Liberilibri, una casa editrice che ha l’encomiabile abitudine di pubblicare testi scandalosi, ha edito qualche tempo fa Il manicomio del mondo, un volume composto da pagine di Maffeo Pantaleoni (1857-1924) e curate da Sergio Ricossa, che, almeno nel titolo, ci porta a ragionare sull’assurdità di certi comportamenti e di certe argomentazioni che oggi fanno della politica una massa informe di sciocchezze verbali, concettuali, comportamentali.
Che il discorso politico – l’”esercizio pubblico della ragione” nell’antica definizione di Kant – sia oggi decaduto al rango di vaniloquio e aggressione verbale è evidente a ogni persona di buon senso, che sia un raffinato intellettuale accademico o anche solo un quivis de populo dotato di intelligenza e di qualche ordinaria lettura.
Lasciando da parte la recente campagna elettorale americana, dove il linguaggio dei contendenti e dei loro sostenitori è sceso fino a livelli infimi – spesso puri e semplici insulti – basta restare a casa nostra per assistere ad un’analoga involuzione del confronto politico, soprattutto nel mondo della sinistra di lotta e di piazza che sembra aver perso ogni ritegno dopo la sconfitta elettorale dei suoi referenti istituzionali nella consultazione del 2022.
Separiamo i due ambiti. Da un lato il PD e i suoi alleati hanno subito l’affronto elettorale con qualche forzata compostezza, che però non è riuscita a celare il loro profondo disappunto e la mancata elaborazione del lutto, cosa che li ha portati a una opposizione astiosa, cattiva, puntigliosa e insistente ma, soprattutto, colma di considerazioni umorali e improbabili, talvolta ai limiti dell’insulto gratuito e dell’assurdità concettuale.
Pensiamo all’eterno argomento del fascismo e dell’antifascismo. Non si è arrivati esplicitamente a definire il governo Meloni un governo fascista da parte dei rappresentanti istituzionali della sinistra che, almeno in questo caso, hanno mantenuto una certa continenza verbale; ma questa continenza non c’è stata da parte del livello immediatamente inferiore della loro rappresentanza politica (il caso del sindaco Lepore a Bologna è plateale).
L’ossessione per fasci, saluti romani e camicie nere dilaga nel popolo di sinistra, il quale non si rende conto del carattere patologico di quell’atteggiamento che non corrisponde alla realtà storica di un movimento morto e sepolto nel ’45 ma neppure, e soprattutto, alla realtà attuale e alle regole basilari della logica e dell’evidenza.
Il “fascismo eterno”, per usare l’espressione di Umberto Eco, è solo un gioco immaginario che permette alla sinistra di mantenere sempre attivi i fuochisti del loro apparato propagandistico in perenne ebollizione.
Nella realtà esistono di sicuro regimi autoritari, dittatoriali, totalitari che però non costituiscono il caso italiano, neppure lontanamente. Vedere per forza atteggiamenti autoritari in ogni scelta governativa tendente a regolare il fenomeno immigratorio, il disordine di piazza, il dilagare dell’illegalità, l’eccesso di aggressività sociale e politica, sa troppo di propaganda perché la gente normale lo prenda sul serio; proprio quella gente il cui sentimento viene sprezzantemente definito “securitario”, basato su false percezioni e paure più o meno viscerali, mentre è solo un normalissimo desiderio di ordine e di autotutela.
Sembra quasi che la sinistra ami, oltre ogni ragionevole limite, il caos sociale e la radicalizzazione dei rapporti umani secondo il noto aforisma maoista per cui “grande è il disordine sotto il cielo, e pertanto la situazione è molto favorevole…”
Sembra cioè che essa veda in ogni tentativo di fronteggiare il disordine un’opportunità da cogliere, con la scusa della tutela di una miriade di diritti, alcuni reali e molti costruiti ad arte.
Il secondo ambito è poi quello della contestazione di piazza, la cui essenza è la contrapposizione violenta a tutto e a tutti, in particolare alle forze dell’ordine diventate ormai, nell’ottica stralunata degli antagonisti, il braccio armato della repressione governativa, ovviamente di stampo fascista.
Qui la violenza verbale raggiunge vette surreali, anche sotto il semplice profilo della morale comunemente accettata e per tacere su quello della coerenza logica. Urlare in un megafono che “ammazzare un fascista non è reato”, come sentito dire da una stupidissima ragazzotta sovreccitata, è semplicemente un crimine, peraltro ignorato e impunito. Invocare la libertà di espressione e l’articolo 21 della Costituzione a questo proposito è solo una delle tante follie ospitate dal manicomio del mondo di cui si diceva all’inizio.
C’è poi la violenza fisica durante le manifestazioni, vista e memorizzata chiaramente da tutti noi, su cui non c’è nulla da dire o discutere o distinguere, in quanto ripugnante nella sua brutale evidenza.
Ora, tutto questo potrebbe sembrare la normale decadenza di una civiltà senza punti di riferimento, ma è forte il sospetto che essa sia sapientemente voluta, costruita, diffusa.
“Se non posso piegare gli dei in alto, muoverò l’Acheronte” dice la Giunone dell’Eneide in perenne lotta col profugo troiano, ma sembra che la sinistra istituzionale abbia fatto suo questo proposito letterario, trasformandolo in una strategia del disordine programmato per contrastare ogni tentativo del governo di attuare il suo programma: non riuscendo a vincere nelle istituzioni essa sta scatenando tutti gli istinti più brutali del sottomondo politico, un mondo fatto di “ragazzi” dei centri sociali, studenti fuori corso, disoccupati inferociti, stranieri sindacalizzati, teppisti e bastonatori vari. La speranza è che il governo compia un passo falso, un qualche tentativo forte di repressione in modo da scatenare quella rivolta sociale auspicata da Maurizio Landini e ambiguamente condivisa dal PD dietro le quinte.
Si tratta cioè di un’opposizione dura, esagitata e incendiaria da coltivare e fomentare in tutte le piazze d’Italia, affiancandola a quella più felpata e argomentata, ma non meno insidiosa, della magistratura rossa.
In ogni caso ci troviamo di fronte a una situazione molto pericolosa composta di elementi disparati ma tutti inquietanti: una malavita comune e organizzata sempre più aggressiva, un popolo crescente di senza lavoro senza reddito e senza casa, un’immigrazione illegale che alimenta ogni tipo di crimine, una insofferenza diffusa verso tutto quel che è Stato o Istituzione, un’economia che arranca.
Di benzina ce n’è molta, e purtroppo qualcuno gioca con i fiammiferi nella speranza di cambiare le cose senza passare dal civilissimo voto e dall’altrettanto civile dialettica politica.
Civico20News
Elio Ambrogio
Editorialista
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