Di Alessandro Mella
Molti anni fa, nel corso delle mie ricerche storiche in altri settori, ebbi modo grazie ad un collega di incontrare, a Torino, Aldo Venutti figlio di Eugenio, ufficiale e comandante dei vigili del fuoco a Fiume nel 1945. Fu grazie a questa testimonianza che mi fu possibile ricostruire le vicende di questa figura.
Eugenio Venutti era nato a Pola il 9 ottobre 1893, da Giuseppe e Teresa Donati, quando quelle terre si trovavano sotto il controllo dell’imperatore d’Austria ma, essendo di famiglia italiana, il suo cuore batteva per l’Italia al punto da poterlo annoverare serenamente tra i patrioti irredenti che al rischio della vita rifiutarono la chiamata alle armi dell’esercito imperiale nella Prima Guerra Mondiale. Proprio per questo fu condannato dal tribunale militare e recluso in carcere a Lubiana sino a fine guerra.
Dapprima tecnico comunale si avvicinò successivamente al mondo affascinante dei servizi antincendi assumendo il comando dei pompieri della sua città guidandoli nel momento in cui fu sancito il passaggio nel nascente Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
In seno alla nuova organizzazione fu in un primo momento inquadrato nel ruolo transitorio come coadiutore (decorrenza 1° gennaio 1940) e successivamente in servizio permanente effettivo come ufficiale di terza classe (equivalente ad un maggiore del Regio Esercito Italiano). In questa qualifica lasciò Pola nell’autunno del 1942 per andare a guidare il neocostituito 97° Corpo Vigili del Fuoco Lubiana sorto nei territori occupati durante la campagna contro la Jugoslavia. (1)
Un incarico impegnativo in una città difficile dove fondamentale fu la mediazione e la capacità di interagire con il personale locale a cui si affiancavano i vigili italiani.
Da quel momento in avanti la sua vita fu un costante susseguirsi di incarichi difficili e delicati fino al trasferimento presso il 21° Corpo VVF Fiume che, dopo la costituzione della Repubblica Sociale Italiana (in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943), si trovava in una situazione delicata dipendendo formalmente dalla Direzione Generale dei Servizi Antincendi di Brescia ma trovandosi fisicamente nei territori annessi direttamente al Terzo Reich. (2)
Tra mille pericoli e difficoltà il maggiore Venutti riuscì a guidare i suoi gregari attraverso un conflitto che si faceva sempre più feroce e violento.
Intanto il giovane figlio Aldo aveva preso servizio come vigile volontario provvisorio presso l’87° Corpo VVF Triste guidato dall’impareggiabile ing. Conighi celebre a Fiume poiché ex comandante dei pompieri locali ed ex legionario fiumano al seguito di D’Annunzio nel 1919. (3)
Con l’avvicinarsi della fine del conflitto crebbero fortemente le tensioni attorno alla comunità italiana ad opera dei resistenti slavi vicino a Tito.
Nel marzo 1945 l’ingegner Conighi, conscio della difficile situazione sul confine, poiché i suoi genitori abitavano ancora a Fiume, venne a prenderli per portarli a Trieste. In tale occasione consigliò a Venutti di allontanarsi dalla città, ma questi, con coraggio ammirabile, risposte ripetutamente che non avrebbe lasciato il suo incarico, non era fuggito a Lubiana figurarsi se l’avrebbe fatto a Fiume città italiana!
Purtroppo, il suo coraggio non fu premiato ed il 3 maggio 1945 venne prelevato da partigiani slavi ed arrestato senza che nulla di grave o negativo gli si potesse imputare.
Di lui non si seppe più nulla e dolorosamente si dovette temere che gli stessi l’avessero gettato in una foiba costringendolo a condividere la drammatica sorte di migliaia di altri italiani colpevoli soltanto di non aver rinnegato il tricolore. Tuttavia, un documento, rinvenuto da Fabrizio Apollinari anni fa, aggiunge un poco di luce alla vicenda. In una lettera della signora Venutti al Fire Service per la Venezia Giulia del Governo Militare Alleato ella spiegò che quel 3 maggio il marito fu arrestato da un ufficiale del 19° battaglione del 4° corpo jugoslavo e da questi tradotto all’ex consolato croato di piazza Scarpa a Fiume. (4) La cattura era presumibilmente da imputare al suo ruolo a Lubiana od a qualche vendetta personale. Sta di fatto che nel corso dell’estate il comandante pare fosse ancora vivo perché avvistato tra un gruppo di prigionieri in marcia lungo la strada tra Cerquenize e Carlovaz. (5)
Il tribunale di Verona dichiarò la sua morte presunta sulla Gazzetta Ufficiale del 17 novembre 1951. (6)
Intanto il giovane Aldo era stato congedato dai vigili del fuoco e dopo la scomparsa del padre la famiglia, esule istriana, si trovava in grandi ristrettezze.
Fu grazie all’amicizia con l’ing. Giovanni Levante Bertinatti che poté riavvicinarsi al corpo nazionale come ufficiale avventizio.
