Ci stiamo avviando all’agonia della democrazia rappresentativa?
Con il voto in Emilia -Romagna e Umbria si chiude la lunga stagione elettorale dell’anno. Elly Schlein e i piccoli leader dei piccoli partiti che gravitano nella sua orbita esultano, ma poi litigano tra di loro, avanzano i distinguo e il loro” campo largo” si riduce ancora a una chimera, perché è impossibile mettere insieme i riformisti con gli spaventapasseri alla Bonelli che, ignorando volutamente il ruolo dei settori produttivi dicono no a tutto e a tutti, abbacinati dai diktat autoritari e falsamente ambientalisti dell’Unione Europea che favoriscono l’indebolimento dell’economia dei Paesi e impoveriscono la popolazione.
Tralasciando le giustificazioni puerili dei partiti sconfitti di ambo le coalizioni che dissertano sul candidato inappropriato o le ingerenze della magistratura ante voto, c’è un dato di fatto che dovrebbe mettere a spalle al muro lo sciacallaggio dei partiti e farli riflettere.
Infatti, quanto accaduto domenica e lunedì rappresenta l’ennesimo campanello d’allarme per il futuro della nostra democrazia rappresentativa.
In Emilia-Romagna hanno votato solo il 46,42% degli aventi diritto, in Umbria il 52,30 (percentuale più bassa di sempre). Gran parte dei cittadini di quelle due regioni hanno reputato inutile andare ai seggi, eppure c’era la possibilità di votare sia domenica che lunedì, quindi non si è trattato, nella stragrande maggioranza dei casi, di un impedimento dovuto al non voler rinunciare alla gita domenicale, bensì di una scelta ben precisa di astensione. Medesimo copione si è verificato nelle precedenti consultazioni elettorali.
I governi dei territori sono ormai in crisi tanto quanto quello nazionale. La gente non crede più all’utilità delle politiche pubbliche e si rifugia nell’astensione come via di fuga. In compenso si fanno strada le forze extraparlamentari che infiammano le piazze con le loro proteste, sempre più violente e scomposte, con finalità potenzialmente eversive, che mettono a rischio la solidità delle istituzioni e la tenuta sociale e ci ricordano i momenti bui dei “compagni che sbagliano”.
Il centrosinistra canta vittoria per questo 2-0 inflitto al centrodestra, ma l’Emilia-Romagna era già nelle sue mani con Stefano Bonaccini, che ha dovuto lasciare in anticipo il suo incarico di governatore per assumere quello di parlamentare europeo. Ora a guidarla, per i prossimi 5 anni, sarà un altro “Onorevole Peppone”, ossia Michele De Pascale, sindaco uscente di Ravenna che si è già distinto per la sua ripugnante demagogia.
L’Umbria invece cambia colore politico anche a causa dell’alta astensione, che ha penalizzato la governatrice uscente, Donatella Tesei, alla quale forse qualche voto è stato tolto proprio dalla campagna mediatica subìta nelle ultime settimane per quella vicenda di presunto abuso d’ufficio priva peraltro di rilevanza giudiziaria.
A prevalere è stata la sindaca di Assisi Stefania Proietti, che è espressione del campo largo. In Umbria, infatti, i vari cespugli centristi, le diverse anime della sinistra e il Movimento Cinque Stelle hanno trovato una sintesi e hanno prevalso su un centrodestra non sufficientemente compatto.
Serpeggiavano, infatti, molti malumori in Fratelli d’Italia nei confronti della Tesei, esponente della Lega.
Ora è prevedibile una resa dei conti dentro quello schieramento, anche in vista delle regionali dell’anno prossimo, quando i meloniani chiederanno candidati governatori di peso come quello del Veneto.
Le elezioni regionali di quest’anno, hanno sancito la sconfitta della partecipazione e la conferma dell’agonia della democrazia.
