Acquisendo un’attitudine essenziale – parte seconda di cinque
Nel precedente articolo siamo giunti ad una considerazione: è necessario cambiare il nostro rapporto con la salute e la malattia se desideriamo una vita qualitativamente soddisfacente ed equilibrata.
Abbiamo cominciato il nostro sforzo di ricerca di tale nuovo rapporto abbozzando alcune ipotesi concettuali e operative. Ora continueremo l’indagine…
Malgrado non esistano ad oggi delle valide alternative alla medicina e alla chirurgia, siano esse convenzionali o alternative, si incomincia comunque ad avere la netta impressione che possa, e debba, esistere un modo diverso di intervenire o di lasciar intervenire sul nostro stato di salute. Un modo solo marginalmente in relazione con l’avanzamento evolutivo dell’umanità, più intimamente connesso al nucleo originale della vita e al modo in cui esso si esprime praticamente.
Un modo che si esplicita escludendo la nostra presunzione di pensare di toccare questo o quello mettendo così a posto anche tutto ciò di cui neanche ci sfiora l’idea che esista e abbia una relazione di reciproca importanza con quanto abbiamo toccato, e che da quel momento non potrà più seguire il proprio sviluppo, essendo stato sostituito da una cicatrice o incapsulato in qualcosa di definitivamente circoscritto in conseguenza della nostra azione.
Un modo che si esplicita senza far uso di interventi di questo genere in grado di ridurre l’intero essere umano ad un ammasso di cicatrici che tirano da tutte le parti, come in un grottesco zombi, un essere umano reso inservibile per lo scopo per il quale si trova a vivere.
Ad oggi non esistono alternative in caso di pericolo di vita per sostituire quanto consolidato, tuttavia alcuni punti sembrano essere abbastanza chiari:
- primo: tutto quanto è stato detto a proposito delle malattie del sistema umano è conseguenza di una esplorazione quanto meno parziale e soggetta a ulteriori conferme o smentite
- secondo: qualsiasi sia la procedura applicata come terapia, per quanto corretta, non garantisce la guarigione definitiva come risultato
- terzo: anche i sani ad un certo punto non si salvano; muoiono sani.
Tutto ciò che è presente, ospite o integrato, nell’essere umano, fa parte di un sistema che integralmente tende alla sopravvivenza e quindi funziona come un complesso organismo, un meraviglioso strumentario, necessario e riferibile a tale scopo.
Serve all’economia vitale di quell’essere umano.
Quindi alcuni fattori che noi riscontriamo in corso di una cosiddetta malattia quali suoi agenti, in realtà stanno comunque lavorando al ripristino della condizione vitale sufficiente, stanno lavorando per la guarigione.
Spesso consideriamo come malattia il processo di guarigione perché sentiamo dolore e quindi non riusciamo a comprendere correttamente la situazione reale. Accade cioè come quando abbiamo un incidente: sul momento non proviamo dolore, ma solo in seguito, ovvero quando, dopo lo shock, il corpo comincia a reagire per ripristinare la situazione corretta. Allo stesso modo non sentiamo quasi nulla mentre si produce la malattia mentre sentiamo dolore nella fase del tentativo del corpo di porvi rimedio.
Anche la medicina inconsciamente lo ammette quando dichiara “meglio prevenire che combattere”, pur intendendone diversamente il significato. Infatti quando riscontra alcuni parametri anomali, o appena diversi, nell’essere umano corre ai ripari per “impedire che si conclami una malattia”. In realtà la malattia è già in atto benché non se ne avvertano gli effetti. Ed ogni intervento esterno risulta interferire con il processo di ripristino biologico naturale del sistema.
Molto probabilmente, se non fossimo immediatamente sopraffatti dalla paura di soffrire o di morire, potremo persino “ricominciare a sentire i processi in atto” e il loro carattere volto alla riparazione e non alla distruzione del sistema in cui si svolgono.
Per cui anche quando siamo assaliti dalla febbre, sottoposti a infiammazioni o processi apparentemente solo degenerativi, dovremo aver la pazienza e la capacità di comprenderne anche il senso positivo, permettendo che il processo si possa concludere prima di trarne indicazioni parziali o errate, ovvero senza passare subito alla conclusione che sia una cosa solo negativa, da combattere immediatamente.
Invece interveniamo, pensando di subire un’aggressione fine a se stessa, volta alla nostra distruzione, e così determiniamo una sterilizzazione del processo, lo interrompiamo cercando di bloccarlo nello stato che riteniamo meno negativo per noi, denominando tale stato guarigione.
Così impediamo il ripristino corretto del sistema prima che si manifesti chiaramente lo scopo di tutto ciò, della malattia che ha preceduto tale stadio; quindi essa sarà costretta a riproporsi, in un modo più potente, diversificato e ampio, per far intendere efficacemente il messaggio che doveva comunicarci. Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire.
Certo non è facile accettare di sperimentare quanto descritto, se non perché costretti dalla vita, in quanto ci siamo abituati all’idea di poter correre il pericolo di morire anche per infezioni banali o piccoli malesseri.
Tuttavia possiamo osservare animali sopravvissuti a terribili amputazioni o ferite; persone che hanno subito danni cerebrali, e conseguentemente non hanno più interferenze coscienti sull’aspetto biologico, il cui corpo si ripara e mantiene automaticamente meglio di quanto avrebbe potuto fare un qualsiasi intervento esterno. Certo non è auspicabile una tale situazione così altamente squilibrata per far sopravvivere a tutti i costi un corpo che non può più operare autonomamente e coscientemente.
Quindi sembrerebbe esserci un rimedio specifico per ogni essere umano, così come una malattia specifica per ogni essere umano, comprovata da quante nuove malattie di nicchia vengono scoperte o inventate a causa del loro non riconoscimento quali declinazioni diverse, personali, di un’unica malattia: essere separati dall’unica fonte inesauribile di vita e conoscenza.
Si potrebbe dire che ogni coscienza si esprime attraverso una malattia che la rappresenta o che ogni coscienza nata dalla separazione manifesta questo suo stato attraverso uno stato specifico chiamato malattia.
Anche solo per questo sarebbe impossibile agire correttamente su quell’essere umano con interventi standard, applicando procedure come attualmente si tende a fare qualunque sia il tipo di medicina applicata o l’osservazione considerata.
E anche questo non è facile da accettare.
Infatti la nostra attuale società è strutturata in modo da cercare di impedire la morte e prolungare quanto più possibile l’esistenza, a qualunque costo. È una condizione che risponde ai desideri più profondi di ogni essere umano, indipendentemente dalle necessità di business relativo alla farmaceutica, alle strutture ospedaliere, alle attrezzature mediche, alla creazione di posti di lavoro etc etc.
Per cui sta all’individuo fare ogni sforzo per comprendere che ciò che sta avvenendo è per il suo bene e contemporaneamente occuparsi di ciò di cui ha direttamente responsabilità.
Ognuno ha sempre a disposizione tutto quello che serve per farlo, a cominciare da adesso e per non smettere mai più!
Continua nella terza parte
Schema e testo
Pietro Cartella
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