
Alcuni di voi ricorderanno qualche vecchio film di bassissima qualità -tra l’horror e la fantascienza- in cui un virus di provenienza extraterrestre trasformava gli esseri umani in zombi allucinati e aggressivi che vagavano senza meta per le città. Purtroppo, temiamo che non si tratti solo di fantascienza: quel virus esiste davvero e sembra mietere vittime a migliaia nello scenario politico e comunicativo dei nostri giorni. Non abbiamo mai assistito a un dilagare così vasto, in quello scenario, di una irrazionalità che sconfina spesso nel disagio mentale.
Chiuso un evento incomprensibile, se ne apre un altro ancora più incomprensibile; chiusa una narrazione demenziale se ne apre un’altra ancora più demenziale, e così via in una girandola di puro surrealismo che talvolta presenta elementi di comicità deliziosa ma più spesso offre aspetti di oscura e inquietante pericolosità.
Vediamo qualche esempio recente e recentissimo.
Sulla conversione guerresca della politica europea abbiamo già scritto più volte: un’Europa nata sotto il segno della pace e della coesione sociale, della democrazia e della sussidiarietà, della fiducia e della collaborazione fra gli stati, concepita alla fine dell’orrenda carneficina degli anni Quaranta, è improvvisamente diventata un’aspirante potenza militare e militarizzata che non esita a usare il denaro di tutti per finanziare il complesso industriale, politico e militare dell’Occidente.
Più nessun freno alla spesa pubblica, al deficit e al debito statali, alla propaganda bellica più esplicita e sfacciata. Più nessun accenno alla pace, alla convivenza, alla costruzione di una società pacifica e tollerante, solo il terrore mediaticamente indotto verso una Russia dipinta come un orso (o un orco) aggressivo sulla soglia di casa nostra, pronto a varcarla sui cingoli dei suoi carri armati.
Di questa degenerazione politica, culturale e antropologica che ha trasformato il continente e le sue classi dirigenti nel giro di pochi mesi sarà responsabile quel virus extraterrestre di cui dicevamo all’inizio?
Oppure è semplicemente una studiatissima e cinica manovra comunicativa che ha risvegliato l’altra faccia, quella occulta, della costruzione europea; la faccia oscura di un totalitarismo orwelliano che è sempre stata presente nell’inconscio di quella costruzione e che, con il conflitto russo-ucraino ai suoi confini geografici, ha trovato un improvviso -e forse atteso, o addirittura auspicato- fattore scatenante?
L’amico e collega Andrea Farina pochi giorni fa, su queste stesse pagine, ha esaminato con l’acutezza dello studioso le logiche della propaganda politica che le élites usano per porre e imporre le loro scelte alla società civile, e quell’analisi è perfettamente applicabile a quanto successo alla governance europea negli ultimi tempi, soprattutto sotto il profilo del rovesciamento della pratica democratica operata dalle oligarchie imperanti.
È nata un’Europa non solo bellicista, in palese contrasto con il sentiment delle sue genti, ma anche sempre più antidemocratica e antipopolare, sempre più in mano a pochi uomini e donne che si ritengono portatori di verità indiscutibili e interessi incontrastabili, e soprattutto manipolabili e imponibili a piacimento con lo strumento di una propaganda illusionistica, retorica e irrazionale. Vero e proprio mentalismo politico.
Si pensi solo alle modalità con cui il ReArmEu è stato portato all’attenzione del Parlamento europeo (semplice risoluzione, che lo esclude dall’esame dell’aspetto finanziario riservato alla Commissione e al Consiglio), oppure alla radicale modifica costituzionale che il governo tedesco ha portato in approvazione ad un parlamento in piena scadenza, modifica che permetterà di aggirare i vincoli di bilancio relativi alle spese per la difesa.
Tutto questo si collega in modo sorprendente con due episodi di casa nostra; esempi, come dicevamo prima, collocabili fra il divertimento e il puro surrealismo nonostante la drammaticità del contesto.
Il primo evento è la manifestazione promossa da Michele Serra e da Repubblica a Roma sabato 15 marzo, dove (forse) trentamila persone, esponenti di una qualche indefinita e indefinibile “società civile”, hanno celebrato a spese del comune capitolino, cioè anche nostre, una messa cantata in onore dell’Europa, dove i toni euro-lirici e la fiammeggiante retorica hanno assunto vette mai viste in una piazza italiana, anche se molti non hanno capito bene quale fosse l’intento e la proposta politica. Un puro fatto propagandistico e auto-celebrativo animato dai militanti dei partiti europeisti e dai relativi media di supporto.
Evento tutto sommato tollerabile pur nella sua insignificanza, ma niente di paragonabile al monologo di Roberto Benigni, autodichiaratosi “estremista europeo”, di mercoledì 19 su RAI 1, la cui rivoltante piaggeria europeista ha sicuramente disgustato e offeso moltissimi italiani. Uno spettacolo di assurda, irragionevole e puerile propaganda messo in atto da un vecchio saltimbanco probabilmente in stato di indigenza dopo tanta assenza televisiva, e che andava in qualche modo aiutato dagli amici della RAI anche se a scapito della nostra intelligenza e del buon gusto in genere.
