
Foto creata da Fabio Mandaglio
La dichiarazione di Putin
A due giorni dalle elezioni, che gli hanno riconfermato per sei anni e per la quinta volta il mandato presidenziale, nella intervista rilasciata al canale televisivo Rossiya-1, Putin ha dichiarato:
Non ho mai pensato di usare armi nucleari tattiche in Ucraina. Lo farei solo se venisse messa in pericolo l’esistenza, la sovranità e l’indipendenza della Russia.
Le sue velate minacce del nucleare, che molto nei mesi passati hanno preoccupato, contestualizzate in questo modo, preoccupano forse un po’ meno.
Non sono le operazioni militari dell’Ucraina che possono innescare l’uso russo di armi nucleari: da solo, questo Paese non ha mezzi di straordinaria efficacia bellica che, col loro impiego, possano mettere in pericolo l’esistenza, la sovranità e l’indipendenza della Russia; sono piuttosto certe manovre della Nato che potrebbero far saltare equilibri da tempo di precaria stabilità.
Armi nucleari tattiche
Nella balugine attuale d’un futuro incerto di vaste estensioni mondiali con centro nevralgico in Ucraina, fa paura il fantasma del nucleare, che vede proprio in questi giorni i sette oscar del thriller storico di Christopher Nolan su Oppenheimer, padre della bomba atomica.
Le prime bombe nucleari – bombe A, a fissione, atomiche per antonomasia, cui nel tempo hanno fatto seguito le bombe H, a fusione, a idrogeno, termonucleari – furono sganciate in Giappone nell’agosto del 1945. Non c’è chi non sappia della ecatombe di morti e delle devastazioni che ne derivarono e che le consacrò alla storia come armi di distruzione di massa.Furono, per questo, le uniche e le sole a essere utilizzate dopo di allora, in corso di guerre nel mondo.
La bomba di Hiroshima aveva una potenza di 15 chilotoni = 15 mila tonnellate di tritolo; quella di Nagasaki aveva invece una potenza di 25 chilotoni = 25 mila tonnellate di tritolo. Potremmo considerarle pertanto solo bombette atomiche rispetto a quelle USA di oggi, capaci di 100 chilotoni di potenza e a quelle URSS, che arriverebbero a 170. Ben maggiore è la potenza delle bombe termonucleari, che si misura in megatoni.
Nel 1961 la Russia, a 4 mila metri d’altezza, sulla pressoché disabitata Novaja Zemlja, isola nell’estremo nord del Paese, fece esplodere Big Ivan, una bomba sperimentale all’idrogeno detta poi Zar, da ben 50 megatoni = 50 milioni di tonnellate di tritolo: i sismografi registrarono una scossa di terremoto di magnitudo superiore a 5.
Oppenheimer, per il suo molto sapere, ben conoscendone la straordinaria potenza distruttiva, si oppose sempre alla produzione di bombe all’idrogeno, da quando cominciò a essere tormentato dagli effetti devastanti del nucleare. Per lui, erano già molto potenti le armi nucleari tattiche. Oggi è Putin che ne ventila l’uso, nella scioglievolezza di una intervista preelettorale, parlandone come ad additare i biscottini migliori per il thè pomeridiano.
Le armi nucleari tattiche sono di piccole dimensioni, facili da trasportare, non necessitano di essere sganciate da un aereo. Dovrebbero avere testate con potenza fino a 1 chiloton =1.000 tonnellate di tritolo, ma potrebbero polverizzare una portaerei e seminare comunque distruzione e morte su tutta un’area di vari chilometri quadrati. (A Capaci, per l’attentato che costò la vita al giudice Falcone, bastarono 500 chili di tritolo = mezza tonnellata per l’impressionante cratere che sventrò il massiccio piano di cemento armato di quella autostrada).
Seconda era nucleare
Il nucleare, dopo la tremenda presa d’atto dello scempio visto in Giappone, prese ad essere utilizzato dalle potenze mondiali come deterrente, minacciandone l’uso a fini dissuasivi o anche di pressione politica (deterrence and compellence – deterrenza e coercizione), moderandone i toni alla bisogna, consapevoli tutti che una azione di fatto bellica avrebbe potuto innescare reazioni da Apocalisse.
Più che lontani non solo dal punto di vista del tempo, ma soprattutto dalle problematiche della così detta guerra fredda, caratterizzata allora dalla rincorsa alle armi più potenti, siamo ormai, dicono certi analisti della Storia, nel pieno della Seconda era nucleare, nel corso della quale si vanno modulando deterrence and compellence e si esibisce la disponibilità di armi nucleari di pronto impiego effettivo, con potenza specifica per singoli obbiettivi sensibili da neutralizzare.
Non v’è però chi non veda che le minacce, così, potrebbero diventare più concrete e addirittura qualcuno potrebbe essere indotto a pensare che si stava meglio quando si stava peggio, quando cioè, di fatto, il nucleare non era arma da guerra, ma solo mezzo per minacciare una guerra nucleare, che non ci sarebbe mai stata perché, tremendamente temuta da tutti, non era e continua a non essere voluta da nessuno.
Si vales, vàleo.
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