Elly Schlein tira una boccata d’ossigeno perché respinge, almeno temporaneamente, l’assalto degli oppositori interni, fomentati dal governatore campano Vincenzo De Luca. La segretaria del PD, esultando per la vittoria di domenica, ha dichiarato che “uniti si vince”, ma evidentemente ha ben poco da gioire visto che il centrosinistra è molto diviso più o meno ovunque. E’ una vittoria di Pirro, che non assicura la governabilità.
Basti pensare all’odio viscerale tra le varie componenti centriste, Renzi da una parte, Calenda dall’altra e in mezzo i moderati del Pd che invano tentano di ricomporre le fratture. In queste condizioni appare improbabile che Schlein, comunque fortemente appiattita a sinistra, possa costruire un’alternativa di governo, con i grillini risosi tra di loro e in caduta libera. Solo il masochismo del centrodestra potrebbe offrirle assist al momento impensabili.
Tutti i leader politici, purtroppo non si guardano allo specchio per domandarsi cosa interessa ai cittadini.
Non i proclami a favore di negri, lesbiche e gay, le ire dell’opposizione contro il decreto sicurezza o gli ostacoli che la magistratura pone al governo, come i discorsi retorici di Mattarella.
Il cittadino protesta perchè la Sanità non funziona e in modo particolare quella territoriale, con i medici di base che invece di ricevere i pazienti in orari prolungati o recarsi al loro domicilio, si lavano la coscienza, alimentando la medicina difensiva e prescrivendo esami clinici non essenziali e non accettano, per la maggior parte dei casi, di associarsi alle Case della Salute, istituite dal governo Meloni per offrire un servizio reale al cittadino e frenare l’acceso indiscriminato al pronto soccorso.
Agli italiani poco importa che ante Covid i Governi Monti e Conte abbiano limitato l’accesso alle specializzazioni dei giovani medici e chiuso ospedali e strutture sanitarie e che il governo Meloni abbia stanziato e continui a stanziare ingenti somme al comparto Sanità, se poi debbono aspettare anni per poter fruire di visite specialistiche o esami clinici.
Così il cittadino che deve fruire di mezzi pubblici per recarsi ogni giorno a scuola o al lavoro, è esasperato dai ritardi cronici e dalla lentezza dei mezzi di trasporto e sovente, orario alla mano, verifica che quando non c’erano treni ultramoderni che viaggiano grazie a convegni elettronici sofisticati, ma le stazioni era presidiate dai capistazione, i percorsi erano più veloci e le stazioni sicure.
La sicurezza oggi è sempre più un miraggio con una delinquenza selvaggia che si accanisce sui più deboli. Queste sono le pretese basilari del cittadino.
Sul tema sicurezza se il Governo, oltre alle leggi non sarà in grado di garantire l’incolumità dei cittadini sul territorio, garantendo la presenza di esercito, polizia e carabinieri, avrà fallito gran parte di suoi compiti e messo in discussione la sua credibilità che oggi è ancora elevata.
La politica, in particolar modo nelle regioni, è invece distratta dai piccoli giochi di potere.
Le nomine di politicanti di mezza tacca a capo delle ASL e purtroppo anche in ruoli operativi, a scapito della competenza e funzionalità delle strutture sanitarie. Le partecipate regionali presidiare da incompetenti, con lotte all’interno delle coalizioni e risvolti penosi sul funzionamento degli enti che ognuno può ampiamente verificare.
Se ci riferiamo al Piemonte, ove si è votato in primavera, nonostante il carisma e l’attivismo del Presidente Cirio, i cacicchi in questi mesi hanno profuso il loro impegno per dilaniarsi sulla spartizione di posti di potere, quale unico obiettivo, a prescindere da programmi e necessità reali che provengono dal territorio.
Impegno e lotte fratricide, non per contribuire alla scelta del migliore, ovviamente lasciato ai margini, e all’affermazione del “Bene Comune”, ma per assegnare ruoli e prebende, per la maggior parte a smandrappati che vivono abitualmente di compensi e gettoni ottenuti dai sottofondi della politica politicante.
Che desolazione. Chi potrà dare la sveglia al cambiamento prima che sia troppo tardi?