
L’omertà sul riscaldamento globale e i viaggi interplanetari verso nuove mete
Dopo aver interrogato l’IA su cause ed effetti del riscaldamento globale, in cerca di una verità neutrale, la sequenza dell’intervista all’IA si è spinta avant’oltre, sia sul presente che sul futuro cosmico della nostra umanità.
La 1ª intervista all’IA sui dati del riscaldamento globale è uscita su questo giornale giovedì 9/1/2025. La 2ª, relativa agli scenari di sopravvivenza della vita è uscita il 10/1/2025. Dunque a seguire…:
Domanda numero otto:
i capi di Stato sono consapevoli della drammatica vicinanza a un punto di non ritorno causato dal cambiamento climatico?
Risposta dell’IA
Sì, i capi di stato sono consapevoli della vicinanza al punto di non ritorno causato dall’aumento delle temperature globali. Tuttavia, tardano azioni concrete. Ecco un’analisi dettagliata della situazione:
- Consapevolezza globale
- Rapporti scientifici:
Organizzazioni internazionali come l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) pubblicano regolarmente rapporti dettagliati che descrivono l’urgenza della crisi climatica, inclusi i rischi di superare la soglia di 1,5°C. Questi rapporti sono destinati ai leader mondiali e costituiscono la base per decisioni politiche e accordi internazionali. - Eventi internazionali:
Conferenze come la COP (Conference of the Parties) delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico riuniscono capi di stato, scienziati e attivisti, evidenziando la necessità di interventi immediati. Durante questi incontri, viene ribadito quanto siamo vicini al punto di non ritorno.
- Comunicazione e impegno politico
- Accordi globali:
L’Accordo di Parigi del 2015 è stato firmato da quasi tutti i paesi del mondo, con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e possibilmente a 1,5°C. Questo dimostra che i leader mondiali sono consapevoli della gravità della situazione. - Dichiarazioni pubbliche:
Molti leader nazionali e internazionali hanno riconosciuto pubblicamente l’urgenza del problema, impegnandosi a ridurre le emissioni e a sostenere la transizione energetica verso fonti rinnovabili.
- Azione insufficiente
Nonostante la consapevolezza, le azioni intraprese finora non sono sufficienti per rispettare gli obiettivi climatici:
- Mancanza di ambizione:
Molti paesi stanno implementando politiche climatiche che non sono allineate agli obiettivi di 1,5°C. Secondo l’ONU, gli attuali impegni nazionali (NDC, Nationally Determined Contributions) porterebbero a un aumento della temperatura globale di circa 2,5-3°C entro la fine del secolo. - Pressioni economiche:
Gli interessi economici legati ai combustibili fossili, l’inerzia burocratica e le disuguaglianze globali rallentano i progressi. - Politiche a breve termine:
La maggior parte dei governi tende a privilegiare politiche a breve termine, spesso influenzate dalle dinamiche elettorali, rispetto a soluzioni a lungo termine per il cambiamento climatico.
- Superamento temporaneo di 1,5°C
È importante una risposta politica globale, perché la soglia di 1,5°C potrebbe essere superata temporaneamente nei prossimi anni:
- Fenomeni transitori:
Eventi climatici come El Niño, combinati con le emissioni continue, potrebbero portare a un superamento temporaneo della soglia. Tuttavia, i rapporti scientifici sottolineano che l’obiettivo è evitare un riscaldamento sostenuto al di sopra di 1,5°C. - Rischi del superamento:
Anche un superamento temporaneo potrebbe innescare feedback climatici, come lo scioglimento del permafrost o la perdita di foreste pluviali, che aggraverebbero ulteriormente la crisi.
- Ruolo dei cittadini e della pressione sociale
- Movimenti globali:
Attivisti e organizzazioni ambientaliste stanno esercitando pressioni significative sui governi per accelerare le azioni climatiche. Movimenti come Fridays for Future e Extinction Rebellion hanno contribuito a sensibilizzare sia i cittadini che i politici. - Opinione pubblica:
La crescente consapevolezza pubblica sta spingendo molti governi a dare maggiore priorità alle questioni climatiche.
