
Impiccagione di Thomas Aikenhead - 8 gennaio 1697
Fu l’ultima esecuzione prevista dal codice del tempo
In quei tempi bui, caratterizzati da un potere politico-istituzionale che si manifestava anche con la pratica della violenza dogmatica dell’intolleranza religiosa, esercitare la libertà di pensiero non allineata, poteva comportare rischi gravissimi, anche mortali.
Rientra in questa crudele e soffocante realtà, l’incredibile caso del giovane studente scozzese Thomas Aikenhead (28 marzo 1676 – 8 gennaio 1697), nato ad Edimburgo, giustiziato all’età di 20 anni per l’accusa di “blasfemia” ai sensi del Blasphemy Act del 1661 e del Blasphemy Act del 1695.
Le cronache ci dicono che fu l’ultima persona in Inghilterra ad essere giustiziata per “blasfemia” e che la sua esecuzione avvenne 85 anni dopo la morte di Edward Wightman (1612), ultima vittima arsa sul rogo come eretico. Da notare che la “blasfemia” rimase in Scozia un reato capitale fino al 1825.
Thomas Aikenhead era figlio di James Aikenhead e di Helen Ramsey. Sua padre era un deputato di Edimburgo, così come su nonno (chiamato anche Thomas Aikenhead). Sua madre era figlia di un ecclesiastico.
Thomas Aikenhead fu battezzato il 28 maggio 1676, il quarto e primo maschio della famiglia. Aveva tre sorelle maggiori (Jonet, Katherine e Margaret), ma l’ultima di queste e forse due di loro, morirono prima della nascita di Thomas (da Wikipedia – da consultare per ulteriori approfondimenti).
Durante gli anni di studio all’Università di Edimburgo, partecipò a discussioni religiose con i suoi colleghi e furono almeno 5 testimonianze di questi a costituire la base dell’accusa di “blasfemia”, che venne formulata nel dicembre 1696.

I capi d’imputazione erano sostanzialmente i seguenti:
1)- Durante conversazioni aveva ripetutamente sostenuto che la Teologia era una “rapsodia” di sciocchezze mal inventate, riaggiustate in parte dalle dottrine morali dei filosofi e in parte da finzioni poetiche e illusioni stravaganti.
2)- Aveva ridicolizzato le Sacre Scritture, definendo le favole di Esdra dell’Antico Testamento, simili a quelle della versione profana di Esopo. Inoltre che le stesse erano un compendio di invenzioni e contraddizioni che avevano ingannato per secoli i credenti. Che il Nuovo Testamento era la storia del Cristo impostore e che Mosè era il miglior politico e artista del tempo.
3)- Aveva criticato Cristo come esperto di magia egiziana che, tramite questi artifizi, contrabbandava “miracoli”.
4)- Rifiutava il mistero della Trinità che riteneva indegno di confutazione, facendosi beffe della incarnazione di Cristo, preferendogli Maometto.
Nel caso in cui i capi d’imputazione sopra elencati fossero stati realmente di questa portata, lo studente Thomas Aikenhead, confermava di essere un “libero pensatore”, un oppositore radicale e sciaguratamente in anticipo sui tempi per essere tollerato senza gravi conseguenze.
Infatti scattò il processo e la condanna.

Il Pubblico Ministero, cioè il Lord Advocate Sir James Steward, chiese la pena di morte al fine di dare un esempio per chi avesse in futuro intenzione di promuovere e divulgare tali opinioni.
Il 24 dicembre 1696 la Giuria del Tribunale incriminò Thomas Aikenhead, colpevole di aver maledetto e ingiuriato Dio, per aver negato ostinatamente l’incarnazione, la Trinità e deriso le Sacre Scritture.
Fu condannato a morte per impiccagione. In realtà si trattava di una pena straordinaria, in quanto la legge del tempo richiedeva l’esecuzione solo alla terza condanna per questo crimine.
Interessante il riferimento al “Dictionary of Unitarian and Universalist Biography” (scritto da Andrew Hill) in merito al caso in questione.
Si riporta che Thomas Aikenhead chiese al Privy Council (Consiglio Privato) di considerare le sue “circostanze deplorevoli e i suoi teneri anni”. Due Ministri e due Consiglieri Privati si dichiararono in suo favore, ma senza successo. Il 7 gennaio 1697, dopo un’altra petizione, il Privy Council stabilì che non avrebbe concesso un rinvio a meno che la Chiesa non avesse interceduto per la sua persona.
L’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia, che all’epoca aveva sede a Edimburgo, sollecitò “un’esecuzione vigorosa” per frenare “l’abbondanza di empietà e bestemmie in questa terra”.
La mattina dell’8 gennaio 1697 Thomas Aikenhead scrisse ai suoi amici qualcosa di sorprendente, riaffermando nel momento estremo le sue convinzioni: “ …. questo era un principio innato e connaturale per ogni uomo avere un’inclinazione insaziabile alla verità e cercarla come un tesoro nascosto …. Così ho proceduto fino a quando più ci pensavo, più ero lontano dal trovare la verità che volevo …”.
In merito è necessario segnalare la versione che il Threadinburgh del 13 novembre 2022 riporta, totalmente diversa dalla precedente:
“ … Thomas ha dato una testimonianza finale abbastanza lunga prima che la sua sentenza fosse eseguita, il cui paragrafo finale era: …”
“… come il Signore nella sua provvidenza si è compiaciuto in questo modo esemplare di punire i miei grandi peccati, così è mio sincero desiderio per lui, che il mio sangue possa porre fine a quel furioso spirito di ateismo che ha preso piede in Inghilterra, sia nella pratica che nella professione. E della sua infinita misericordia recupera coloro che si illudono con questi principi perniciosi. E a tal fine, affinché il suo eterno vangelo fiorisca in queste terre, mentre il sole e la luna durano….”.
Conseguentemente lasciamo agli storici stabilire quale sia la verità storica su queste dichiarazioni.
Dopo aver scritto quest’ultima testimonianza si incamminò per il lungo percorso, sotto scorta, fino al patibolo sulla strada tra Edimburgo e Leith.

