Ritrovare la sacralità della propria vita
Ogni volta che entriamo in contatto con un altro essere umano si crea una connessione oltre la stretta della mano o l’abbraccio o il semplice interloquire: il cervello – e non solo – diventa empatico con il cervello dell’interlocutore, cambiando il nostro assetto monolitico e facendoci sperimentare nuove parti di noi stessi, anche se siamo convinti del contrario.
Si crea così un ponte più o meno strutturato in base alla conoscenza dell’altro o a un suo livello di evoluzione: ci sono situazioni in cui si alzano immediatamente barriere di incomprensione, altre in cui ci sembra di aver conosciuto da sempre la persona che ci sta davanti.
Tutto questo avviene principalmente a livello inconscio, per quanto sia difficile avere l’esatta proporzione dello scambio.
Così, quando davanti alla televisione o leggendo i giornali siamo raggiunti da notizie preoccupanti, la nostra struttura interiore viene aggredita da frequenze negative, creando una sorta di malessere e di instabilità: situazione tipica per non vedere la parte migliore che esiste in ogni contesto e soffocare sul nascere qualsiasi forma di creatività.
Ormai siamo seppelliti, se non travolti, da così tante informazioni – vere o false che siano – da non riuscire più a trovare facilmente il metodo per tenerci fuori da fraintendimenti, molto spesso generati ad hoc.
Le notizie, quelle importanti, compaiono e scompaiono velocemente in modo che sia difficile assemblarle in un divenire costruttivo e rassicurante: lo spazio consentito è minimo mentre dilagano i panettoni della Ferragni, i deliri di Zelensky, gli sproloqui di Macron. Altra motivazione per le confessioni da Londra di Catherine, principessa del Galles (posto che il video di quest’ultima non sia un prodotto dell’Intelligenza Artificiale, visto il comparire e scomparire dell’anello nella mano sinistra) stranamente in concomitanza con l’attentato a Mosca che ha distratto immediatamente migliaia di persone.
Quello che invece appare quotidianamente, non solo propinato dalla televisione e dai giornaloni, è l’inno alla violenza: ci stiamo abituando a dare per scontata la precarietà della vita, come se il nostro corpo fosse materia neutra alla mercé di forze antitetiche pronte a divorare o a portare in Paradiso senza che ce ne sia consapevolezza.
La notizia di un dodicenne che in un paesino finlandese (“Finlandia, il paese più felice del mondo”) arriva a scuola, apre lo zainetto, ne estrae una pistola e spara sui compagni, uccidendone uno e ferendone gravemente altri, poi rimette a posto l’arma e se ne va indisturbato, è qualcosa di agghiacciante.
A Salò due ragazzine di quattordici e quindici anni si affrontano alla fermata del bus e una accoltella l’altra per motivi sentimentali mentre intorno i compagni filmano con i telefonini, invece di dividerle: che cosa spinge gli attori di questi film dell’orrore? In che realtà vivono questi giovani, per muoversi su un palcoscenico così grottesco, dove vige l’assoluta mancanza di valori? Da dove traggono la certezza di essere in diritto di compiere azioni del genere?
Naturalmente ci sarà una marea di psicoterapeuti e affini che si prodigherà a spiegare che non sono i videogiochi o super-eroi, personaggi manga “dai pugni rotanti” a suscitare certi comportamenti e che ci sono dinamiche determinate da “processi evolutivi inconsci e imponderabili” stabilendo così una sorta di deresponsabilizzazione pre-confezionata per i ragazzini e per coloro che avrebbero dovuto educarli.
Certo è che quando ci sono genitori che alzano le mani su un dirigente scolastico all’uscita della scuola, come è successo in Puglia qualche giorno fa, non si può fare riferimento a nient’altro se non all’arroganza e alla violenza del singolo individuo, che dovrebbe insegnare al proprio figlio un civile modo di essere: se poi il tutto viene registrato e mandato on line, gli estremi per la denuncia penale, viste le lesioni riportate, sarebbe auspicabile.