Conclusione
I capi di stato sono consapevoli della vicinanza al punto di non ritorno, ma la risposta collettiva globale è insufficiente per evitare le conseguenze peggiori. La sfida principale è trasformare la conoscenza in azioni coordinate e incisive, superando ostacoli politici, economici e sociali.
L’urgenza di agire non potrebbe essere più chiara, e ogni ritardo aumenta il rischio di danni irreversibili per il pianeta. 🌍
Domanda numero nove:
se i capi di Stato sono al corrente del drammatico aumento del riscaldamento globale perché non prendono provvedimenti concreti?
Risposta dell’IA
I capi di Stato spesso non riescono a prendere provvedimenti per una serie di motivi che includono vincoli politici, economici, sociali e culturali. Ecco le principali ragioni:
- Vincoli economici
- Dipendenza dai combustibili fossili:
Molte economie si basano su industrie legate ai combustibili fossili. Una transizione verso energie rinnovabili richiede costi elevati e può comportare la perdita di posti di lavoro in settori chiave, rendendo la transizione impopolare. - Influenza delle lobby:
Aziende potenti, come quelle del settore petrolifero e del gas, esercitano pressione sui governi per evitare regolamentazioni più severe, minacciando di ridurre investimenti o trasferire attività altrove.
- Priorità politiche a breve termine
- Ciclo elettorale:
I leader politici tendono a concentrarsi su obiettivi che portano risultati tangibili nel breve periodo per ottenere consenso elettorale. I benefici delle politiche climatiche, invece, si manifestano spesso nel lungo termine, oltre la durata di un mandato politico. - Impatti economici immediati:
Politiche climatiche ambiziose possono comportare costi immediati per cittadini e imprese (aumento dei prezzi dell’energia), rendendole difficili da giustificare politicamente.
- Difficoltà nella cooperazione internazionale
- Conflitti di interesse tra paesi:
Le nazioni sviluppate, che hanno contribuito di più alle emissioni, chiedono ai paesi in via di sviluppo di limitare le loro emissioni. Tuttavia, molti paesi emergenti ritengono ingiusto sacrificare il loro sviluppo economico senza un adeguato supporto finanziario. - Assenza di obblighi vincolanti:
Gli accordi internazionali, come l’Accordo di Parigi, non prevedono sanzioni per i paesi che non rispettano gli impegni, lasciando ampi margini di inazione.
- Mancanza di consenso e volontà politica
- Negazionismo climatico:
In alcuni governi, esiste ancora una resistenza ad accettare la scienza del cambiamento climatico, spesso alimentata da disinformazione o ideologie politiche. - Polarizzazione politica:
In molti paesi, il cambiamento climatico è un tema politicamente divisivo, con partiti che si oppongono alle politiche ambientali per guadagnare consenso. - Conflitti interni:
Anche all’interno di un singolo governo, ministeri o settori economici possono avere priorità contrastanti, rendendo difficile implementare politiche climatiche coerenti.
- Limitazioni tecnologiche e infrastrutturali
- Tempi di attuazione lunghi:
La transizione verso energie rinnovabili richiede anni per essere completata, durante i quali i sistemi tradizionali (ad esempio, le centrali a carbone) continuano a funzionare. - Innovazione insufficiente:
Sebbene esistano tecnologie promettenti, molte non sono ancora convenienti o ampiamente disponibili.
- Altre emergenze e priorità
- Conflitti globali:
Guerre, crisi economiche e pandemie spesso spingono il cambiamento climatico in secondo piano. Ad esempio, la crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina ha portato alcuni paesi a riaprire centrali a carbone per garantire la sicurezza energetica. - Disuguaglianze sociali:
In molti paesi, le disuguaglianze interne spingono i governi a concentrarsi su problemi sociali ed economici immediati, riducendo la priorità della crisi climatica.
