portoghesi per farne un’organizzazione segreta a sostegno delle sue infondate pretese assolutiste ma, per fortuna, finì per non riuscirvi dal momento che venne meno l’approvazione pontificia che in origine egli ritenne di poter avere. Tuttavia, dopo il suo infausto regno, l’ordine finì per disperdersi temporaneamente finché non ritrovò vigore e vita per volontà di Dom Nuno Cabral da Camara Pereira Marchese di Castel Rodrigo che lo riportò onorevolmente sotto al magistero del Capo della Real Casa del Portogallo, Dom Pedro Duca di Braganza e di Loulè.
Magistero riconosciuto anche dagli studi condotti dal Comitato Scientifico dell’Annuario della Nobiltà Italiana diretto da Andrea Borella. Oggi l’ordine si dedica ad opere di beneficenza e sostegno dei più poveri e bisognosi secondo una vocazione di generosità che si riallaccia alla sua tradizione cristiana. In Italia, guidati dal Conte Giuseppe Rizzani Delegato degli Ordini Dinastici Portoghesi per l’Italia, la Repubblica di San Marino e la Santa Sede, i suoi cavalieri ed appartenenti si sono, anche recentemente in occasione dell’emergenza Covid 19, dimostrati molto attivi nel sostegno ai più bisognosi.
Ma quali tracce lasciò questo sodalizio nel tempo? Ne abbiamo scoperte alcune su pubblicazioni in lingua italiana. Alcune tra le innumerevoli a testimonianza di come, anche nel nostro paese, si conservasse memoria di quell’antica e gloriosa milizia cattolica. Già nel 1684 ne diede cenno Bonaventura Tondi da Gubbio nel suo “Il Monacismo illustrato” collocandolo tra gli ordini che seguivano la regola benedettina. Nel 1694 lo stesso autore ne parlò nuovamente nel suo “La monarchia austriaca” con qualche notizia esposta in un breve paragrafo: «Della Sacra Milizia, Ordine di S. Michele de Ala. Quest’ordine, nel Regno di Portogallo, conosce, per suo fondatore, il suddetto Re di Portogallo, Alfonso, il Santo. La sua istituzione fu, l’anno 1178, la sua insegna, è un’ala rossa, segnata d’oro e di folgore, e si porta sopra il cuore. In questa cavalleria, non entrano, che i cavalieri di corte, i quali rendono ubbidienza, all’abate di Alcobazia».
Si noti come l’autore ne parli al presente come un’organizzazione vivente e fiorente al momento della stesura dell’opera.
Nel 1711 l’ordine comparve nell’opera “Catalogo degli ordini equestri e militari. Esposto in immagini, e con breve racconto offerto alla Santità di N.S. Clemente XI dal P. Filippo Bonanni della Compagnia di Gesù” con due tavole. Una dedicata all’insegna della croce e dell’ala e l’altra alla veste dell’ordine con una corposa descrizione dello stesso, su due colonne, in latino ed in italiano. In questo caso la fondazione dell’ordine viene fatta risalire al 1171 a riprova di come le fonti spesso non concordino nei dettagli. In questo caso, tuttavia, l’autore parla dell’ordine dando l’impressione di riferirsi ad un qualcosa di superato dagli eventi. E i toni sembrano confermare una crisi od un momento di difficoltà collocabile a partire dalla fine del XVIII secolo.
Esprime, invece, un’opinione diversa padre Giuseppe Francesco Fontana, nel 1738, nella sua traduzione dell’opera “Storia degli ordini monastici, religiosi e militari e delle congregazioni secolari”. Dopo un’attenta e minuziosa analisi delle vicende storiche con condussero alla fondazione dell’ordine e delle sue caratteristiche egli va retrodatando, forse eccessivamente data l’estrema discordanza dalle altre fonti, la crisi al regno di Sancio I figlio del fondatore.
