Presentato il sondaggio: “Come vorreste la prossima Europa?” intanto Draghi spunta come un fiume carsico…
L’elezione del Parlamento europeo, come abbiamo già avuto occasione di affermare, è importante per più di un motivo. Innanzitutto perché rispetto al passato la maggioranza che oggi governa l’Unione europea ha cercato di attuare provvedimenti divisori che andrebbero ad incidere direttamente e non di certo con esiti positivi sulla nostra vita e sulle consuetudini di ogni giorno. Altro elemento che interessa in modo particolare gli orientamenti nazionali dei partiti riguarda il sistema elettorale adottato.
Ogni partito presenta la propria lista con candidati votabili direttamente dall’elettore. Vige il sistema proporzionale ed i partiti, al di fuori delle coalizioni saranno in grado di valutare la propria potenzialità e il gradimento ottenuto dai candidati, lontano dagli obbrobri delle liste bloccate in uso per il parlamento nazionale.
Dalle prima indicazioni cosa rileviamo? Elly Schlein ha illustrato i punti salienti del programma del PD che esalta i risultati raggiunti o indicati dall’Unione europea e si spinge, quale indirizzo scelto per la prossima legislatura, per l’adozione delle norme aberranti in campo di obblighi alimentari, sino all’esaltazione dell’aborto senza distinguo di sorta.
Emma Bonino fa di peggio. Con la lista “Stati Uniti d’Europa”, raggruppa i cani sciolti che non sono in grado di superare il quorum del 4% per poter accedere a Bruxelles. Consociativismo che parte male, perché secondo le previsioni, il risultato di lista dovrebbe essere inferiore alla somma dei dati raccolti dai singoli partiti.
Nel programma la Bonino adotta la linea di Macron, lontanissima da ogni critica verso i dettami della sinistra rispetto alle scelte di libertà dei cittadini europei, oggi stravolte in campo alimentare ed energetico dalle loro pretese. Infatti, non a caso Macron è e sarà ampiamente osteggiato dai suoi elettori.
In attesa che anche gli altri partiti si esprimano sui programmi, circolano i risultati di un sondaggio assai eloquente dal titolo “Come vorreste la prossima Europa?”
“Questo sondaggio è uno strumento importante per capire quanto i cittadini lombardi si sentano strozzati da queste folli politiche europee. Il quadro che emerge è quello di famiglie e imprese schiacciate dai numerosi vincoli europei pensiamo ad esempio all’obbligo di ristrutturare la casa o cambiare l’auto per rispettare finte norme a tutela dell’ambiente. Tutte imposizioni europee che poi dovranno pagare i cittadini italiani.
Le risposte che emergono dal sondaggio dovrebbero far riflettere gli euroburocrati che in questi anni non si sono preoccupati di mutui triplicati mentre miliardi venivano investiti per farci mangiare insetti”. Lo dichiara l’On. Angelo Ciocca, membro della commissione agricoltura e di quella industria e ricerca al Parlamento europeo, commentando i risultati del sondaggio da lui commissionato.
Un sondaggio su quattro temi centrali per attuare questa rivoluzione europea: solo 1 cittadino su sei si dichiara a favore della follia europea che vorrebbe vederci mangiare insetti; più del 50% degli intervistati ha un’opinione negativa della direttiva europea case e dell’obbligo di ristrutturarle o di cambiare auto per passare all’elettrico a spese dei cittadini; 6 cittadini su 10 hanno visto la loro rata del mutuo raddoppiata a causa dell’aumento dei tassi di interesse. Quindi partiti e candidati terranno conto dell’umore dell’elettore?
Poi emerge Draghi che nel corso di un lungo discorso programmatico, ha disquisito sulla necessità di un “cambiamento radicale” dell’Ue.
Poche le reazioni italiane al discorso dell’ex presidente Bce.
Nel corso di una lunga dichiarazione. Giorgia Meloni afferma: “Io sono contenta che si parli di un italiano ma questo dibattito è filosofia. La tendenza di decidere prima che i cittadini votano non mi troverà mai d’accordo. Sono i cittadini che decidono le maggioranze, per questo non parteciperò al dibattito”. Sulla possibile nomina di Mario Draghi ai vertici Ue Meloni afferma. “Quello che mi interessa è che sia Draghi che Enrico Letta, che sono considerati due europeisti, ci dicono che l’Europa va cambiata”.
Lo ha detto il premier Giorgia Meloni al termine del vertice Ue e prosegue: “Draghi è una persona autorevole, ma dico una cosa banale. Questo dibattito è buono per i titoli dei giornali e fare campagna elettorale ma non è così che funziona. A me interessa sapere se vogliamo cambiare ciò che non ha funzionato. Come facciamo a garantire adeguate catene di approvvigionamento? Come facciamo a continuare questo lavoro sulla migrazione, che non è dire ricollochiamo i migranti in Ue, cosa che non funzionerà mai”, ha insistito.
Se fino a qualche settimana fa si pensava che Draghi potesse essere il nome giusto per arrivare a una quadra tra Popolari e Conservatori, superando le difficoltà dell’altra destra europea di Salvini e Le Pen nell’immaginare un bis della von der Leyen, oggi la posizione della presidente uscente si è indebolita – e quindi i giochi sono più aperti.
Uno dei nodi centrali del documento di Draghi, secondo le anticipazioni, sarà il tentativo di colmare il gap di investimenti registrato in Europa rispetto ad altre aree, come per esempio gli Stati Uniti. Tra gli obiettivi ci sarà quello di mobilitare le risorse private. Anche il pubblico dovrà però fare la sua parte. Gli «aiuti di Stato» da nazionali potrebbero diventare europei, con la nascita di un fondo comune un po’ sul modello dell’Ira (Inflation Reduction Act) americano, che potrebbe essere finanziato in comune.
Il tema è: chi pagherà? O meglio: i Paesi del Nord accetteranno di mettere in pool le risorse?
I più diffidenti sembrano, come al solito, i tedeschi. Un recente articolo di Der Spiegel metteva a confronto le posizioni di Draghi con il programma elettorale voluto dall’attuale segretario della Cdu Friedrich Merz: «Tutte le forme di responsabilità della Germania per i debiti di altri Stati riceveranno un chiaro rifiuto».
«Un manifesto anti-Draghi non potrebbe essere scritto più chiaramente», concludeva il giornale. Lo stesso atteggiamento potrebbero avere gli altri cosiddetti «frugali» come Olanda o Austria. Ma il gioco di incastri e gli equilibri politici non rendono l’ipotesi di un suo incarico così concreta.
La campagne elettorale è solo all’inizio ed i leader non sono ancora scesi in campo con dichiarazioni impegnative, ma delle tesi di Draghi si continuerà a parlare.
La scelta, nel contesto elettorale non potrà che essere netta, tra la tutela delle libertà personali in tutte le sue articolazioni e l’omologazione becera ai diktat delle multinazionali. Non ci limiteremo ad osservare, ma denunceremo i programmi ambigui di quanti, senza argomentazioni sostenibili cercheranno di peggiorare le nostre condizioni di vivibilità.
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