Sospetto, comunque, che la causa scatenante sia ben profonda e radicata in luoghi difficili da raggiungere razionalmente: la tolleranza alla frustrazione nasce con la comprensione di essere un soggetto non simbiotico con la propria madre (o della Grande Madre se vogliamo entrare nello spirituale) e la relativa crescita emotiva lungo il percorso della propria vita.
Sono state scritte centinaia di migliaia di pagine sul delirio di onnipotenza, ma perché alcuni soggetti vanno oltre e altri arrivano persino a pensare di poter sopprimere milioni di persone decidendo il numero massimo di abitanti sulla terra?
La mamma non li ha amati abbastanza?
No, sono stati “allevati” in compagini in cui è stata amplificata la loro importanza personale, in cui hanno elaborato il concetto di superiorità, per cui tutto è dovuto, tutto è possibile: nel piccolo come nel grande, nel ragazzino che bullizza il compagno più fragile, al grande manager che ricatta la popolazione per vantaggi personali.
Perché questi individui pensano di aver diritto di sopraffare gli altri, affermando il proprio ego?
Perché il diritto glielo hanno conferito quelle istituzioni, solitamente mascherate da fondazioni del tutto legali, che “legalizzano” atti criminosi.
E se viene avviata un’inchiesta sulle accuse di presunti illeciti penali in relazione alle trattative sui sieri magici tra la presidente della Commissione Europea e l’amministratore delegato di una nota casa farmaceutica, la notizia viene minimizzata, scompare velocemente dalle maggiori testate e gli SMS incriminati spariscono.
Un po’ come quelli portati alla luce del giorno dal giornalista australiano Julian Assange sulle connessioni tra l’ISIS e la “Bill, Hillary & Chelsea Clinton Foundation”, l’organizzazione senza scopo di lucro ai sensi della sezione 501 (c) (3) del codice fiscale degli Stati Uniti che, dopo pochi anni dalla nascita, aveva raccolto circa 2 miliardi di dollari.
Altrettanta poca rilevanza è stata data alla decisione, presa in Inghilterra, di vietare l’uso dei farmaci bloccanti della pubertà che consentono di fermare i cambiamenti fisici legati all’adolescenza per coloro che trovano difficoltà di riconoscersi nel sesso definito alla nascita.
Sugli effetti a lunga scadenza si sa troppo poco affinché tali farmaci possano essere prescritti in casi non abbastanza indagati nella loro complessità: il Servizio Sanitario inglese (NHS) ha messo definitivamente fine alla cosiddetta “affermazione” dell’identità di genere, in favore di un “supporto olistico” basato sulla psico-educazione e psicoterapia.
L’infanzia dovrebbe essere protetta nonostante ci siano luoghi come nella Spagna odierna dove sta per essere approvata la legge Ley Trans che consente la transizione di bambini e bambine anche contro il volere del genitore, all’occasione esautorato.
Un dato consolante è che le compagnie assicurative hanno iniziato a escludere dalle coperture di responsabilità professionale dei medici i danni derivanti da trattamenti irreversibili forniti da coloro che effettuano la transizione medica e chirurgica a bambini e adolescenti: l’elevato numero di richieste di indennizzi e il significativo costo delle controversie legali comportano ingenti perdite, da rendere antieconomiche le polizze.
Non rende più? E allora si passa all’argomento successivo, visto che il denaro è il nucleo principale, non sicuramente la tutela del minore.
La violenza dilaga, mentre noi siamo narcotizzati nel seguire passivamente le immagini che ci arrivano dalla Palestina, dall’Ucraina, dalla Russia, dalla Siria e da tutti quei paesi in cui i “padroni del mondo” – così definiti da Giulietto Chiesa con rara preveggenza – tentano di fare scoppiare la terza guerra mondiale: un risveglio è necessario, non dobbiamo credere che tutto sia lecito per costoro.
Non siamo carne da macello, tanto meno cavie.
