La geoingegneria climatica getta la maschera! La scienza è con l’acqua alla gola per tentare di arginare il riscaldamento del Pianeta
La geoingegneria climatica, è l’insieme delle tecnologie messe in atto o studiate per tentare di contrastare su scala planetaria le cause o gli effetti dei cambiamenti climatici (climate change) e del riscaldamento globale (global warming). Azioni che svelano la drammaticità del problema. Tentativi passati anche attraverso quelle controverse SCIE CHIMICHE, che oggi, definite: “Akeraggio del clima”, trovano finalmente un loro perché, e perché sono sempre state negate.
Il riscaldamento globale ormai lo nega solo Donald Trump che, col pupillo Elon Mask pare progetti di costruire molte più villette fronte arietta dell’oceano. Il problema invece è più serio del previsto e molto sottovoce, sta richiamando la scienza oltre l’atmosfera. Dopo la geoingegneria climatica, infatti, dal 2019, in varie parti del mondo si è attivata quella solare.
Con geoingegneria solare, in inglese battezzata Solar Radiation Modification (SRM), s’intende una tecnica che, schermando l’atmosfera e riflettendo la radiazione solare verso l’infinito, intende modificare l’albedo della Terra, per raffreddare in qualche modo i suoi spiriti sempre più bollenti tramite un filtro dell’irradiazione e l’assorbimento dei raggi UV, il compito destinato a quello strato di ozono che si è assottigliato molto alle latitudini medie.
L’albedo è un sistema che, a seconda della radiazione proveniente dall’infinito, valuta il rapporto tra quella solare, assorbita oppure riflessa da una superficie. Si tratta di un valore variabile, che cambia a seconda delle caratteristiche fisiche della superficie stessa (es: colore o materiale), e dalla lunghezza d’onda della radiazione che la colpisce, e che occorre ormai schermare.
Le soluzioni più blande per riflettere la luce del sole vanno dalla colorazione di bianco di tetti degli edifici, dei fabbricati e tutte quelle superfici piane adatte. È come scoprire l’acqua calda, poiché sarebbe molto più logico smettere di cementificare i suoli e ripristinare in modo sistematico, l’area boschiva dove è stata del tutto eliminata. Altre genialate accademiche hanno proposto di spruzzare in cielo l’acqua nebulizzata degli oceani con apposite navi spray, per aumentare la copertura nuvolosa che diventa un filtro ai raggi UV. Si tratta della Marine cloud brightening, la geoingegneria che interagisce con gli oceani. L’obiettivo è quello di modificare l’l’albedo delle nubi sul mare, ma serve ben altro: cosa?
Le irrorazioni di microparticelle di svariate sostanze rilasciate da velivoli e capaci di velare il cielo altrimenti sereno al di sotto dell’atmosfera pare non siano state sufficienti e le formule chimiche, applicate alla geoingegneria solare, sarebbero ancora agli albori. Presentano inoltre degli aspetti critici, poiché senza una sinergia e un accordo globale, gli sviluppi unilaterali di questa ulteriore scienza climatica potrebbero essere molto pericolosi.
Per quanto è dato sapere, al momento, la metodologia prevede di impiegare velivoli in grado di volare alle quote più elevate per disperdere una “pellicola” di molecole di diossido di zolfo nella stratosfera, così da schermarla in modo temporaneo, proprio come avviene dopo grandi eruzioni vulcaniche, fornendo un’ombra al suolo destinata a dissolversi in un tempo calcolato. Altri progetti, sempre collegati all’uso di aviogetti speciali è di disperdere nell’atmosfera superiore, nanoparticelle capaci di riflettere parte della radiazione solare verso l’infinito e raffreddare la Terra.
L’ipotetica operazione di “aerosol stratosferico”, allo stato dell’arte è solo in fase di scienza intuitiva e gli esperimenti finora effettuati, sono circoscritti all’impiego di alcuni palloni sonda. Ciononostante, l’idea di uno schermo solare circola da tempo.
Già nel 2007, un articolo comparso il 4 febbraio di quell’anno sul SOLE24ORE, dal titolo: “L’inquinamento che ci aiuta”, dove si menzionava chiaramente l’impiego di SCIE CHIMICHE per il controllo della radiazione UV, dimostrava come gli esperimenti non sono accademici, ma sono in atto da tempo e, per misterioso motivo, messi a tacere come fake news proprio in quegli stessi anni, dando origine a una fame di verità di chi sa osservare il cielo, osteggiata da una intransigenza pseudoscientifica, quasi isterica di una miriade di scienziati da tastiera spuntati in quegli anni.
Una diatriba “divide et impera” che continua ancora ai giorni nostri, così come la discussione accademica sulla neo geoingegneria solare è da subito entrata in quella fase di critica preventiva che qualche motivo per esserlo lo avrà.
Gli oppositori, sono una frangia di studiosi e scienziati esperti in interazioni tra tecnologia e ricadute sul ciclo di vita naturale, schierati contro i colleghi più scientifici: pitagorici inventori, chimici, fisici & ingegneri, esperti nelle transizioni tecnologiche e nella IA.
Entrambe le parti difendono loro teorie tramite convegni valutativi, algoritmi, pubblicazioni, esperimenti di laboratorio o simulazioni, e tavoli di confronto, dove l’obiettivo è convincere l’altra parte, mentre sarebbe logico coinvolgere il parere del Pianeta Terra, che un poco se ne intende, atmosfera compresa.