Ma è il secondo evento quello che ha maggiormente evidenziato la deriva patologica del dibattito politico, anche perché realizzato nella massima sede istituzionale del Paese, e cioè nel Parlamento della Repubblica.
Parliamo ovviamente del dibattito alla Camera dei Deputati, sempre mercoledì 19 marzo, che aveva ad oggetto il Consiglio UE relativo al riarmo europeo. E’ successo di tutto, e neppure il più brillante sceneggiatore della commedia all’italiana avrebbe potuto -in un impeto di sublime creatività- proporre uno spettacolo più godibile, anche se per molti aspetti di cui vergognarsi. I lettori avranno senz’altro avuto la possibilità di assistervi, per cui non lo ripercorriamo tutto, ma confessiamo di volercelo rivedere anche noi ancora una volta, e al più presto, seduti sul sofà con birra e popcorn.
Vogliamo solo ricordare la scena veramente straziante del povero deputato PD, di cui sarà bello dimenticare il nome, che al culmine di una prolungata erezione oratoria antifascista viene schiantato dal dolore ideologico e scoppia a piangere sui banchi dell’aula, subito amorevolmente confortato dai suoi compagni di partito. Chissà se il filmato potrà essere consegnato agli atti parlamentari affinché le generazioni future possano giustamente goderne…
Ma la di là del commovente episodio, il dibattito ha evidenziato alcune cose fondamentali: intanto, come dicevamo, l’assoluta predominanza di un irrazionale ideologismo che la sinistra nel suo complesso (da Schlein a Bonelli, da Renzi a Fratoianni, da Calenda a Scalfarotto eccetera) oppone in continuazione a ogni argomentazione logica e ragionevole dell’avversario.
Lo schema multiuso fascismo-antifascismo è per loro l’unico strumento conoscitivo e operativo, di qualunque cosa si parli e di qualunque cosa non si parli. Il loro cervello si è inceppato più di ottant’anni fa e non è più ripartito.
Lo ha dimostrato la ormai nota “questione Ventotene” il cui presupposto, come noto, risale addirittura al 1941. Una cosa assolutamente ovvia e conosciuta da tutti coloro che possiedono una modesta cultura storica è che quel documento ha una forte impostazione “giacobino-leninista”, come sottolineato sia da Corrado Ocone che da Luca Ricolfi, e ammesso molti anni dopo dallo stesso Altiero Spinelli, e quindi è inaccettabile per un vero liberale e democratico; e si pone in quel filone elitario, e potenzialmente totalitario, che parte già da Paneuropa di Koudenhove Kalergi, edito nel 1923.
A una considerazione come questa, esposta lucidamente da Giorgia Meloni, opinione del tutto condivisibile, ragionevole e documentata, la sinistra parlamentare ha risposto con una tempesta di argomentazioni rabbiose, urlate, insultanti, preconcette e, soprattutto, incongruenti non essendo criticamente argomentate ma basate come sempre sul fatto che quel lavoro fu scritto da antifascisti, imprigionati, esiliati, bastonati intellettualmente e forse anche fisicamente in un’isola sperduta nel Mar Tirreno, mentre i fascisti opprimevano un’intera nazione, e i nazisti sterminavano gli altri popoli eccetera eccetera.
Che cosa c’entri tutto questo furore antifascista con i contenuti di uno scritto sull’Europa futura senz’altro dignitoso ma anche assolutamente discutibile non si capisce. Basta essere antifascisti e perseguitati per dire cose incontestabilmente vere e condivisibili? Evidentemente no, e il Manifesto con i suoi visibili contenuti autoritari lo dimostra, pur essendo in buona parte ispirato da un ideale sincero e profondamente vissuto. Ma per quella sinistra ringhiosa che ieri ha urlato cose incredibili in parlamento ogni critica ai suoi totem ideologici, ogni tentativo di fuga dalla sua rozza contrapposizione fascisti-antifascisti è un insulto alla sua supposta superiorità morale; di quella intellettuale è meglio tacere.
In tutto questo temporale di parole vuote, di menzogne, di concetti squadrati con l’accetta, di idee strampalate, di faziosità e di irrazionalità conclamate, di fronte a questo sonno della ragione nei giorni scorsi hanno preso posizione duemilacinquecento scienziati guidati da Carlo Rovelli, uomo non certo di destra o sovranista o fascista o putiniano (i termini ormai sono in buona parte intercambiabili) con un documento recante il titolo “Scienziati contro il riarmo” pubblicato dal Corriere della Sera il 19 marzo.
Leggere le parole di questi uomini abituati al ragionamento continuo, rigoroso e minuzioso, al confronto metodologico, all’uso supremo della ragione che si schierano apertamente contro guerre e armamenti apre la mente e il cuore. Si tratta di una serie molto articolata e documentata di dichiarazioni dimostrate more geometrico ma anche piene di passione per la pace, una passione che ci viene comunicata -possiamo dirlo?- dalla parte migliore dell’umanità, quella ancora pensante, illuminata e illuminante, che non si fa ingannare dalla retorica dei potenti e dei loro servitori e che oggi sceglie “ciò che fa vivere rispetto a ciò che uccide”, per usare le belle parole di Papa Bergoglio.
Vale veramente la pena di leggerlo, se si vuole, assumendolo come fosse una buona medicina della mente, a questo indirizzo: