
I PRIMI CUSTODI DELLA MEMORIA, LE SEPOLTURE DEL PALEOLITICO
Ultimi giorni per poter visitare una mostra decisamente interessante, concepita dall’Università di Torino, con il Sistema Museale di Ateneo e Unita in collaborazione con UniVerso, a cura di Giacomo Giacobini, Cristina Cilli e Giancarla Malerba. “I primi custodi della memoria. Le sepolture nel Paleolitico” sarà aperta al pubblico fino al 26 aprile presso la Sala Principe d’Acaia del Palazzo del Rettorato (via Verdi 8/via Po 17), e vi si possono trovare pannelli esplicativi e una serie di calchi di sepolture preistoriche che riproducono l’esatta conformazione dei vari siti nel momento della scoperta.

Il ritrovamento delle sepolture del Paleolitico rappresenta un’importante passo nella comprensione della vita spirituale e sociale dei nostri antenati. Durante il Paleolitico superiore, le pratiche funerarie risultano essere, tra l’altro, estremamente “moderne”, o meglio, identificano già l’uso di particolari sostanze e oggetti, come l’ocra rossa, gli ornamenti e oggetti di corredo, che indicano una concezione simbolica della morte.
È indicativo anche il ritrovamento di pollini nella Grotta di Shanidar, situata nei monti Zagros, nel Kurdistan iracheno, dove, negli anni ’60, l’archeologo Ralph Solecki scoprì i resti di diversi Neanderthal, tra cui Shanidar 4, un maschio adulto trovato in posizione fetale parziale e circondato da polline di fiori. Questo ritrovamento ha portato a ipotizzare che i Neanderthal avessero rituali funerari sofisticati, che potevano includere l’offerta di fiori sulle tombe. Anche se studi più recenti hanno messo in discussione questa interpretazione, sostenendo che il polline potrebbe essere stato depositato da animali, tutto porterebbe a pensare che le pratiche funerarie siano molto antiche e facciano inscindibilmente parte della vita umana.
Un luogo affascinante è la Grotta dei Balzi Rossi, situata vicino a Ventimiglia, uno dei siti preistorici più importanti in Italia, che ha anche restituito statuette femminili, le “Veneri paleolitiche”, legate al culto della dea Madre. Uno dei ritrovamenti, la “Dame du Cavillon” è una sepoltura risalente al Paleolitico superiore, scoperta nel 1872 nella Grotta del Cavillon, parte del complesso dei Balzi Rossi vicino a Ventimiglia. Questo ritrovamento è attribuito al medico Émile Rivière, che portò alla luce i resti di un individuo adulto, probabilmente una donna, datati a circa 24.000 anni fa. La sepoltura è straordinaria per il ricco corredo funerario. Il cranio era decorato con oltre 300 conchiglie e denti di cervo perforati, probabilmente parte di una rete ornamentale. L’individuo era ricoperto di ocra rossa, un elemento simbolico comune nelle sepolture paleolitiche. Inoltre, sono stati trovati strumenti in selce, ematite e altri oggetti che suggeriscono un rituale funerario elaborato.
In Italia, sebbene meno conosciuti rispetto ai Balzi Rossi, ci sono siti che hanno restituito importanti reperti del Paleolitico. Ad esempio, la zona delle Arene Candide ha rivelato la presenza di insediamenti umani e pratiche funerarie simili a quelle osservate in altri luoghi, facendo emergere come la zona sia stata frequentata per circa 30.000 anni. Una delle scoperte più celebri è la sepoltura del “Giovane Principe”, un ragazzo di circa 15-16 anni vissuto circa 28.000 anni fa. È stato sepolto con un ricco corredo funerario, che

includeva ornamenti in conchiglie, pendenti in avorio di mammut e una lama di selce proveniente dalla Francia, stretta tra le sue mani.
Questo suggerisce che avesse un ruolo sociale importante, e che gli scambi con gli altri paesi fossero parecchio diffusi. Il Principe è attorniamo di oggetti che dovevano essere particolarmente difficili da reperire all’epoca, ad esempio sul polso sinistro ha i resti di un bracciale di conchiglie bucate, con un ciondolo in avorio di mammuth che rappresenta una venere simile a quella di Hohle Fels, ritrovata in Germania.
Nella mostra si può altresì conoscere la storia degli “Inseparabili del Romito”. Il Riparo del Romito, situato a Papasidero, in Calabria, è uno dei siti archeologici più importanti del Paleolitico superiore in Italia. Questo luogo ha restituito testimonianze straordinarie della vita e dell’arte preistorica e in particolare sono state trovate nove sepolture risalenti a un periodo tra i 10.800 e i 14.000 anni fa: tra queste risalta una rara sepoltura doppia, una donna alta circa 150 centimetri e al suo fianco un ragazzo adolescente, forse tra i quindici e i vent’anni, affetto da nanismo, con la testa appoggiata alla spalla della donna, che lo cinge con un braccio. Nel corredo sono presenti corna di Uro, un bovino selvatico estinto e la tomba era posizionata davanti a un masso dove era stilizzato proprio uno di questi animali. Le domande che questa sepoltura pone sono molte, esisteva una forma di assistenza del gruppo verso persone con problemi che non gli avrebbero consentito di sopravvivere? Erano considerati legati alla magia e il divino? Con i mezzi attuali non possiamo dare una risposta a questa domanda, ma sicuramente i volontari della mostra potranno raccontare come sono avvenuti i ritrovamenti e quali sono le ipotesi formulate.

Ingresso gratuito.
La mostra termina Sabato 26 Aprile 2025 alle ore 18:00
Orari di apertura da lunedì a sabato ore 10-18
In sala sono presenti i volontari dell’Associazione Solidarietà Insieme 2010
Le immagini dell’articolo sono state scattate da Marino Olivieri ph,
ad esclusione della Venere di Hohle Fels
Per approfondire l’argomento consigliamo i libri:
“Stregoneria” (Katia Bernacci, edizioni Diarkos) per quanto concerne la magia nell’antichità e “E poi furono streghe” (Katia Bernacci, edizioni Yume) dove si può ampliare l’argomento dei primi uomini e delle figure delle dee madri.