Le dimenticate Hot hatch degli anni ‘80 (di Michele Franco)
3 – Opel Corsa “A” GT (1982-1989) (Vauxhall Nova in Inghilterra)
Fin dal 1969 la Casa di Russelsheim pensava a una vettura superutilitaria, destinata ad un mercato enorme, ma con poche concorrenti (all’epoca, in Italia, c’erano solo FIAT 850 e Mini). In pochi anni le cose cambiarono drasticamente, con l’arrivo di FIAT 127, Peugeot 104 e Renault 5, giusto per fare qualche nome. Il gruppo General Motor, in Europa presente con Opel, si lanciò perciò nel progetto di una piccola auto che, tra l’altro, doveva essere la prima Opel a trazione anteriore. Sul progetto intervenne il solerte Ing. Gunter Zech, che volle per questo modello un livello di sicurezza pari a quello delle auto di fascia superiore. Con severo approccio teutonico, la Corsa fu poi provata sui più famosi circuiti europei e nelle più diverse condizioni estreme, tanto al Circolo polare artico che nei deserti dell’Arizona!
Era così pronta a scendere in campo un’utilitaria (denominata “A” per distinguerla dalle successive versioni “B” e “C” degli anni ‘90 e 2000), che vendette moltissimo: costruita nel solo stabilimento spagnolo di Figueruelas, superò i 3.000.000 di esemplari. Fin da subito arrivarono le versioni sportiveggianti. La GT montava un 1.297cc con 70 CV di potenza (per alcuni mercati portato a 75 CV), che le permetteva di toccare i 165 Km/h e fare lo 0-100 in 12,5”, valori allineati con diverse concorrenti, ma inferiori alle “piccole bombe” coeve. L’auto era robusta, con ottima tenuta di strada e, dal lato estetico, vistosa: livrea bicolore, passaruote allargati, spoiler con montanti in plastica, a loro volta fissati sui montanti della scocca, paraurti e fari antinebbia, fascioni laterali. Immancabile, come nella Golf GTi, il filetto rosso, ulteriore squillo di sportività, ma i freni restavano come nelle versioni normali, a disco anteriori e a tamburo al posteriore. La GT non ebbe gran successo, allora come oggi; infatti, anche se in giro non ne vedrete quasi, il prezzo resta abbordabile: un esemplare ben tenuto oggi vale 5-6.000 Euro. Con questa spesa farete discreta figura nei raduni di auto storiche ma, se vi sentite dei solitari fuori posto come un Philip Marlowe, e aprite un’agenzia di investigazioni, non usate la Corsa GT per tampinare l’auto del marito fedrifago. Sareste subito sgamati.
4 – (Austin) Metro MG 1.3 (1982-1989) e Metro MG Turbo (1985-1990)
Chiuso lo storico stabilimento di Abingdon e terminata la produzione della MG “B” nel 1980, per dare nuovo smalto al marchio MG si puntò ad una utilitaria sportiva. Quasi ogni casa europea aveva in listino una “piccola bomba” e, in Austin, c’era questa vetturetta che, in madrepatria, fu tra le più vendute di sempre (anche la futura Principessa Diana guidava una 1.1 L, ora esposta al Coventry Transport Museum). L’auto aveva però nomea di vettura economica e poco attraente, per cui fu un azzardo puntare su quel modello per far nascere la Metro 1.3 (marchiata MG e non Austin). Contrariamente alle previsioni, che ponevano la “piccola bomba” come vettura di nicchia, ci fu il successo: il 25% delle Metro vendute era nella versione sportiva! Lanciata nel 1982, con potenza di 73 CV su corpo macchina leggero, era brillante (163 Km/h e 0-100 in 12,9”), ma fu con la versione successiva lanciata nel 1985, la MG Turbo, che arrivò il diritto per la Metro di definirsi Hot Hatch: ora, grazie a varie modifiche e al compressore Garrett T3, il 1.271cc erogava 120 CV che, però, distruggevano letteralmente il cambio! La dirigenza rifiutò l’aumento di spese per studiare e produrre un cambio adeguato a questa potenza, così gli ingegneri limitarono il motore, portandolo a “soli” 94 CV, per prestazioni comunque ragguardevoli per un milletré del peso di appena 850 Kg: velocità 180 Km/h e 0-100 in 10,6”. L’auto aveva pneumatici ribassati, spoiler e passaruote maggiorati, barra antirollio e singole unità posteriori Hydragas, ma restò sempre penalizzata dal cambio a 4 marce che non faceva esprimere al meglio le potenzialità del motore. Ma già così, nello sprint ai semafori e nel misto-stretto era un go-kart difficile da acchiappare! E’ una rarità, oggi: la maggior parte delle MG Turbo restarono in Inghilterra, e quelle arrivate in Europa furono in gran parte rottamate negli anni ‘90, coi vari incentivi per rinnovare i parchi auto.