Siamo arrivate a farci pontificare che l’allattamento al seno della donna può essere sostituito perfettamente dal latte maschile: utero in affitto, allattamento con ricorso a terapia a base di estradiolo in combinazione con dosi adeguate di farmaci come il domperidone (gastroprotettore di uso comune), una manciata di femminicidi e, oplà, un po’ di odio fra uomini e donne, in modo che la confusione regni sovrana, che non ci sia mai pace e ovunque la guerra imperversi.
Anni fa, quando l’informazione non era propaganda, ricordo di aver letto di uno studio fatto in una grande città americana dove nel raggio di 500 metri quadri attorno a un cinema dove si proiettavano film cruenti, l’incidenza di episodi di violenza erano duplicati rispetto alla media cittadina: è ovvio che non fossero gli spettatori a uscire con il coltello fra i denti, ma una qualche influenza doveva pur esserci.
Quale è la pulsione che spinge l’essere umano a interpretare Caino piuttosto che Abele? Cromosomi? Educazione? Ambiente circostante? E se fosse l’appartenenza a un’etnia? In effetti un vegetariano in un gruppo di cannibali avrebbe qualche problema di sopravvivenza…
La realtà è che siamo condannati a restare legati alla ruota degli eventi, il Samsara, il ciclo vitale di nascita e morte, che richiama al concetto di libertà irraggiungibile finché non impariamo a vincere i tre animali che la fanno girare incessantemente: il maiale, ignoranza; la serpe, rabbia; il gallo l’attaccamento alle cose materiali.
E, rimanendo nella nostra letteratura, se le tre fiere che ostacolano il cammino di Dante sono la lupa, simbolo dell’avidità; la lonza della lussuria; e il leone della superbia possiamo ben pensare che anche il nostro progredire nella vita – e oltre – sia determinato dalla vittoria su queste pulsioni in cui siamo immersi, chi più chi meno, con una diversa proporzione.
Finché resteremo obnubilati davanti agli schermi televisivi e cinematografici assistendo a film dove stupri, violenze e disfacimento dei nostri valori più sacri imperversano, non riusciremo a riappropriarci della nostra vita, abituandoci a trascorrere i nostri giorni, uno dopo l’altro senza significato, seguendo un gregge belante e lamentoso.
“La resistenza richiede grandi sacrifici: il che spiega anche perché la maggior parte delle persone scelga la costrizione.”
Ernst Junger, “Trattato del ribelle, Adelphi 1990
Civico20News
Chicca Morone
Editorialista
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Ogni vita ha un valore inestimabile perché ha in sè il sigillo dell’eternità: è originale, irripetibile, sacra. La società dello spettacolo offre un’immagine piatta e algebrica degli individui e li svilisce riducendoli a massa. Neutralizzazione del corpo e miracolizzazione dell’immagine. I bambini massacrati ridotti a parabola statistica. Bellissima la citazione finale di Jünger. Grazie a Chicca Morone.
Grazie… mi stupisce sempre come le persone possano restare indifferenti di fronte a quello che ci sta succedendo, ma forse è un modo per fuggire dalle proprie responsabilità: tutto troppo faticoso per anime poco evolute!
È realisticamente un’epoca caotica, quella che ben descrivi. Viviamo nell’incertezza e nella paura. Gli schemi che ci eravamo creati nel passato, un’era pre pandemica che ormai sembra lontanissima, sono crollati. Questa però è anche l’era in cui un certo numero, non insignificante, di persone hanno preso coscienza di ciò che prima c’era ma veniva ben mascherato. Cosa succederà? Fino a quali orrori saremo capaci di non reagire? Vedo accadere il genocidio e sto per perdere la speranza. Ma so che non devo. L’unica arma in nostro potere, come tu ben sai, è la RESISTENZA. Con atti e con parole. Come queste tue, Chicca, importanti, di cui ti sono grata. Ognuno faccia ciò che può, ciò che sa, ciò che deve. Alessandra