Si disse che fosse morto con una Bibbia in mano “con tutti i segni di un vero penitente”, ma questa è una storia controversa.
Al contrario, sempre nella narrazione popolare in merito al supplizio di cui sopra, si attribuì a Thomas Babington Macaulay questa citazione: “ … i predicatori, che erano gli assassini del povero ragazzo, si affollarono intorno a lui sul patibolo e ….insultarono il cielo con preghiere più blasfeme di qualsiasi cosa avesse pronunciato …”.
Questo tragico evento, rivisitato ai nostri tempi, anche nel caso di possibili manipolazioni narrative, ci rende increduli e sbigottiti per la follia del fanatismo e del dogmatismo politico-religioso dell’epoca.
Il seme della razionalità dell’Illuminismo, prodotto culturale e filosofico dell’occidente, non aveva ancora messo le radici della libertà di pensiero, della tolleranza e squarciato le tenebre dell’ignoranza e della superstizione.
Di fatto la società del tempo brancolava ancora sottomessa e intimidita dalle leggi emanate dal potere politico oligarchico delle classi dominanti, anch’esse espressioni fedeli dell’autoritarismo e dell’intolleranza religiosa.
Tuttavia sorge un dubbio immediato: situazioni cosi disumane e degradanti esistono ancora ai giorni nostri? Purtroppo la risposta è positiva.
I media quotidianamente ci riferiscono di casi analoghi a quello in questione che si verificano in diverse parti del mondo. Il fanatismo del potere politico-teocratico, ispirato all’Islam integralista scita (Iran), a quello sunnita (Arabia Saudita, Afghanistan, Pakistan, Siria, in diversi Stati Africani), a fazioni terroristiche di Hamas, di Jihadisti di al Qaeda, ecc., conferma l’esistenza di queste disgustose pratiche nei confronti dei dissidenti politici, laici, religiosi e di chi rivendica un modo di vita civile diverso da quello imposto con la violenza.
Pertanto non scandalizziamoci della brutalità dei tempi bui del passato, in quanto la cronaca attuale si presenta altrettanto buia e tragica, confermando la pratica, in tanti paesi, delle stesse disumane e feroci “punizioni del passato”.
Si potrebbe dire, con amara constatazione, che non c’è nulla di nuovo sotto il sole.
La lotta aperta o subdola tra “ideologie politico-religiose” diverse, distanti e inconciliabili, per la supremazia improponibile di una sull’altra, continuerà a divorare le società, coinvolte in queste diatribe, in un turbine di tragiche ricadute.
La ragione ci suggerisce che un salto definitivo di qualità, per queste “società antropologicamente conflittuali”, si potrebbe raggiungere con il trionfo e la condivisione di una “laicità illuministica”, che dovrebbe garantire la tolleranza di tutte le fedi in modo paritetico, reciprocamente rispettoso e non viceversa.
Ma il problema fondamentale, probabilmente irrisolvibile, è che l’auspicato “trionfo illuministico”, indispensabile per una civile e umana convivenza, resta ancora un traguardo di pura utopia.
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siamo passati dal campo religioso al campo politico, ma sempre in mano a religiosi ebrei che i loro nemici li ammazzano ( vedi MORO, KENNEDY, MATTEI ) o tentano come TRUMP, CRAXI ECC. gli estremismi più feroci sono sempre istituzionali, gli altri li chiamano estremisti o terroristi.