Una vera figura di riferimento in famiglia
E’ di questi giorni la notizia del miracolo riconosciuto che porterà alla proclamazione della santità di Carlo Acutis, in quanto ritenuto fatto inspiegabile e avvenuto per la sua intercessione – dopo quello in precedenza servito alla beatificazione -, riguarda una ragazza del Costa Rica, studentessa in Italia, operata per un trauma cranico dovuto a un incidente. Dalle sue condizioni disperate è uscita grazie all’intercessione del beato, invocato dalla mamma.
Carlo Acutis rappresenta “la santità del quotidiano” perché la sua vita è stata “una preghiera continua”: a descriverlo così è la madre Antonia Salzano parlando con l’ANSA dopo l’annuncio di oggi. “Un ragazzo normale che ha aperto il suo cuore a Cristo. E ha reso santa la sua normalità”, aggiunge. La famiglia Acutis si divide tra Milano, dove gestisce un’azienda, e Assisi, dove il ragazzo chiese di essere sepolto, venendo poi traslato nella chiesa di Santa Maria Maggiore dopo essere stato proclamato venerabile.
La sua tomba, con il corpo visibile, è meta ogni anno di migliaia di pellegrini. Carlo Acutis ha un fratello e una sorella nati entrambi dopo la sua scomparsa. “Un miracolo che mi annunciò lui in sogno”, dice la madre. “C’è grande emozione – afferma ancora la donna – anche perché di solito quando i santi vengono proclamati i genitori sono già defunti. Una gioia che condividiamo con tutti coloro che nel mondo ogni giorno pregano Carlo, che ci scrivono di lui e ci parlano di suoi miracoli”.
Esiste una numerosa e qualificata letteratura su questa bella figura di giovane cristiano. Tra questi si aggiunge il libro del sacerdote salesiano, don Umberto De Vanna, “Beato Carlo Acutis. 15 anni di amicizia con Dio”, (Elledici-Smart, 2022), tra i vari capitoli, mi ha colpito maggiormente quello che riguarda la testimonianza di Rajesh, “Il mio fidato amico Rajesh”.
Carlo, scrive De Vanna era particolarmente legato all’indiano Rajesh, un domestico di casa, che lo conosceva da quando aveva 4 anni. Era di religione induista, ma per Carlo è stato una vera figura di riferimento in famiglia, un compagno delle sue giornate, un amico con cui si confidava, e che chiamava: “il mio fidato amico Rajesh”. Questo episodio è importante perché mette in luce un aspetto, forse trascurato tra i cristiani, tra i cattolici. Mi riferisco all’ecumenismo, si parla tanto anche a sproposito, di questo aspetto della Chiesa, talvolta non si riesce a comprendere quale sia l’approccio giusto per accostarsi alle altre religioni.
Forse il giovane Carlo con la sua paziente relazione è riuscito a spiegarcelo. Carlo non si è fatto particolari scrupoli, è riuscito a portare alla fede cristiana il suo amico domestico, l’indiano induista, naturalmente senza mancargli mai di rispetto. “Carlo aveva una fede così luminosa che riusciva a contagiare chiunque per come la viveva e come ne parlava”. Rajesh racconta che il ragazzo gli faceva la catechesi sulla religione cattolica e gli diceva che sarebbe stato più felice se si fosse avvicinato a Gesù Cristo. Utilizzava la Bibbia, il Catechismo della Chiesa Cattolica e le storie dei santi.
Rajesh testimonia che Carlo conosceva quasi a memoria il Catechismo e lo spiegava brillantemente. Conosceva la teologia e la sapeva spiegare meglio degli adulti. “Poco a poco ho cominciato a prendere veramente sul serio i consigli e gli insegnamenti di Carlo, finché non decisi di farmi battezzare cristiano”. Rajsh afferma che il giovane per lui è stato un maestro di vita cristiana autenticamente vissuta, un esempio di moralità eccezionale.“Mi sono fatto battezzare perché è stato Carlo che mi ha contagiato e folgorato con la sua profonda fede, la sua grande carità e la sua grande purezza […]”.
Un ragazzo di alta spiritualità e santità, che ha acceso il desiderio del battesimo nel suo domestico. Carlo non ha nascosto o sottovalutato nulla della nostra fede: importanza di ricevere quotidianamente l’eucarestia (la sua autostrada per il cielo), di pregare la Vergine Maria con il Santo Rosario, cercando di imitarne le virtù eroiche. Carlo sottolineava l’importanza delle “virtù”, che si acquisiscono attraverso un’intensa vita sacramentale.
Era convinto che il più grande dono che Dio aveva fatto agli uomini era stato quello di inviare il suo Figlio Unigenito Gesù. Madre Teresa di Calcutta avrebbe detto: “La più grande disgrazia dell’India è quella di non conoscere Gesù Cristo”. Una frase che potrebbe valere per tutto il mondo. Carlo pregava per i non cristiani, in particolare per gli ebrei, aveva 11 anni quando nel 2002, san Giovanni Paolo II ad Assisi, aveva indetto la preghiera interreligiosa.
Carlo aveva un grande desiderio che il Vangelo si diffondesse nel mondo. Diceva con semplicità:“Con questi incontri il Papa dà a tutti la possibilità di conoscere Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, da cui dipende la salvezza di tutti gli uomini”. Carlo aveva un grande rispetto per ogni persona, non badava alla diversità di razza, di religione, di cultura, di ricchezza.
Tutti erano degni di rispetto perché figli di Dio.
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