Se la trovate un pò malridotta, vi portate a casa un pezzo di storia dell’auto inglese a 5-6.000 Euro, se invece optate per un’auto restaurata, sappiate che occorrono 20.000 Euro! Vien da fare un’ultima considerazione: coi se e ma non si fa la storia, ma se… se l’idea degli ingegneri di creare una vera “bomba” non si fosse scontrata con la voce “investimenti”, oggi ci sarebbero sul mercato le MG Turbo 120 CV usate. Avrebbero fatto impallidire, con le loro prestazioni, quelle della 94 CV e di gran parte delle auto sia dell’epoca che attuali!
5 – Vauxhall Astra GTE Mark 1 – Opel Kadett Mk.1 (1983-1984)
Altra hot hatch britannica oggetto misterioso, scomparsa praticamente dai radar. Qua dentro si stava bene: interni in tessuti curati, volante sportivo in pelle, tetto apribile, optional e spazio in abbondanza. All’occhio, la linea esterna era gradevole, e ben assettata grazie a sospensioni ribassate. Aveva pure un bel bagagliaio, insomma sportiva, ma modulabile per esigenze diverse. La Astra GTE restò in produzione per….un anno! OK non allarmatevi subito, fu sostituita dal suo miglioramento, la Astra GTE Mk1, che disponeva di un 1.800 cc da 115 CV, con coppia massima già a 3.200 giri, il che la rendeva assai elastica nella guida. Toccava i 195 Km/h e staccava un 9” nello 0-100, quindi parliamo di una pepata bestiolina.
PIPPONE – Ora, sto facendovi “una testa tanto” parlandovi di Vauxhall. Per chi mastica di auto, è chiaro che stiamo parlando di… Opel! Per chi invece è all’oscuro di questi aspetti, facendo le cose brevi diciamo che la storica azienda britannica nacque nel 1857 nel quartiere londinese di Vauxhall. “Ah, ecco, pensavo fosse il cognome del fondatore” (se avete detto questo consolatevi, ci siam passati tutti). Dopo le biciclette, dal 1903 l’azienda si dedicò alle auto, e arrivò infine a produrre auto di lusso fino a quando venne acquisita dalla Opel. Ma l’azienda tedesca, a metà anni ‘20, era in forte difficoltà finanziaria e, nel 1925, fu ceduta agli americani, per la precisione alla General Motors (ricordo che, nello stesso anno, baffetto schizofrenico aveva dato alle stampe il primo volume del suo “Mein kampf”). Il passaggio a GM diede una boccata di ossigeno alle casse della Opel che, tra l’altro, si tenne la parte progettativa mentre il colosso americano NON poteva esportare in Germania le auto dei suoi marchi di punta (Chevrolet, Buick, Cadillac), mentre poteva esportare le Opel sotto altro nome in altri paesi. Così General Motors importò in USA e Canada le Opel sotto il marchio Saturn, mentre in Australia divenivano Holden, in America del Sud erano Chevrolet, e Vauxhall in Gran Bretagna. La produzione indipendente Vauxhall si protrasse fino agli anni ‘80, poi il marchio britannico non produsse più alcun modello nuovo, limitandosi a commercializzare i veicoli prodotti in Germania Ovest dalla Opel (sotto controllo GM). Nella storia più recente, c’è poi stato l’assorbimento della Vauxhall da parte del colosso PSA Peugeot-Citroen, a sua volta confluito nel gruppo Stellantis nel 2021.
Finale: ciò che conta per noi, parlando delle Vauxhall, è capire che son la stessa cosa delle pari Opel, dalle quali non si discostano né per tecnica né per contenuti. Ora, su questa illustre sconosciuta, concludiamo dicendo che le Vauxhall con guida a destra sono in numero assai inferiore alle consorelle Opel, quindi ricercate e con ottime quotazioni: occorrono 20.000 Euro per un esemplare tenuto bene. Che ci volete fare, è il fascino dell’esotico…
Michele Franco
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