Un esempio del confronto è negli articoli pubblicati su The Conversation, dove vengono elencati potenziali aspetti negativi già manifestati dal cloud seeding, quella alterazione di precipitazioni con ioduro d’argento, poi risultate superiori a quelle previste dall’inseminazione delle nuvole, fino al rischio di una catastrofica alterazione nel “TERMINATION SHOCK”, quella regione dell’eliosfera in cui il vento solare rallenta fino a velocità subsoniche a causa delle interazioni con gli strati atmosferici che avvolgono il Pianeta.
Dalla parte opposta i sostenitori della geoingegneria solare ancora nel cassetto, spingono verso un’inversione dell’irraggiamento del Sole e la relativa riconversione delle temperature, soprattutto a beneficio dei mari e di tutte le superfici ghiacciate, calotte polari in primis. I più estremisti sostengono che si tratta di una decisione inalienabile poiché siamo già costretti a trovare un metodo per raffreddare la Terra.
Entrambi gli schieramenti mettono in evidenza un problema che deve essere affrontato. Ecco perché i finanziamenti per la ricerca sulla geoingegneria stanno aumentando in modo esponenziale.
Si parla di donazioni pari a 50 milioni di dollari e 30 milioni di dollari da parte delle fondazioni Simons e Quadrature Climate, mentre il governo inglese ha stanziato 10,5 milioni di sterline e 56,8 milioni di sterline nei confronti dei programmi UKRI e Advanced Research and Innovation Agency. Il DOVERE di spingere nella ricerca coinvolge: la Commissione Europea, il governo degli Stati Uniti e il WorldClimate Research Program, incluse imprese private che studiano la geoingegneria solare, la più nota è la Make Sunsets. Lo stesso Bill Gates, sembra avere nel cassetto un piano per mitigare la radiazione solare.
Durante una recente sessione dell’Assemblea ambientale delle Nazioni Unite tenutasi in Kenya, molte nazioni vulnerabili al clima si sono mobilitate verso la geotecnologia solare, sostenendo che, al momento, sarebbe rischiosa e una buona scusa, per alcuni, nel continuare a emettere gas serra.
Gli interessi a favore di ulteriori ricerche per raffreddare la Terra, sono comunque in aumento, proprio mentre l’obiettivo di riscaldamento globale di 1,5° è svanito anzitempo, perciò la ricerca scientifica, inevitabilmente sarà impegnata in ulteriori ricerche per raffreddare la Terra, anche se si ignorano quali. Triste constatare che, mentre Elon Musk spende triliardi per una colonia su Marte, sulla Terra la riforestazione, che è raffreddamento & fotosintesi a costo zero, langue nella sua semplicità, mentre il consumo di terreno avanza.
Concludendo: poiché il riscaldamento è globale, la priorità è far convergere in un progetto globale tutta una serie di iniziative concrete, dalla più semplice alla più complessa, senza escludere una ricerca della bioingegneria solare, poiché purtroppo pare che il Sole stia avendo la meglio sulle varie COP, sugli accordi di Parigi, sulla Transizione Energetica, le emissioni ZERO, la Green Economy e le tante belle parole di una “Pro Carbonizzata” umanità suicida.
Se è vero che la speranza è l’ultima a morire, allora di che sperare ce n’è, poiché con l’andar delle cose, prima ancora di riuscire ad ingabbiare in qualche modo il riscaldamento globale, adesso c’è da evitare una Guerra Globale che si sta organizzando, per porre fine all’ultima follia della razza umana. Proiezioni scientifiche annunciano che, dopo l’inverno nucleare, la specie dominante discenderà dal polpo. Non è una burla, è un animale che pare sia poco inquinante, molto adattabile e altrettanto intelligente, finora apprezzato soltanto con prezzemolo e patate.
Ogni commento in calce all’articolo e ogni condivisione dell’argomento, saranno cosa gradita.
Che i soloni della scienza non si scaldino troppo nel trovare soluzioni astruse,il rimedio c’è ed è semplice.Riforestare il più possibile e cancellare asfalti e cementificazione.La terra guarirà in breve e lo farà anche più velocemente se a sparire sarà l ‘umanita ‘( ci stiamo seriamente provando ultimamente).
PS Nonangio più il polpo
Ottimo articolo Carlo
concordo sul polpo, anch’io non lo mangerò più, le acciughe al verde sono più che sufficienti e non ho dati sulla loro intelligenza
È pazzesco dover ricorrere a certe soluzioni quasi inimmaginabili, senza neanche essere sicuri del risultato, quando magari bastava pensarci prima e cambiare stile di vita. Piantare alberi ovunque e smettere di costruire, la vedo come migliore possibilità. Grazie per tutte le informazioni riportate sull’articolo
interessante , meriterebbe approfondimento, a vantaggio dei nostri discendenti (hopefully)
Sono del parere che l’uomo non debba mettere mani sull’andandamento della natura, ha già fatto molti guai ai quali vuole porre rimedio. Riguardo a Trump, posso dire che non ha mai iniziato guerre come l’illustre rimbabiden. E le guerre inquinano molto, me lo insegni. Sarebbe più semplice piantare alberi e, forse, anche più economico.