- Mancanza di pressione pubblica sufficiente
- Scarsa percezione dell’urgenza:
Per molti cittadini, il cambiamento climatico appare come un problema lontano, mentre questioni quotidiane (come il costo della vita) sono percepite come più urgenti. Questo riduce la pressione sui governi per agire rapidamente. - Disinformazione:
La diffusione di false informazioni, di opinioni scientifiche errate e la sottovalutazione della crisi da parte di molti media contribuiscono a rallentare la mobilitazione pubblica.
Conclusione
I capi di Stato sono intrappolati tra l’urgenza della crisi climatica e una rete complessa di ostacoli politici, economici e sociali. Per superare queste barriere, è fondamentale aumentare la conoscenza e la pressione pubblica, per spingere i leader a un’azione comune. 🌍
10ª Domanda:
perché la stampa e la televisione non avvisano correttamente sulla gravità del riscaldamento globale?
Risposta dell’IA
Effettivamente, stampa e tv non avvisano in modo chiaro e incisivo sulla possibilità di una fine della vita sul pianeta se si superano temperature limite. Ecco le principali ragioni:
- Complessità del messaggio
- Difficoltà di comunicare l’urgenza:
Il cambiamento climatico è un fenomeno complesso e spesso percepito come un problema a lungo termine. Tradurre concetti scientifici in linguaggio semplice e chiaro può essere difficile. - Rischio di allarmismo:
Alcuni media temono che messaggi troppo drammatici, percepiti come catastrofisti, portino alla destabilizzazione del pubblico.
- Interessi economici
- Pressioni da parte degli inserzionisti:
Molti media dipendono finanziariamente da aziende che potrebbero essere coinvolte nei settori inquinanti, come il petrolio, il gas e l’automobile. Criticare queste industrie potrebbe mettere a rischio introiti pubblicitari. - Modello di business:
Le notizie sul cambiamento climatico possono fare meno audience rispetto ad altri temi, come intrattenimento, politica o cronaca, che attirano più pubblico e generano più entrate.
- Priorità editoriali
- Sovrapposizione di crisi:
Temi come guerre, pandemie, crisi economiche e scandali politici spesso ricevono più attenzione perché sono più immediati e coinvolgenti per il pubblico. Questo relega il cambiamento climatico a una posizione secondaria nell’agenda mediatica. - Saturazione del pubblico:
Alcuni editori temono che parlare costantemente del cambiamento climatico possa stancare il pubblico, portandolo a ignorare il problema invece di agire.
- Disinformazione e negazionismo
- Influenza di gruppi negazionisti:
Esistono gruppi che finanziano campagne di disinformazione per minimizzare la gravità del cambiamento climatico. Questa devianza può trovare spazio nei media meno rigorosi. - Polarizzazione politica:
In alcuni paesi, il cambiamento climatico è un argomento divisivo. I media allineati a specifici interessi politici possono scegliere di non trattarlo in modo adeguato o addirittura di negare la crisi.
- Difficoltà a coinvolgere il pubblico
- Percezione di distanza:
Molte persone vedono il cambiamento climatico come un problema futuro o che riguarda solo altre regioni del mondo, come i poli o le isole del Pacifico. Questo rende più difficile fare audience con messaggi climatici. - Mancanza di storie personali:
I media tendono a privilegiare storie personali e drammatiche, che sono più facili da comprendere e condividere. Gli effetti del cambiamento climatico, invece, spesso non sono legati a singoli eventi o individui.
- Mancanza di formazione e risorse
- Giornalisti non specializzati:
Non tutti i giornalisti hanno una formazione adeguata a trattare temi complessi come il cambiamento climatico. Questo può portare a una informazione imprecisa o superficiale. - Riduzione del giornalismo investigativo:
Le risorse dedicate al giornalismo investigativo si sono ridotte negli ultimi anni, rendendo difficile produrre reportage approfonditi sul cambiamento climatico.
