La Diocesi di Cuneo-Fossano aderisce ad “Amoris Laetitia” preferendo Bergoglio a Gesù Cristo.
Grazie alla pessima Esortazione Apostolica Postsinodale “Amoris Laetitia”, rivolta ai presbiteri, ai diaconi, alle persone consacrate, agli sposi cristiani e a tutti i fedeli laici, sull’amore nella famiglia, la Diocesi di Cuneo-Fossano ha ben pensato di dar vita a percorsi dal titolo “L’anello perduto”.
Non stiamo parlando del celebre romanzo di J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli”, ma di un “percorso in 5 tappe a cadenza settimanale condotto dalla dott.ssa Silvia Ornato, rivolto a coloro che vivono la separazione dal coniuge e sono rimaste sole, con l’obiettivo di riscoprire risorse dalla propria esperienza per far fronte a tutto ciò che comporta la diversa situazione di vita”.
Quando abbiamo letto i postulati dell’iniziativa eravamo increduli.
Al Vescovo di Cuneo-Fossano, Monsignor Piero Delbosco, ovviamente frutto di una nomina di Jorge Mario Bergoglio, vien da chiedere se ha mai letto il discorso che Papa Giovanni Paolo II pronunciò, in occasione dell’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario italiano, il 28 gennaio 2002.
In tale occasione il Papa polacco, che è stato elevato all’onore degli altari, disse: “Il matrimonio è indissolubile: questa proprietà esprime una dimensione del suo stesso essere oggettivo, non è un mero fatto soggettivo”.
Che cosa può far credere all’Ordinario della Diocesi di Cuneo-Fossano di poter cambiare quello che è stato il Magistero della Chiesa e che ha accompagnato i fedeli nei secoli?
La risposta la dà il comunicato comparso sul sito web ufficiale della Diocesi: “Pensare e vivere il cambiamento dopo la separazione dal coniuge spaventa e disorienta, perché sono minacciate la sicurezza e la stabilità personali”.
La domanda che sorge spontanea è: “Un sito della Chiesa Cattolica non dovrebbe parlare degli aspetti spirituali della cosa?”. Evidentemente no visto che la Diocesi parla dell’insicurezza e dell’instabilità della persona che si è separata o che ha divorziato.
Papa Giovanni Paolo II che, a differenza dell’attuale “vescovo vestito di bianco”, godeva dell’assistenza dello Spirito Santo, non ebbe remore nel dire che si “deve accompagnare un atteggiamento propositivo, mediante provvedimenti giuridici tendenti a migliorare il riconoscimento sociale del vero matrimonio nell’ambito degli ordinamenti che purtroppo ammettono il divorzio”.
La Chiesa Cattolica non ammette e non giustifica il divorzio.
Proprio per questo, Papa Giovanni Paolo II, parlando ai togati d’Italia, disse che essi “devono trovare mezzi efficaci per favorire le unioni matrimoniali, soprattutto mediante un’opera di conciliazione saggiamente condotta”.
Una diocesi che propone cammini del genere, sinceramente, getta alle ortiche il Magistero sulla Famiglia di Giovanni Paolo II, pronandosi, in modo del tutto inspiegabile, al nuovo corso della “chiesa bergogliana”.
L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti – UAAR, in un post dal titolo “L’attacco del papa alla legge sul divorzio”, scrive che le dichiarazioni del Santo Padre “sono, agli occhi di un laico, e ancor di più agli occhi di un razionalista, assolutamente lesive dell’autonomia non solo dello Stato, ma anche della singola persona”.
Evidentemente Bergoglio, con la sua “Amoris Laetitia”, e Monsignor Piero Delbosco, con il suo “Anello perduto”, hanno dimenticato che il “contesto ecclesiale” deve essere “profondamente a favore del matrimonio indissolubile e della famiglia su esso fondata”.
Altre forme di unione o – come in questo caso – di ripudio dell’unione sacramentale del matrimonio la Chiesa non le ammette.
Dall’Ufficio per la Pastorale della Famiglia, tuttavia, fanno sapere che “in questi anni tante persone che vivono una nuova unione di coppia dopo la separazione o il divorzio dal coniuge si sono riavvicinate alla Comunione e alla Riconciliazione”.
Per motivare la morbidezza della Diocesi, gli incaricati dal Vescovo, corrono a specificare come l’“Anello perduto” trova giustificazione, accoglimento e sostegno nel Capitolo Ottavo di “Amoris Laetitia” in cui Bergoglio parla di “Accompagnare, discernere e integrare la fragilità”.
Nella “chiesa sinodale di Bergoglio” si dice che “nonostante la Chiesa ritenga che ogni rottura del vincolo matrimoniale “è contro la volontà di Dio, è anche consapevole della fragilità di molti suoi figli’”.
Dunque Bergoglio e i Principi della Chiesa sanno bene che “ogni rottura del vincolo matrimoniale è contro la volontà di Dio” ma, nonostante ciò, preferiscono assecondare “la fragilità di molti suoi figli” che hanno paura e sono disorientati.
Siamo alla follia! Dio dice di no ma Bergoglio dice di sì.
Il figlio di Dio a chi deve obbedienza?
A Dio, alla Bibbia e alla Tradizione Apostolica o a Jorge Mario Bergoglio che – ai sensi del Canone 332§2, e della Costituzione Apostolica “Universi Dominici Gregis” – non è neppure il Papa?
La risposta è ovvia. Chi è Cattolico obbedisce a Dio, alla Bibbia, alla Tradizione Apostolica e al Magistero bimillenario della Chiesa. Chi è sincretista, modernista ed ambiguo, segue Bergoglio e imbocca, in modo improvvido, la porta larga.
Chi sceglie di giustificare separazione e divorzio sa bene di contravvenire alle parole di Gesù, che invita i suoi seguaci ad entrare per la porta stretta, “perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa” (Matteo 7:13).
Sicuramente torneremo sul tema, sapendo che la “chiesa sincretista, sinodale e non cristiana” di Bergoglio regalerà altre simili “perle” di contraddizione all’insegnamento di Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto carne.