L’anno dopo anche Giovanni Marangoni da Vicenza rievocò la fondazione dell’ordine nel suo volume “Grandezze dell’arcangelo San Michele nella chiesa trionfante militante e purgante” ma senza nulla di particolare aggiungere. Tuttavia, il breve resoconto degli eventi è di piacevole lettura. Egli, infatti, l’affida alle parole dello stesso Re Alfonso riportate a suo tempo da De La Cerda ed un cui stralcio si ritiene interessante riportare: «Ed affine di non scordarci mai di quello miracoloso ajuto di S. Michele, e dell’Angelo mio Custode, ho decretato d’istituire un Sagro Ordine, e Compagnia Militare di Cavalieri, i quali debbano portare sopra il Cuore un’Ala di porpora ornata d’oro, e di vago splendore; alla somiglianza di quella, che nella battaglia cogl’occhi miei ho veduta».
Un’altra preziosa descrizione dell’Ordine di S. Michele fu pubblicata dal carmelitano Onorato di Santa Maria nella sua opera “Dissertazioni storiche e critiche sopra la cavalleria antica e moderna, secolare e regolare” ove egli scrisse: «Quantunque tutte le Milizie Regolari facciano voti, questi però non sono sempre gli stessi. Coloro ancora che seguono la stessa Regola, hanno sovente dei doveri differenti. Diamone degli esempi. Vi sono delle religioni militari, le quali non si obbligano punto voto della castità, e della povertà, ma solamente quello dell’ubbidienza, il quale obbliga i Cavalieri ad esporre la loro vita per il sichermo della Fede, e a combattere contro a’ nemici della Chiesa secondo gli ordini del Superiore. Si può mettere in questa classe l’Ordine dell’Ala di San Michele. Alfonso I Re di Portogallo lo eresse nel 1166 in memoria della celebre vittoria che riportò sopra i mori mercè dell’Arcangelo San Michele. I Cavalieri si obbligavano a difendere la Religione, ed a guardare le frontiere del Regno, ed a proteggere le vedove, e i pupilli. Essi portavano un’ala di colore porporino circondata di raggi d’oro, come è fermato per l’atto di fondazione di quest’ordine». L’opera è del 1769 ma si tratta di un’edizione di alcuni decenni successiva alla morte dell’autore.
Ritroviamo la nostra milizia citata nel volume “Dizionario militare francese italiano” del commendatore Mariano D’Ayala edito a Napoli nel 1841: «Aile de Saint Michele. Ala di San Michele. Il quale ordine venne creato da Alfonso I re di Portogallo l’anno 1165 per voto fatto a San Michele nella temuta invasione dei mori. La decorazione consistea in un sole d’oro, avente nel centro un’ala spiegata, smaltata bianca, ed il motto Quis ut deus; venendo sospesa a un nastro porporino e affisso all’occhiello della divisa». Un ulteriore breve cenno fu fatto da Cesare Cantù nella sua opera “Storia Universale” edita a Torino nel 1842 ma questi si allineò all’ipotesi, invero ingenerosa e probabilmente imprecisa, del Fontana: «Lo stesso Alfonso, difeso nella battaglia di Santrem dal braccio alato di San Michele, istituì l’ordine di San Michele dell’Ala, devoto e proteggere la persona del re; ma ebbe corta durata».
Come abbiamo visto in questo breve articolo le fonti italiane sul Real Ordem de Saò Miguel da Ala sono spesso in disaccordo, talvolta lacunose, contradditorie nella data di fondazione come nelle sorti dell’ordine stesso e ciò è comprensibile alla luce dei molti secoli di vita di quest’istituzione e di quella sobrietà che la portò a prediligere l’azione alla promozione di se stessa.
Nondimeno è affascinante tentare, seppur faticosamente, di ripercorrerne le tracce così da valorizzarne la sua rinascita, la sua nuova ritrovata vitalità nonché l’impegno profuso dai suoi appartenenti per rinnovarne lo spirito caritatevole e gli ideali d’origine. Uno di quei casi in cui la storia continua facendolo nelle sue migliori espressioni.
Alessandro Mella
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