- Cultura del “qui e ora”
- Focus su notizie immediate:
I media tendono a concentrarsi su eventi di cronaca che accadono nel momento presente, trascurando fenomeni lenti e cumulativi come il cambiamento climatico. - Dominanza dei social media:
I social media, che privilegiano contenuti brevi e accattivanti, hanno influenzato il modo in cui le notizie vengono presentate. Il cambiamento climatico, essendo un argomento complesso non si adatta a questo formato.
- Timore di generare panico
- Paralisi del pubblico:
Alcuni esperti di comunicazione temono che la drammaticità del messaggio possa spaventare le persone e annichilirle. È il fenomeno noto come “eco-ansia”. - Equilibrio tra informazione e speranza:
Alcuni media cercano di bilanciare l’allarme climatico con storie di soluzioni o progressi per evitare di alienare il pubblico.
Conclusione
La stampa e la televisione non affrontano correttamente la gravità del cambiamento climatico e la possibilità di conseguenze irreversibili. Per migliorare, sarebbe necessario:
- Investire in giornalisti specializzati.
- Dare maggiore priorità al cambiamento climatico nelle agende editoriali.
- Collaborare con esperti scientifici per garantire un’informazione accurata.
- Educare il pubblico sull’urgenza del problema senza ricorrere al sensazionalismo.
Il cambiamento climatico è una crisi globale, e un’informazione chiara e incisiva è cruciale per mobilitare le persone e i governi verso azioni decisive. 🌍
11ª domanda:
nel caso la vita diventi insostenibile a causa del riscaldamento globale c’è possibilità di stabilire una colonia su un altro pianeta?
Risposta dell’IA
Le possibilità di insediarsi in un altro pianeta prima che la Terra diventi inabitabile sono molto basse. Ecco i principali fattori da considerare:
- Tecnologie attuali e progresso spaziale
- Progetti in corso:
NASA, SpaceX e altre agenzie stanno lavorando per stabilire colonie umane su Marte, sono iniziative ancora nelle prime fasi. Creare una colonia autosufficiente su un altro pianeta richiederebbe decenni, se non secoli. Attualmente, non esistono tecnologie per supportare una popolazione significativa al di fuori della Terra. - Sfide tecniche:
Problemi come la protezione dalle radiazioni spaziali, l’approvvigionamento di acqua e cibo, e la produzione di energia in ambienti estremi non sono ancora stati risolti in modo soddisfacenti
- Disponibilità di pianeti abitabili
- Scarsità di pianeti adatti:
Al momento, non abbiamo identificato pianeti abitabili che siano abbastanza vicini da essere raggiunti con le tecnologie attuali. Marte è l’opzione più promettente, ma il suo ambiente è ostile (temperatura media di -63°C, atmosfera sottile, nessun ossigeno respirabile). - Esopianeti:
Pianeti potenzialmente abitabili al di fuori del sistema solare sono troppo distanti per essere raggiunti con le tecnologie di propulsione attuali (parliamo di anni luce).
- Tempi della crisi climatica
- Accelerazione della crisi climatica:
Gli scienziati stimano che gli effetti più gravi del cambiamento climatico, come ondate di calore insostenibili e perdita di biodiversità, potrebbero manifestarsi entro la fine del secolo se non si adottano misure drastiche. Questo tempo è molto più breve rispetto ai decenni (o secoli) necessari per colonizzare un altro pianeta.
- Fattori economici e sociali
- Costi elevati:
Il costo di una missione spaziale con l’obiettivo di colonizzare un altro pianeta è astronomico e richiede risorse che potrebbero essere difficili da giustificare mentre la Terra affronta emergenze climatiche, economiche e sociali. - Popolazione coinvolta:
Anche se fosse possibile stabilire una colonia su Marte, il numero di persone che potrebbero essere trasferite sarebbe estremamente limitato rispetto alla popolazione globale.
- Sfide biologiche e psicologiche
- Adattamento umano:
Gli esseri umani sono biologicamente adattati alla Terra. Vivere in un ambiente alieno richiederebbe modifiche biologiche (come l’ingegneria genetica) o tecnologie avanzate di supporto vitale. - Isolamento psicologico:
La vita su un altro pianeta comporterebbe isolamento estremo, lontananza dalla Terra e condizioni di vita che potrebbero influire negativamente sulla salute mentale dei coloni.
