Di Achille Maria Giachino
Il Regio Decreto dell’11 settembre 1845, emanato dal re Carlo Alberto, aboliva tutti i vecchi sistemi di misura vigenti nel Regno di Sardegna e li sostituiva con i corrispondenti del sistema metrico decimale, fissando il termine per l’attuazione al 1° gennaio 1850.
In seguito, con la legge del 28 luglio 1861, quindi a meno di sei mesi dalla proclamazione dell’Unità d’Italia e con una efficienza senza pari, si decretava l’introduzione del Sistema Metrico Decimale in tutto il territorio del Regno.
La legge da sola non era però sufficiente a trasformare un contesto basato su piedi, once, grani, mine, atomi, pollici, coppi, miglia, trabucchi, tavole e quant’altro in un sistema moderno: era necessario istruire la popolazione sulle nuove unità di misura, cercando di instillare i nuovi concetti con una capillare e costante opera di educazione e non affidandosi solamente a decreti o sanzioni pecuniarie.
In effetti l’introduzione di un sistema metrico entrava in conflitto con secoli di tradizioni: ad esempio ancora oggi le uova si acquistano a dozzine e le unità di misura non metriche sono ancora utilizzate nelle zone rurali (giornate, brente, ecc.).
Nel 1846 il rettore dell’Università di Torino, Carlo Ignazio Giulio, pubblicò “Quattro lezioni sul sistema metrico decimale”. Anche il clero si preoccupò dell’alfabetizzazione metrologica: i Fratelli delle Scuole Cristiane nel 1849 diedero alle stampe la “Norma teorico pratica per l’insegnamento del sistema metrico” e contemporaneamente il sacerdote Giovanni Bosco scrisse “Il sistema metrico decimale ridotto a semplicità preceduto dalle quattro prime operazioni della aritmetica ad uso degli artigiani e della gente di campagna a cura dal sacerdote Bosco Gio”.
In assenza di mezzi di comunicazione validi e in presenza di una forte componente di analfabeti, il Ministero dell’Agricoltura, tramite il Ministero dell’Interno, aveva infatti richiesto alle diocesi del Regno di inviare ai parroci delle oltre settemila parrocchie un manuale di metrologia con l’invito a illustrare il nuovo sistema agli adulti durante le prediche domenicali. L’insegnamento ai ragazzi in età scolare fu invece affidato agli insegnanti per i quali furono istituiti corsi specifici e si inviarono alle scuole di ogni ordine e grado tabelloni, modelli in legno o in cartone di campioni e solidi geometrici.
I due manuali sopra citati si differenziano per l’impostazione didattica: il primo, quello dei Fratelli delle Scuole Cristiane, più tecnico, è corredato di domande che l’insegnante deve porre a se stesso prima di esporre i singoli concetti e implementato da quesiti che a sua volta dovrà porre agli allievi, il tutto intercalato da numerosi esercizi corredati da soluzioni.
Quello di don Bosco invece, che fu ristampato sei volte tra il 1849 e il 1872, è rivolto soprattutto agli artigiani e alla gente di campagna: “…ridurre il sistema metrico alla massima semplicità… per essere più facilmente capito alcune volte ho trasandato la proprietà della lingua matematica premendomi assolutamente di essere inteso…”.
Il testo è molto interessante per diversi aspetti: la presenza di definizioni a dir poco curiose come tonnellata di mare, vale a dire il peso di un metro cubo di acqua di mare; l’inserimento di voci dialettali piemontesi come meliga, butirro, fromento, l’utilizzo di terminologia insolita come decamiria per centomila e ettomiria per milione; la scelta di esercizi numerici dettati da principi di educazione morale. “Un giovine riceve dal padre per li suoi minuti piaceri ogni domenica fr. 1,50. Egli, morigerato qual è, conserva tutti per comperarsi abiti e farne parte ai poveri. Quanto risparmia in un anno?”.
Mise in scena anche una piccola commedia per rendere più piacevole e accettabile il nuovo messaggio educativo e la stessa riscosse un notevole successo, tanto che lo stesso abate Ferrante Aporti commentò in questi termini lo spettacolo: “Bosco non poteva immaginare un mezzo più efficace per rendere popolare il sistema metrico decimale; qui lo si impara ridendo”.
L’operato di don Bosco fu talmente apprezzato dal governo che lo stesso gli assegnò, come ringraziamento per l’opera di “alfabetizzazione metrologica” compiuta, la cospicua somma di £ 400.
Nelle campagne piemontesi sono ancora vivi due retaggi dell’introduzione del sistema metrico operato dai parroci negli ultimi anni dell’800: lo stero (metro cubo) utilizzato nel commercio della legna, della paglia e del fieno e il miria (miriagramma) usato nel commercio delle uve.
Achille Maria Giachino
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