Ma questi erano stipendiati, a differenza degli altri ufficiali, dai corpi provinciali ed il suo primo tentativo presso il 57° Corpo Padova non andò a buon fine.
Le cose andarono meglio presso il 14° Corpo Bologna allora comandato dall’ing. Giuseppe Attardi, che memore dell’accoglimento e dei favori ricevuti dal padre di Aldo al tempo in cui diresse il corso per motoristi navali e padroni di barca a Pola, assunse volentieri il giovane come ufficiale.
Fu un’ottima possibilità per il Venutti perché gli permise negli anni di servizio (dal 1949 al 1952) di pagarsi gli studi e di vivere esperienze straordinarie come l’alluvione del Polesine del 1951 che affrontò alla guida dei ragazzi bolognesi impegnati nell’emergenza.
Poi lui e suo fratello si spostarono a Torino dopo una vita di sacrifici e di lavoro custodendo le memorie di una famiglia cui tutti dobbiamo molto sia per il servizio istituzionale che per il prezzo carissimo che, come tutti gli esuli, essa pagò lasciando le terre che amava e sentiva italiane.
Alessandro Mella
NOTE
1) Ordinanza ministeriale del 30 settembre 1942 Geom. Venutti Eugenio, Ufficiale di 3^ Classe, da Pola a Lubiana (Comandante costituendo Corpo Vigili del Fuoco)
2) Bollettino della Direzione Generale dei Servizi Antincendi 25 del 27 marzo 1944. Ordinanza Ministeriale 10 gennaio 1944.
3) Nel suo celebre volume sulle Brigate Nere, lo storico Ricciotti Lazzero, a pagina 135, cita Aldo Venutti di Eugenio tra i giovani che per evitare la coscrizione obbligatorio nelle forze armate fasciste avevano scelto di “rifugiarsi” nei vigili del fuoco.
4) Della destinazione dell’edificio di Piazza Scarpa a sede dell’OZNA s’era cominciato a parlare sin dai primi giorni dell’occupazione dei partigiani jugoslavi, quando alcuni familiari delle persone scomparse nella notte tra il 3 e il 4 maggio 1945 – e naturalmente nei giorni successivi – erano stati indirizzati a quegli “uffici” per eventuali informazioni sulla sorte toccata ai loro congiunti. Il dramma di molte famiglie fu la mancanza di qualsiasi notizia sulle decisioni prese dalle autorità a carico delle persone colpevoli, o solamente indiziate, di reati politici. Le prime tappe del tragitto di molti arrestati sembravano analoghe: gli “uffici” di Piazza Scarpa, le carceri di Via Roma, i campi di internamento improvvisati a Sussak, Costrena e Cirquenizze; per quasi tutti subentrava poi una decisione di trasferimento verso località ignote. Gli interventi della polizia parevano indicare che s’era voluto colpire – oltre a varie persone notoriamente favorevoli al fascismo – diversi presunti oppositori del nuovo regime che a suo tempo non si erano compromessi per niente col partito dominante. La schiera degli arrestati comprendeva – oltre ai Senatori Riccardo Gigante ed Icilio Bacci ed agli ex Podestà Carlo Colussi e Gino Sirola – una cinquantina di ex guardie di finanza, una sessantina di ex guardie di pubblica sicurezza, una quarantina di ex coscritti di varie armi, un gruppo di ex carabinieri e vigili urbani. Guardie di finanza, carabinieri e vigili urbani avevano operato d’intesa con i volontari locali non comunisti – durante le ultime azioni contro le truppe tedesche – ma erano stati arrestati dalle forze jugoslave che non ammettevano iniziative di gruppi autonomi. Molte guardie di pubblica sicurezza – “trattenute per accertamenti” effettuati dai nuovi comandi – s’erano invece presentate spontaneamente in alcune caserme per la richiesta consegna delle armi già in loro possesso. Alcune persone incarcerate – il presidente del comitato fiumano della CRI Gregorio Bettin, il direttore didattico di Abbazia Giuseppe Tosi, il maggiore dei vigili del fuoco Eugenio Venutti – erano abbastanza note a Fiume: nella maggior parte dei casi però gli scomparsi non occupavano posti di particolare responsabilità. (Itinerario Fiumano 1938-1949, Mario Dassovich, p. 168)
5) Venutti Eugenio fu Giuseppe e di Donati Teresa, nato a Pola il 9-10-1893 – maggiore dei vigili del fuoco. Il Comune di Torino, ove risiede la moglie Rossi Renata, ha comunicato: la moglie dichiara che dal giorno 3-5-1945 da Fiume ove risiedeva, è stato deportato in Jugoslavia dalle truppe d’occupazione jugoslave e da allora non ha più avuto sue notizie. (Le deportazioni nella Venezia Giulia, Fiume e Dalmazia, Gianni Bartoli, 1961, p. 116).
6) Dichiarazione di Morte Presunta del Tribunale di Verona, in Gazzetta Ufficiale del 17/11/1951, Foglio delle Inserzioni.
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