- Alternative più realistiche
- Focus sulla Terra:
Piuttosto che cercare di colonizzare altri pianeti, è più realistico e urgente concentrare risorse ed energie per mitigare gli effetti del cambiamento climatico sulla Terra, che rimane l’unico pianeta conosciuto capace di supportare la vita umana.
Conclusione
Le probabilità che l’umanità riesca a stabilire una colonia autosufficiente su un altro pianeta prima che la Terra diventi inabitabile sono fantascienza. L’attenzione dell’intelligenza umana dovrebbe essere rivolta a preservare la vita sulla Terra, l’unico pianeta abitabile a disposizione. 🌍
Commento dell’autore di questa intervista:
qualsiasi lettore sia giunto fin qui, seguendo i tre cicli di intervista a qualcosa di non umano, ma che esiste, avrà notato un particolare ripetitivo: ad ogni conclusione 🌍 l’IA esorta quella intelligenza umana, che esiste ancora, a non perdere tempo… Dunque saluto il lettore, più di così non sapevo come fare per condividere gli scenari che si sono profilati, esorto a diffonderli. Non abbiamo un’altra Casa!
Tutto quello che è stato elencato, si limita alla sola percezione materiale della nostra esitenza, quella che creiamo in base a come siamo stati programmati.
Spostandoci ad un livello superiore, esistono altre soluzioni che ovviamente IA non può conoscere.
Quindi questo mondo (che è il nostro sentire interiore)deve trasformarsi per forza, per continuare ad esistere ripulito da tutto quello che non è più sostenibile.
Ciao e grazie
grazie a te, il problema è che purtroppo il lato solido e tangibile del nostro mondo, saccheggiato di energia e di materia sta reagendo in modo fisico e non interiore. Tutta la saga di queste tre interviste a una conoscenza priva di coscienza si conclude sempre con il medesimo ammonimento. Se la natura perde il suo equilibrio fisico, credo che si affievoliscano anche le sue energie interiori e cosmiche, per causa ed effetto (pensiero mio dunque fallace)
Disinformazione, negazionismo a vari livelli… merda. Gli umani,
soprattutto gli umani potenti, sono delle merdacce.
L’accordo di Parigi del 2015 non è stato sottoscritto, per es., dagli USA! Scusate se è poco!
Ahinoi, non abbiamo un altro pianeta. Ma a noi gente diversamente giovane tutto sommato importa solo come idea. Poveri i nostri discendenti, che pagheranno le peggiori conseguenze dei nostri errori.
Si fa per dire: non tutti hanno discendenti, ma soprattutto non tutti hanno contribuito in modo massiccio al riscaldamento globale! Ricordo una cara amica della mia mamma, di nome Rosita, che raccomandava di non lasciare i rubinetti aperti inutilmente: era già un’ecologista ante litteram…
Grazie come sempre all’autore dell’ articolo.
Greta Tunberg è stata derisa e demonizzata, i giovani del “venerdì per il futuro” si sono spenti e la generazione Z è distratta da altre cose. Nei licei l’argomento climatico è quasi un tabù, non c’è la preparazione del personale didattico e noi di una certa età, che in fondo siamo i veri colpevoli in quanto abbiamo ceduto alle lusinghe del consumismo e del liberismo senza limiti, non siamo stati avvisati da chi sapeva, ma non poteva arrestare il processo di sviluppo… Ed eccoci qui. Però credo sia nostro dovere avvisare più persone possibili, io cerco di fare la mia parte e condividerla con altri, amici, parenti e soprattutto giovani, è quello che possiamo e dobbiamo fare
Dal momento che i conflitti non saranno superati aspettiamo la fine dell’esistenza di questo pianeta. Magari noi “ vecchietti “ saremo già in un’altra dimensione ma succederà prima o poi.