I partiti hanno depositato le candidature per il Parlamento europeo
Sono 10 le liste ammesse dall’ufficio elettorale circoscrizionale per l’Italia Nord-occidentale per le elezioni europee. Tra queste Libertà, Rassemblement Valdotain, Forza Italia, Azione-Siamo europei, Partito democratico, Alleanza verdi e sinistra, Movimento 5 stelle, Lega Salvini Premier, Stati uniti d’Europa e Fratelli d’Italia.
Sono state ricusate, invece, altre nove liste, tra cui Pace terra e dignità di Michele Santoro, (nella circoscrizione Nord Ovest) ,Forza nuova e Italexis .
Attendiamo il pronunciamento definitivo.
L’abbiamo già ribadito in precedenti articoli, queste elezioni sono importantissime, tenuto conto i dei temi vitali che sono rimasti in sospeso e che minacciano la nostra libertà. Circolano tanti slogan, polemiche pretestuose fomentate in modo particolare dal PD e dall’estrema sinistra, ma lontane dalle problematiche del voto europeo.
Al momento solamente Azione e Forza Italia stanno diffondendo il programma. Per quanto riguarda le altre liste diventa praticamente impossibile confrontarsi e valutare.
Se analizziamo quel che avrebbe in serbo la commissione UE per il dopo elezioni ci sarebbero complessi motivi da valutare e sottoporre all’attenzione del cittadino elettore programmi alternativi.
Premettiamo che nella legislatura che si chiude, le molte e autorevoli segnalazioni fatte pervenire alla Commissione Ue sui gravi difetti del Green Deal europeo, non sono state prese in considerazione.
Le politiche di transizione climatica ed energetica sono state centralistiche, costose, inefficaci ed illusorie, suscitando reazioni di rigetto.
Il recente voto del parlamento sull’aborto come diritto umano ha evidenziato il controllo del parlamento stesso da parte di una ideologia distruttiva e senza speranza. Le intromissioni delle istituzioni dell’Unione nelle elezioni politiche in Polonia e le forzature rispetto alle decisioni del governo dell’Ungheria, nazione che viene spesso trattata come “aliena” rispetto all’Unione, sono alcuni aspetti di una situazione di evidente crisi.
A ciò si aggiunga un considerevole fallimento in politica estera, titubante e subalterna ai reali interessi e decisioni assunte dalle grandi potenze, territorialmente lontane.
Di recente ci sono stati in alcuni Paesi europei esiti elettorali fortemente contrari a questa Unione Europea. Ci riferiamo alle elezioni in alcuni Laender tedeschi e soprattutto in Olanda.
Su questa tendenza fosse seguita anche da Italia e Francia, come da previsioni, sarebbe conseguente uno spostamento di oltre cento seggi nel prossimo parlamento europeo.
Difficile però fare previsioni. Tutto potrà dipendere dalle alleanze che intenderà sancire il PPE. Ci limitiamo ad osservare che si verificherà probabilmente una polarizzazione della composizione del parlamento, segno che il futuro dell’Unione Europea non sarà un percorso facile, ma piuttosto combattuto. Questa polarizzazione riguarderà soprattutto questo aspetto: frenare o addirittura ridurre il trasferimento di sovranità degli Stati o, al contrario, accelerare l’unificazione.
Nei giorni scorsi Mario Draghi ha anticipato alcuni contenuti del Rapporto da lui stilato su incarico della Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Layen. Riteniamo che il presidente Draghi non parli solo a titolo personale, ma anche a nome di vari circoli di potere, finanziario, economico e politico, con cui è collegato. Abbiamo valutato il suo intervento con la massima attenzione.
Da quel che ha scritto, Draghi si colloca nella prospettiva di un veloce e deciso rafforzamento dell’Unione con la prospettiva della nascita di uno Stato centrale, la creazione di un debito comune, un riarmo europeo e la prosecuzione nella transizione ambientalista e digitale. Egli ha parlato della necessità di una “svolta”, ma ci pare che la sua proposta sia in continuità con le tendenze attuali, che egli vorrebbe radicalizzare e velocizzare andando verso un nuovo “sovranismo” europeo.
Ci sono affermazioni che, se portate a compimento, potrebbero contrastare anche con i principi della Dottrina sociale della Chiesa cattolica.
Il progetto annullerebbe le comunità naturali, dalla famiglia alle comunità locali fino alle nazioni, e creerebbe un super-Stato ancora più lontano da cittadini e comunità organiche di quanto siano oggi le istituzioni dell’Unione.
Il proseguimento delle transizioni attuali in mano ad un simile demiurgo potrebbe creare un sistema centralizzato di controllo della popolazione con pericoli per la stessa libertà.
Senza contare che il finanziamento delle transizioni green e digitale richiederebbe immense risorse e interventi invadenti il diritto alla proprietà privata. I temi che ora rimangono – almeno formalmente – a carico degli Stati diventerebbero di competenza centrale e, per fare un esempio, in campo educativo si potrebbe assistere ad una “pedagogia delle masse”, come alcuni esperti la chiamano, governata dal potere centrale.
Una specie di appiattimento e di omologazione delle menti dei cittadini all’europeismo come ideologia.
I candidati consapevoli o almeno quelli che non vogliono arrendersi e subire il disegno totalitario di quest’Europa, dovrebbero impegnarsi a favorire invece il rallentamento dei processi unitari, puntare alla riscoperta culturale di quanto sia essenziale all’Europa e che finora l’unificazione dell’Unione Europea ha perduto o trascurato, tornado all’Europa preconizzata da De Gasperi e Schumann.
Per entrare nel merito, si valorizzino, le radici cristiane, il ruolo della famiglia naturale e non artefatta, la conservazione delle culture nazionali e regionali, sino alla dislocazione sussidiaria del potere politico, al governo delle migrazioni che l’Unione non è riuscita nemmeno ad impostare, al valore delle tradizioni, alle libertà gestite dal basso, al rispetto per le Autonomie, all’auto-organizzazione delle comunità locali, alla conservazione di tante identità andate perdute senza che nessuno sappia dire perché, fino ad una più calibrata riflessione di tipo geo-strategico.
Siamo chiamati a contribuire a compiere scelte epocali.
Il gran schiamazzo sulle candidature italiane nate e morte e poi rinate nella stessa giornata, ci è parso, almeno fino ad oggi una festa strapaesana, priva di cogito e generatrice di messaggi deleteri.
Autorevoli colleghi hanno intervistato candidati di primo piano che non conoscono i confini geografici del Belgio, Paese sede delle Istituzioni europee, non conoscono le lingue straniere e le effettive competenze del Parlamento europeo e via di questo passo.
Per riferirci al vissuto, non dimentichiamo che, in alcuni settori, come l’agricoltura e l’alimentazione, le norme in essere sono sfavorevoli all’Italia e penalizzano i cittadini e lo Stato.
Lo dobbiamo in gran parte all’assenteismo dei nostri deputati , mentre tedeschi francesi e i rappresentanti dei Paesi nordici, ostili alle colture mediterranee, sono unanimemente ritenuti “culi di pietra” sempre presenti nelle commissioni dove si decidono provvedimenti vitali e si erogano finanziamenti.
Questo è il nocciolo dei problema.
Così i partiti politici italiani, invece di mettere in lista la mestrina detenuta per reati di violenza contro le persone, o altri candidati ormai cadaverici, con potenzialità vicine allo zero, dovrebbero riflettere sulla gravità e superficialità delle loro scelte. Così non correrebbero il rischio di essere delegittimati da parte dei cittadini, che non vivono di balletti e moine, ma si confortano ogni giorno con problemi vitali.
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