Il pesce in scatola, per anni demonizzato, viene riabilitato dal mondo scientifico.
Nel tempo abbiamo spesso fatto riferimento alla difficoltà di tante famiglie italiane a riempire il carrello della spesa.
Nelle nostre città – lo vediamo tutti – tanti negozi di vicinato hanno tirato giù la serranda, lasciando un locale commerciale sfitto e favorendo in modo sempre più palese la grande distribuzione.
Il Governo Italiano sta lavorando per cercare di colmare le lacune economiche lasciate dalle precedenti gestioni ma, certo, non è un’impresa facile.
La quantità di denaro pubblico sperperata per il Reddito di Cittadinanza, il Superbonus edilizio, e i vari sussidi elargiti dai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi non è facile da risanare.
Quando eravamo piccoli, le nostre mamme e le nostre nonne andavano in pescheria a comprare la fettina di sogliola e il trancio di salmone per farci assumere gli Omega3 e il Fosforo, utili per una crescita sana dell’organismo.
Oggi sono tante, troppe, le famiglie italiane che non si possono permettere il pesce fresco. Nelle nostre città si è ridotto il numero delle pescherie e, in molti comuni, non ne esiste più neppure una.
Nei mercati rionali, spesso, manca il banco del pesce fresco e, quando c’è, ha poca scelta e poco prodotto.
Chi si permette ancora il pesce fresco lo acquista al banco pescheria della grande distribuzione che, forte della mancata concorrenza, stabilisce prezzi a volte proibitivi ed ingiustificati.
Tantissimi consumatori hanno, perciò, smesso di comprare pesce fresco e si sono gettati sul pesce in scatola che – per decenni – medici dietologi, nutrizionisti, dietisti, biologi nutrizionisti, hanno demonizzato.
Su questo cambio di abitudini dei consumatori la scienza ha iniziato a fare degli studi. E’ davvero così nocivo e deleterio il pesce in scatola?
La Dottoressa Carlotta Franchi, ricercatrice dell’Istituto Mario Negri di Milano, in una conversazione con il Mensile della Cooperazione di Consumatori, diretto da Paola Minoliti, ha dichiarato: “I risultati emersi dallo studio sono un ulteriore passo avanti per sostenere che il consumo di pesce in scatola sott’olio può essere incluso all’interno di una dieta sana ed equilibrata, essendo minimamente processato, perché cotto a vapore, pulito, messo sott’olio e inscatolato senza conservanti”.
Dichiarazioni come questa fanno cadere il muro di allarmismo e fake news posto in essere dalla comunità dietologica/salutista italiana che, per decenni, ha cercato in ogni modo di delegittimare il prodotto in scatola.
Negli anni, a più riprese, si associava una malattia tremenda come il tumore al colon-retto ad una cattiva abitudine alimentare rappresentata, ad esempio, dal consumo di cibo in scatola.
Ecco perché al “Mario Negri” hanno studiato e desunto “una riduzione del 34% circa del rischio di insorgenza di questo tipo di tumore nei soggetti che consumavano almeno due porzioni alla settimana di pesce in scatola sott’olio (pari a 80g ciascuna)”.
Sempre la Dottoressa Franchi specifica come “Le implicazioni per la salute pubblica possono essere molto rilevanti. Quello al colon-retto, infatti, è un tumore che presenta elevata incidenza e alta mortalità, sia nei Paesi ad alto reddito che in quelli a basso e medio reddito, e il pesce in scatola è un alimento sempre più consumato, grazie alla sua praticità e alla sua accessibilità economica”.
Ecco perché la Redazione di “Consumatori – Notizie e Approfondimenti per i soci Coop” scrive: “Anche chi non ama o non sa preparare il pesce può dunque approfittare di questo alimento benefico”.
La notizia è sinceramente rassicurante e confortante per le tante mamme che – non potendosi permettere il pesce fresco – somministrano ai loro figli tonno in scatola, sardine e sgombro sott’olio od altri prodotti ittici derivanti da processazione industriale.
La scienza, per una volta, si è messa nei panni del cittadino ed ha analizzato implicazioni e benefici di alimenti a basso costo che permettono agli italiani di mettere qualcosa in tavola.
Parliamo di benefici perché un’altra figura di spicco dell’Istituto Mario Negri – la Dottoressa Barbara D’Avanzo – ha dichiarato: “E’ possibile che i benefici” del pesce in scatola “siano collegati al contenuto di acidi grassi omega-3 o ad altri nutrienti presenti nel pesce stesso”.
Notizia positiva per i tanti consumatori che, per anni, si sono sentiti in colpa nel consumare cibo in scatola. Notizia da notificare a tutti quegli operatori sanitari che hanno demonizzato il pesce in scatola “per partito preso” e non per una reale conoscenza organolettica del prodotto.
“Civico 20 News”, da sempre voce libera e indipendente, segue con attenzione il mondo del consumo ed ascolta le famiglie italiane.
Per fare dell’informazione di qualità, non inficiata da lobby o potentati di tendenza, infatti, bisogna parlare con il popolo e con chi, quotidianamente, esce di casa e va a fare la spesa.
Certi che vi saranno altri importanti sviluppi sul tema, promettiamo di tornare ad occuparcene.