Siamo o non siamo uno Stato di Diritto?
Come si ricorderà, concludevamo la prima parte di questa disquisizione con la domanda: “A cosa serve andare a votare, se poi comunque la volontà dei cittadini non viene considerata?”.
Qui si potrebbe essere tentati di rispondere citando un aforisma attribuito al noto pensatore e scrittore statunitense Mark Twain: “Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare.”
Perché quindi si vota? Perché il sistema politico è periodicamente alla ricerca del consenso dei cittadini, dai quali farsi delegare per l’esercizio delle proprie funzioni, se poi comunque nulla o ben poco cambia?
La questione è ben illustrata da un aneddoto che si attribuisce ad un noto personaggio politico del recente passato, anche lui scomparso ormai da circa un decennio, per via di quest’ineluttabile legge universale che i più tendono ancor sempre inopportunamente ad ignorare. Citiamo:
- Personaggio politico: “Voi pensate che noi politici, il giorno delle elezioni ci mettiamo incollati davanti al televisore, come fate voi, per vedere chi vince e chi perde? A noi, non ce ne importa nulla, tanto il potere è uno solo. A noi interessano solo i dati di quanti non vanno a votare, quante schede bianche e quante annullate. Perché se il non voto arriva al 60%, per noi è finita! Significherebbe che il popolo ha sfiduciato tutto il sistema politico. Il sistema giudiziario non sarebbe più sotto scacco e si farebbero immediatamente i processi per davvero. E finiremmo tutti in galera! Ma per fortuna nostra, voi questo non lo sapete e continuate a ripetere le frasette che vi mettiamo in bocca, come: ‘se non vai a votare ti rimetti alla volontà degli altri che ci vanno’”.
- Interlocutore: “Mi scusi, onorevole, ma chi le garantisce che quando esco di qua non vada a raccontare in giro ciò che lei mi ha appena detto?”
- Personaggio politico (ridendo di gusto): “Lo faccia, lo faccia pure! Nessuno le crederà!”
Ma quindi, verrebbe da ponderare, se il potere è uno solo, che ne è dello Stato di Diritto che si diceva sopra, della Democrazia rappresentativa chiamata Repubblica italiana? E se non fosse uno Stato di Diritto, come si vorrebbe che credessimo, che cos’è in realtà?
In effetti, andando a ricercare un po’ più in profondità, ma neanche poi tanto, ci si imbatte nell’informazione che di fatto la Repubblica italiana sarebbe una Corporazione privata regolarmente registrata presso la S.E.C. (Security Exchange Commission) di Washington D.C., ben lungi dall’essere uno Stato nel senso corrente del termine, nominata ITALY REPUBLIC OF, con numero CIK 0000052782 (link: https://www.sec.gov/cgi-bin/browse-edgar?action=getcompany&CIK=0000052782&owner=exclude&count=40).
La sorpresa coglie impreparati ed increduli. Se fosse così, sarebbe davvero grossa! Una Corporazione privata invece di uno Stato di Diritto. Certo che, in un tale caso, le logiche dei rapporti con i cittadini si fonderebbero su presupposti completamente diversi rispetto a quelli di uno Stato di Diritto e, di fatto, nel sito della SEC si possono osservare regolari attività d’invio di rapporti annuali da parte del nostro Ministero dell’Economia e delle Finanze (M.E.F.) circa ad esempio le leggi di bilancio o l’andamento del debito pubblico ed altre tipologie di documenti con vari riferimenti ad investimenti ed operazioni finanziarie tipiche del settore privato, segno che il profilo è più che mai attivo e curato.
Come, tuttavia, ormai arcinoto, le informazioni del web vanno prese con le dovute precauzioni; molte sono infatti le notizie o le informazioni fuorvianti.
Ritenni, tuttavia, la questione di grande importanza, in quanto dalla risposta alla domanda: “La Repubblica italiana è uno Stato di Diritto od una Corporazione privata?” dipendeva la definizione del reale rapporto tra cittadino ed Amministrazione, ragion per cui il dubbio andava assolutamente redento.
Qual miglior cosa che rivolgersi, dunque, al diretto interessato, nelle vesti del M.E.F., quale intestatario del profilo S.E.C.! Fu così che nei primi giorni del febbraio 2023 il sottoscritto si premurò d’inviare una lettera dovutamente raccomandata, con ricevuta di ritorno, all’Ente sopraccitato, chiedendo delucidazioni circa questo aspetto delle cose.
La lettera, giunta regolarmente a destinazione alcuni giorni più tardi, permane tutt’oggi senza risposta alcuna da parte dell’Ente interpellato. Che si può pensare? Che si tratti di una sorta di silenzio-assenso?
luca rosso
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